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'''Melone Galia (Cucumis melo L.)'''
 
INTRODUZIONE:
=='''Generalità'''==
Il melone galia è una cucurbitacea annuale le cui varietà appartengono alla tipologia dei meloni retati con polpa bianca. Si ritiene che la pianta del melone sia originaria del Sud Africa (Transvaal) nelle regioni calde e secche, fino a 450 metri di altezza. Probabilmente furono gli Egizi a farlo giungere in Italia dove si diffuse rapidamente durante l’Impero Romano. Le cultivar di melone attualmente presenti sul mercato sono distinte in quattro tipologie: piel de sapo o spagnolo, inodorus, galia (polpa bianca) e retati (con polpa arancione).
 
Giovanni Presta, celebre medico e studioso Gallipolino del XVIII secolo, è noto per i suoi approfonditi studi sull’olivicoltura nel Salento. Egli infatti decise di dedicarsi allo studio “degli ulivi, interrogandone non men gli Autori che il gran libro della Natura e la infallibil Maestra della verità, la sperienza”. Quest’ultima frase, che si riporta integralmente, è contenuta in una delle quattro lettere che il Presta scrive nel 1783 al ‘Veneratissimo Signor Proposto Marco Lastri’, illustre letterato fiorentino. Un decennio dopo, precisamente nel 1794 pubblicherà un trattato, “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio” che sarà il più completo e documentato testo sull’argomento. Cittadino illustre di questo lembo di terra della Puglia il Presta diede un notevole impulso all’olivicoltura salentina di quegli anni; “nel giro di cinque anni”, scrive nel 1794, “almeno cinquantamila ulivi erano stati piantati nel Salento su terre incolte e macchiose”. L’olivo nella sua forma selvatica (Olea europea oleaster) è presente allo stato spontaneo nelle macchie e nei boschi salentini, mentre nella sua forma coltivata (Olea europea sativa) è la coltura arborea più diffusa nel Salento. La domesticazione dell’olivo probabilmente avviene in quella fascia fertile tra Tigri ed Eufrate, che si allunga poi verso il Mediterraneo, fino a raggiungere la costa siriano-libanese, resa fertile dalle ricorrenti esondazioni del Nilo. Sono però i Romani a diffondere l’uso alimentare dell’olio che in precedenza era sempre stato secondario. Nella concezione romana è molto radicata l’idea che l’oliveto costa poco e rende bene, “tra tutte le piante l’olivo è quello che richiede spesa minore, mentre tiene tra tutte il primo posto” scriveva Lucio Giunio Moderato Columella nell’Arte dell’Agricoltura, I secolo dopo Cristo.
=='''Caratteri botanici'''==
Nel Salento, la più antica delle terre pugliesi, si produce l’olio extra vergine d’oliva TERRA D’OTRANTO DOP (denominazione di origine protetta) ottenuto dalle varietà Cellina di Nardò e Ogliarola Leccese, per almeno il 60%. Terra d’Otranto è il nome con cui fu chiamato il Salento nel Medioevo. L’area interessata comprende l’intera provincia di Lecce e parte di quella di Brindisi e Taranto.
Il fusto principale, strisciante, si ramifica e, grazie ai viticci, può diventare rampicante se fornito di sostegni. Le foglie sono ruvide al tatto, arrotondate, divise in lobi. Le radici sono fascicolate e profonde ma poco estese in superficie. Pianta monoica con fiori maschili, femminili e talvolta pure ermafroditi sulla stessa pianta. Il frutto è un peponide di notevoli dimensioni che nelle varietà del tipo galia fa registrare un peso oscillante mediamente tra 1,2 e 1,6 kg. costituito da un epicarpo (buccia) il quale, nelle cv. tipo galia, ha un colore di fondo a maturazione di raccolta variabile tra il giallo, il giallo-verde e l’arancio. L’epicarpo è saldato a un mesocarpo carnoso che costituisce la parte edule (polpa). Nel melone galia la polpa è bianca. All’interno del mesocarpo si forma una cavità riempita da una massa spugnosa e flaccida piena di numerosi semi. I semi dal peso variabile tra i 20 e i 70 mg sono bianchi, allungati e appuntiti a un’estremità.
