Wireless sensor network: differenze tra le versioni

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Quindi, non dobbiamo modellare una rete di sensori come un database distribuito dove tutti i nodi sono passivi, ma come un insieme distribuito di nodi che collaborano tra loro e dove ciascuno ha capacità attive programmabili. Questo permette a tutti i nodi di coordinarsi l'uno con l'altro per eseguire un task assegnato. In questo modo i nodi sensore diventano attivi e autonomi.
 
I nodi sensore sono sparpagliati in un'area chiamata '''area di sensing'''. Ciascun nodo, all'interno di questa area, ha la capacità di accumulare e di instradare i dati fino al nodo sink ed infine all'utente finale. Il nodo sink consiste in un'[[antenna]] capace di illuminare tutto il [[dominio]] occupato dai nodi sensori ovvero l'area di sensing. La posizione dei nodi all'interno della rete non deve essere predeterminata in quanto questo consente di utilizzare questa tecnologia in posti difficilmente accessibili o in operazioni di soccorso in luoghi disastrati per i quali è necessaria una disposizione [[random]] dei nodi.
 
Ciò significa che gli algoritmi e i protocolli utilizzati nelle reti di sensori devono possedere capacità auto organizzative. I sensori, conoscendo le caratteristiche di trasmissione del sink, e sfruttando il suo segnale di illuminazione (che possono, o meno, sentire), possono effettuare un autoapprendimento di posizione, permettendo quindi la distribuzione random di questi nella rete. L'autoapprendimento di posizione dei sensori è quindi una delle caratteristiche più importanti di questi e, vista la scarsa quantità di energia di cui è dotato un sensore, si deve cercare di ottimizzare al meglio gli algoritmi che permettono ad un sensore di conoscere la propria posizione, abbassando il suo tempo di apprendimento, ovvero cercare di minimizzare il tempo in cui un sensore deve stare sveglio ed il numero di volte in cui esso si deve svegliare.