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Il suo aspetto era piuttosto trasandato, e questo gli veniva rimproverato dai suoi confratelli presbiteri <ref> cfr. C. Bastelli, Don Carlo Baronio, 2004. </ref>. Non era poi un predicatore tradizionale: la sua voce era sommessa, fuggiva gli intellettualismi, parlava con immagini semplici, senza i mezzi utilizzati usualmente dagli oratori. Ma ugualmente poteva colpire per la semplicità del gergo e la vivacità degli aneddoti dei santi che introduceva. Tra i suoi temi preferiti vi erano i Novissimi (Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso), la Confessione, la Comunione e le opere di misericordia. <ref> Dino Pieri, il Canonico Carlo Baronio e la sua opera, 1976, pag. 128. </ref>
Gli anticlericali cesenati sembravano rispettarlo per la sua missione popolare: ma le cronache raccontano che una ragazza (dopo l'attentato a [[Togliatti]]) lo aggredì nel [[1948]] presso il Ponte Vecchio di [[Cesena]] (precisamente su per la salita di san Rocco, in via [[Aurelio Saffi]]), suscitando la riprovazione generale. Gesto che il sacerdote perdonò subito, anche dalle pagine di uno dei suoi giornali ("Su le vie del Bene", luglio [[1948]]) <ref> in Calbucci, 2006, pag. 125 .
Curò '''la pastorale''' in zone di confine della Parrocchia di San Pietro (allora immensa), che in seguito sarebbero divenute parrocchie autonome (Ponte Pietra, Sant'Egidio), diceva una S.Messa il mattino presto della Domenica per gli operai della '''ditta Arrigoni''', recandosi spesso dentro la fabbrica (a quei tempi una delle maggiori a [[Cesena]]) e cercò una mediazione in una difficile situazione sindacale andando a [[Roma]], per evitare cospicui licenziamenti collettivi <ref> cfr. Bastelli, 2004 e D. Pieri, 2002 pagg. 20 - 21 . </ref>.
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