 
BIOGRAFIA
Presta nacque a Gallipoli il 24 giugno 1720, unico figlio di Lazaro Presta e Caterina Gaggiulla. Fu istruito dai sacerdoti Don Nicola Pirelli e Don Quintino Mastroleo, la cui educazione contribuì allo sviluppo del suo talento. A sedici anni si trasferì a Napoli per studiare medicina, dove si dedicò anche agli studi di matematica e astronomia. Grazie alle sue doti di letterato e poeta iniziò subito a frequentare luoghi colti e raffinati e fu aggregato nell’accademia Rossanese. Nel 1741 si laureò in medicina a Napoli ma il padre lo fece tornare a Gallipoli a svolgere la sua professione. Divenne il più stimato medico della provincia ed esercitò il suo ruolo in tutto il Salento. In seguito si interessò a migliorare i due settori più importanti della produzione agricola salentina di quel tempo: la tabacchicoltura di cui cercò di migliorare le tecniche di piantagione e in particolare concentrò i suoi studi sull’olivicoltura. Egli faceva ogni anno piantare del tabacco nei suoi terreni per uso personale ed era proprio questo il migliore tabacco che si aveva nella sua provincia. Riguardo i suoi interessi offrì un importante contributo al dibattito sull’olivicoltura che si svolse nel diciottesimo secolo in Terra d’Otranto. I suoi studi sono testimoniati nelle sue tre importanti opere: “Memoria su i saggi diversi di olio e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà Imperiale Caterina II, la Pallade delle Russie” (1786); “Memoria intorno ai sessantadue saggi diversi di olio presentati alla Maestà di Ferdinando IV, Re delle due Sicilie, ed esame critico dell’antico frantoio trovato a Stabia” (1788); “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio” (1794). Il 18 agosto 1797 morì a Gallipoli e fu sepolto nella Cattedrale.
METODOLOGIA
Presta voleva migliorare la produzione agricola nel Salento. I suoi studi non si fermavano, quindi, all’analisi delle condizioni agricole ma cercavano di trovare delle soluzioni e di indagare sulle loro cause storiche. Egli voleva rimuovere il problema alla radice, sfruttando soprattutto l’esperienza. Presta seguiva gli insegnamenti di Antonio Genovesi che considerava fondamentale che gli intellettuali s’interessassero a risolvere i problemi concreti della società, che non si fermassero a commentare il degrado nel Meridione, ma avrebbero dovuto ricercare le cause di tale degrado e rimuoverle. Genovesi affermava che l’intellettuale proprio per il ruolo che ricopriva doveva avvertire il peso di una “missione” da compiere. Presta avvertiva proprio questa responsabilità insegnatali da Genovesi.
PRESTA ILLUMINISTA:
Giovanni Presta era fortemente influenzato dal movimento culturale e filosofico del tempo: l’illuminismo. Gli illuministi seguivano una concezione del pensiero scientifico secondo cui la ragione umana attraverso l’osservazione dei fenomeni formulava dei principi. Il lavoro dell’autore si basava, infatti, sullo studio, sull’esperienza e sulla verifica, in seguito vi era la diffusione delle sue scoperte. Presta è un uomo che dedicò anni della sua vita all’analisi dell’olio, della sua pianta e alla maniera di ricavarlo. Proprio in questo notiamo il suo forte spirito illuministico: lo studio e la ragione sono alla base del suo lavoro. Presta nelle sue opere rileva che la “perfezione” dell’olio fu persa a causa dell’ignoranza e delle “barbarie”, quindi il carattere illuministico è dimostrato dalla lotta contro l’ignoranza. Il termine illuminismo, infatti, era utilizzato perché gli illuministi affermavano di provenire da un epoca segnata dall’oscurità, dall’ignoranza e dalla superstizione e credevano di iniziare a dirigersi verso un nuovo periodo segnato da una nuova fede quella della ragione e dai progressi della scienza. Le tecniche utilizzate dagli antichi per produrre l’olio erano state perse a causa dell’interesse di produrne solo in gran quantità, ma Presta diceva che con all’avvento del periodo illuministico vi fu la riscoperta dell’olio di ottima qualità.
LETTERE A MARCO LASTRI
Presta inviò tra marzo e giugno del 1783 quattro lettere a Marco Lastri, illustre letterato fiorentino importante nella stagione illuministica. Queste lettere sono custodite nella biblioteca Moreniana di Firenze e rimaste inedite sino al 2001 quando vengono commentate dal Prof. Fabio D’Astore dell’Università di Lecce in una sua pubblicazione,“Dall’oblio alla Storia”. Esse dimostrano la frequentazione del Cenacolo gallipolino che diffondeva soluzioni per il sistema agricolo salentino. Sono la prova dell’attività di ricerca sugli ulivi iniziata da Presta e dimostrano il suo impegno in questo lavoro. Il Presta, scrive il D’Astore chiede all’illustre amico di inviargli i tre tipi di ulivi coltivati in Toscana, “l’infrantoio, il coraggiuolo ed il moraiuolo, con tronco grosso come un manico di vanga, piantati in vasi di terracotta”. Oltre agli alberi di ulivo che sono coltivati in Toscana chiede, anche, “un picciol ma esatto modello in legno sì della macina solcata alla fiorentina che di tutta la macchina o strumento col quale usa costì d’infragner le ulive”. E continua “Io devo alla vostra savia lezione la prima notizia, che costì si usa la macina solcata e non liscia; terminate dunque anche voi d’istruirmene con un modelluccio in legno”. Da tale richiesta si comprende, prosegue il D’Astore, come sia grande l’impegno del Presta a migliorare la coltivazione dell’ulivo, praticato nelle sue zone in modo alquanto primitivo ed antieconomico. Confrontare le diverse modalità di produzione dell’olio tra la Toscana ed il Salento voleva significare per Giovanni Presta un avanzamento qualitativo e quantitativo. L’autore riteneva importante e decisivo il parere dell’amico per la prosecuzione dell’opera, questa è la sua ultima richiesta. Tutto questo rappresenta l’inizio della sua attività di osservazione e sperimentazione. Egli decise di creare un progetto sull’ammodernamento e sull’incremento delle colture agricole. Tale progetto è documentato nella sua terza opera: “Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio”. Le lettere scritte a Marco Lastri sono prova fondamentale per ripercorrere le fasi del progetto di Giovanni Presta.
 
PRIMA OPERA: MEMORIA SU I SAGGI DIVERSI DI OLIO E SU DELLA RAGIA DI ULIVO DELLA PENISOLA SALENTINA.
=='''Esigenze colturali'''==
Giovanni Presta dedicò la sua prima opera all’imperatrice di Russia Caterina II che “per mezzo del Ministro di Napoli signor duca di Serracapriola ricevè in segno di gradimento duecento Zecchini effettivi di Olanda, ed un medaglione di oro col busto dell’Augusta Imperatrice da una parte, e la statua equestre di Pietro il Grande dall’altra”.
LETTERA DEDICATORIA:
La lettera dedicatoria fu stampata in Napoli il 25 aprile 1786. Presta in questa lettera, precisa che la sua opera le sarà consegnata dal duca di Serracapriola, ministro di re Ferdinando IV accompagnata da alcuni campioni di olio. Presta prega anche l’imperatrice di diffondere questo suo scritto in modo da riuscire a far riacquistare al suo territorio la notorietà per la produzione dell’olio.
CONTENUTO:
Lo scritto inizia con un’accurata descrizione sull’Ulivo definito un albero paragonabile a una Quercia. Presta, poi, aggiunge una nota polemica precisando che a causa dell’ignoranza e delle barbarie non furono più utilizzate le tecniche di una volta per produrre l’olio perché con il passare degli anni si andò puntando solo sulla quantità e non sulla qualità. Questo è un tema illuministico contro l’ignoranza, ma l’interesse dell’autore era di migliorare la qualità dell’olio nel Salento, non era sicuramente uno scopo di carattere letterario. L’abbandono delle tecniche usate in passato aveva causato la perdita del successo dell’olio salentino. Presta teneva in considerazione i metodi usati in passato cercando di migliorarli e di aggiungere le conoscenze acquisite con la sua esperienza. Dal passato riprese sicuramente la divisione di quattro tipi diversi di olio derivati dal grado di maturazione dell’oliva:
- “onphachinon o oleum acerbum” di olive del tutto acerbe;
- “oleum viride” di olive semiacerbe;
- “oleum maturum” di olive già nere;
- “oleum cibarium” di olive ormai rovinate.
La specie di Ulivo, il modo in cui le olive erano raccolte e il periodo scelto erano parametri fondamentali che Presta decise di aggiungere per rendere migliore la produzione dell’olio. Le specie di ulivi locali utilizzati per estrarre l’olio erano:
- “la Cellina”, cui si dava il vanto per la bontà di olio;
- “la Pasola”;
- “l’oliva di Spagna”, che presentava tra le olive più grosse in quelle zone;
- “la Corniola”;
- “l’uliva dolce”;
- “le Coccole di oleastro”, che in passato si credeva producessero un olio amaro in quanto le sue olive erano amare,invece, se raccolte mature davano all’olio un sapore gradevole.
Tutti i tipi di olio che aveva prodotto grazie all’uso delle sue tecniche e di quelle degli antichi, erano stati inviati da Giovanni Presta all’ imperatrice Caterina II. Alla fine del libro, l’autore analizza anche la “ragia” degli alberi di ulivo ottenuta senza alcun tipo d’incisione o di tecnica in quanto usciva da sola dai rami dell’albero. Presta dice che la “ragia” non appartiene a tutti gli alberi ma negli ulivi era molto presente. Egli subito dichiara che le notizie sulla ragia erano state prese dal marchese Giuseppe Palmieri, economista leccese tra le figure più rappresentative del settecento napoletano ma attivo anche nel Salento. Presta fa, quindi, un’accurata classificazione degli oli confrontando anche le sue esperienze con il passato.
SECONDA OPERA: MEMORIA INTORNO AI SESSANTADUE SAGGI DIVERSI DI OLIO.
Presta con la sua prima opera riuscì a raggiungere un gran successo, per questo decise di iniziare un nuovo progetto molto più ampio. Questo suo secondo lavoro lo dedicò a Ferdinando IV, re delle due Sicilie.
LETTERA DEDICATORIA:
La lettera dedicatoria fu stampata a Gallipoli il 4 settembre 1788. Insieme a questa lettera inviò al sovrano sessantadue campioni di olio, pregandolo di dare il suo parere e di decidere quali tra questi erano i più gradevoli solo dopo aver letto la sua opera. Presta affermava, anche, che con l’approvazione del re si sarebbe concentrato sulla sua terza opera che avrebbe dedicato, nuovamente, a Ferdinando IV: “Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l’olio”.
 
CONTENUTO:
Presta iniziò il lavoro precisando l’importanza che gli antichi davano all’olio, che non era solo un condimento, ma aveva altre funzioni tra cui le unzioni. Presta affermava che in passato vi era un grande consumo di olio finalizzato all’uso che l’uomo ne faceva sul proprio corpo, quindi era normale che non tutto l’olio fosse di ottima qualità. Dopo la caduta dell’impero romano si andò puntando solo sulla quantità di olio prodotta e fu perso qualsiasi tipo di interesse legato alla sua qualità. In seguito a questa prefazione, nella prima parte dell’opera Presta distingueva i vari tipi di olio secondo il grado di maturazione delle olive. La più comune tra questa era “l’Ogliara” dai latini chiamata “Salentina”. I primi campioni di olio contenevano quello ricavato dalle olive acerbe raccolte a settembre, chiamato “Onfacino”. Questo olio era di coloro verdegiallo e poco fluido ma l’autore trovò il modo per schiarire il suo colore. Dalle olive semiacerbe raccolte a novembre, si ricavava l’olio che in passato era chiamato “strictivum oleum, oleum ad unguenta, oleum viride” ma che Presta definì “Semionfacino”. Nei mesi successivi le olive erano ormai mature e l’olio che si produceva era di scarsa qualità e probabilmente era proprio l’olio che in passato era dato agli schiavi, quello delle olive nere detto “Cibarium Oleum”. Tutti questi tipi di olio appartenevano alla stessa oliva “l’Ogliara” raccolta però in tempi diversi. Nella seconda parte del libro l’autore analizzava la differenza dei tipi di olio dovuta alle varie specie di olive. Egli conosceva quarantotto varietà di olive e precisava che, sicuramente, ne esistevano tante altre. Per analizzare tutte queste varietà egli si fece mandare alcune specie di olive della Spagna, della Campania, di Genova, di Firenze per controllare almeno la quantità di olio che riuscivano a produrre e non la qualità. Dell’oliva di grandi dimensioni detta “Orchita ed Orchemora” che in Salento era chiamata, semplicemente, “oliva grossa” vi erano sette specie ma Presta ne riuscì ad analizzare solo tre. La prima era ovale con polpa soda, la seconda era simile alla prima ma più dolce, la terza oliva grossa era dolcissima. Un altro tipo di oliva era la “Mennella” di polpa tenerissima quasi acquosa ma l’autore ne fece una nuova che chiamò “piccola Mennella” utilizzando l’oliva matura. Poi abbiamo “l’Usciana”, “l’Algiana”, l’oliva che i tarantini chiamavano “uliva dolce”, sempre per i tarantini la “Cerasola” simile alla “Mennella”, la “Pasola” che si distingue in ovale dolce e rotonda dolce, la “Corniola”, la “Cellina”, la “Termetone” chiamata dall’autore “Ulivastrona” che è una pianta che cresce spontaneamente con olive di polpa molto soda, ma quella che in passato era la preferita era “l’Ogliara”. Presta di tutte queste specie di olive fece una descrizione accurata, precisando che la qualità dell’olio dipende dal tipo di oliva scelta e dal suo grado di maturazione, non è per niente importante la presenza o meno del nocciolo come spiegherà nella terza parte dell’opera. In quest’ultima parte Presta iniziò precisando, appunto, che mentre in passato tutti credevano che il nocciolo dell’oliva rovinasse il sapore dell’olio in realtà la sua presenza era indifferente, la qualità dell’olio non cambiava. Per spremere le olive era stato creato dai Greci il “Frantoio”, ritrovato negli scavi di Stabia. Per farlo funzionare c’era bisogno della spinta di braccia umane, quindi in passato erano gli schiavi a essere usati per macinare le olive. La vasca in cui avveniva questo lavoro con il “frantoio” non era molto ampia quindi doveva essere svuotata e poi riempita molte volte. Nel periodo illuministico le macchine utilizzate per spremere le olive erano le “Macine”, ma sia con il “frantoio” sia con “le macine”, si notò che dal nocciolo non usciva olio quindi tutto quello che si produceva apparteneva alla polpa dell’oliva. L’errore che era stato fatto in passato era di spremere prima le olive senza il nocciolo e successivamente quelle con il nocciolo, la colpa del sapore differente fu data alla presenza del nocciolo, in realtà la qualità dell’olio dipendeva dal grado di maturazione dell’oliva.
TERZA OPERA: DEGLI ULIVI, DELLE ULIVE, E DELLA MANIERA DI CAVAR L’OLIO.
“Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l’olio” è l’opera più importante di Giovanni Presta sia per la ricchezza dei riferimenti letterari, sia per la lingua, sia per la descrizione delle sue esperienze. L’autore pubblicò questo libro nel 1794, anche se finì di scriverlo due anni prima. Come aveva promesso nella seconda opera dedicò anche questo lavoro a Ferdinando IV re delle Due Sicilie, nella lettera dedicatoria Presta affermava di riuscire a produrre un olio di alta qualità che sarebbe riuscito a far tornare il prestigio per la qualità dell’olio al suo territorio. In quest’opera egli affrontò gli argomenti che aveva presentato nelle famose lettere a Marco Lastri.
LINGUA:
Presta rispetto ai suoi colleghi usa un linguaggio molto più elaborato, un lessico selezionato e con precisi intendimenti stilistici. L’autore fa uso di espressioni letterarie, di termini dotti, di parole toscane ma riporta anche termini dialettali accompagnati dalla spiegazione e dal loro significato. La complessità della materia richiede massima attenzione anche dal punto di vista linguistico.
PREFAZIONE:
Presta all’inizio dell’opera dimostrò subito il suo carattere illuministico, poichè basava ancora una volta il suo lavoro sullo studio e sugli esperimenti. Nella prefazione l’autore parlò un po’ della sua vita, fece un accenno alle accademie di quel tempo che affrontavano discorsi riguardanti la produzione agricola, poi parlò dell’ulivo come l’albero preferito da Minerva divinità della guerra, tutto ciò per conoscere meglio la pianta che egli stava studiando e per dare dignità alla propria ricerca. Egli, anche in quest’opera, confrontava tutti i suoi studi sulle tecniche del passato e su quelle moderne alla sua esperienza, tutto doveva essere verificato. Il Salento era considerato tra i migliori produttori di olio anche grazie all’efficacia del suo frantoio, dato che Presta analizzando i frantoi delle altre zone notando i loro difetti non era riuscito a trovare un frantoio migliore della “macine verticale” usata nel Salento, ad esempio quello fiorentino era difettoso in quanto solcato. Grazie ai suoi successi e ai risultati da lui ottenuti il Salento continuava a ottenere prestigio per l’ottima produzione di olio. Egli vuole che il lettore utilizzi i suoi metodi per dare un contributo allo sviluppo socio-economico del suo territorio.
CONTENUTO:
Presta divise l’opera in tre parti: nella prima parte il tema scelto è l’olivo, la seconda parla delle olive e la terza parte dimostra le sue doti e i suoi sforzi in quanto tratta della maniera di cavar l’olio. Nella prima parte l’autore analizzava i comportamenti dei contadini, i modi per propagare l’olivo e le malattie da cui poteva essere colpito. Presta aprì il trattato con un’accurata descrizione di questa pianta, dicendo che per quanto riguarda la sua utilità sicuramente tra tutte l’olivo era il migliore. In questa prima parte c’era un riferimento ai tempi antichi dove si confermava la sua tesi, infatti i Greci consideravano l’ulivo una pianta “divina”. Nella seconda parte si passa all’illustrazione delle olive per peso lunghezza e colore. L’autore riportò proprio un elenco dei vari tipi di olive presenti nel Salento. Alcuni esempi sono: l’oliva grossa detta “uliva cazzarola” dai Tarantini o dal resto dei Salentini “uliva grossa da cazzare bianco”, l’oliva “cerasola” di Tricase , l’oliva “tonda di Galatone”. Presta riporta anche le tre olive di origine toscana, affermando che “l’infrantoia” è la migliore razza di ulivo e le tecniche usate a Firenze che Marco Lastri gli aveva detto nella loro corrispondenza epistolare. La terza parte è sicuramente la più importante come abbiamo prima accennato. Presta riteneva importante gli usi del tempo ma soprattutto “le macine” che venivano usate in Salento al posto del difettoso frantoio. Nella terza parte egli ci mostra le tecniche usate e il modo per ricavare un buon olio.
 
==='''Esigenze climatiche'''===
Il melone è particolarmente esigente dal punto di vista ambientale esige, infatti, alte temperature e richiede terreni profondi, fertili e perfettamente drenati perché teme i ristagni idrici. Il seme germina a temperature minime di 14 °C ma le temperature ottimali di germinazione sono comprese tra 25 e 30 °C. Al di sotto di 12 °C la pianta interrompe la crescita che invece procede in maniera ottimale quando le temperature risultano di 18-20 °C la notte e 25-30 °C il giorno. L’assorbimento dell’acqua e la crescita delle piante sono condizionate dalla temperatura del suolo, considerata ottimale quando si aggira intorno ai 15-20 °C. La fioritura e l’allegagione sono ostacolate da una eccessiva umidità relativa, riscontrabile più facilmente in serra, meno in pieno campo. L’eccesso di umidità, peraltro, favorisce gli attacchi di Botrytis. Le cv più vigorose e tardive tollerano meglio le temperature relativamente basse (15 °C) rispetto alle cv più deboli e precoci.
 
==='''Avvicendamento'''===
Il melone richiede tempi di avvicendamento molto lunghi, pertanto, non può tornare su un terreno prima che siano passati diversi anni. Ciò consente di contenere gli attacchi di patogeni del terreno (fusariosi, verticillosi, nematodi) capaci di danneggiare in maniera decisamente significativa la produzione.
 
==='''Impianto e coltivazione'''===
La semina o il trapianto si effettuano in fine inverno inizio primavera con temperatura di 14-15 °C. Oggi comunque gli impianti sia in pieno campo che in serra si effettuano quasi esclusivamente mediante il trapianto di piantine prodotte in vivaio e commercializzate in contenitori alveolati da 40 fori pronte per essere trapiantate attraverso i fori aperti sul film plastico della pacciamatura. L’impianto si effettua generalmente con file distanti 2-2,5 m e piante distanziate sulla fila di 0,8- 1 m con una densità di 0,4-0,5 piante a mq. Nella coltura in serra la fittezza è maggiore e può raggiungere valori di 1,5-2 piante a mq se la pianta si alleva in verticale mediante fili o reti che consentono di sfruttare al meglio gli spazi della serra. Il sistema di coltivazione più diffuso in questi ultimi anni è quello che prevede la pacciamatura con film plastico in polietilene nero, oltre alla realizzazione di piccoli tunnel con film plastico in polietilene trasparente, i quali ricoprono ogni fila di piante (semi-forzatura). L’obiettivo principale della semi-forzatura è quello di anticipare di 20-30 giorni l’impianto e di 10-20 giorni la maturazione dei frutti. Notevole importanza riveste anche la coltivazione in serra (forzatura).
 
 
==='''Esigenze idriche e nutritive'''===
La concimazione del melone deve rispettare il rapporto nutritivo ottimale, 1 : 0,4 : 1,3 stabilito in base alle asportazioni, di azoto fosforo e potassio rispettivamente. È consigliata la distribuzione di 800-1000 qli/ha di letame ben maturo in autunno e di 80-100 kg/ha di azoto, 150-200 kg/ha di anidride fosforica e 200-250 kg/ha di potassio da solfato all’impianto. In copertura si inizia la distribuzione di concimi azotati e potassici a partire dall’inizio della fioritura frazionandoli prima del termine dell’ingrossamento dei frutti, considerando quantitativi complessivi di 100 kg/ha di potassio e 80 kg/ha di azoto. All’impianto sono utilizzati concimi granulari che vengono interrati con le ultime operazioni di sistemazione della superficie del terreno, mentre in copertura sono utilizzati concimi in polvere solubile o in formulazione liquida che vengono distribuiti attraverso l’impianto di irrigazione (fertirrigazione). Facendo riferimento alle esigenze idriche è bene sottolineare che in piena aria gli interventi irrigui determinano un aumento della produzione commerciabile del melone, anche se aumentano le quantità scartate. In serra, invece, è bene programmare con cura gli interventi irrigui, perché gli eccessi di acqua provocano lussureggiamento, scarsa allegagione e difficoltà nella maturazione dei frutti. E’ consigliabile distanziare molto i turni irrigui e magari distribuire più acqua, evitando comunque i ristagni idrici. Da un punto di vista qualitativo i migliori risultati si ottengono interrompendo l’irrigazione al termine dell’ingrossamento dei frutti. Il metodo irriguo che meglio risponde alle esigenze della coltura è quello a goccia con l’impianto di irrigazione (ala gocciolante) sistemato sotto la pacciamatura.
 
=='''Controllo dei parassiti e delle erbe infestanti'''==
 
==='''Difesa antiparassitaria'''===
Tutti i meloni retati, compreso il galia , ma anche le altre tipologie di melone sono attaccati da agenti di danno e agenti di malattia che interessano l’apparato radicale, il colletto e la parte aerea della pianta. Per i danni e le malattie della radice e del colletto causati principalmente da Nematodi, Elateridi, Fusarium, Verticillum, Pythium, Rhizoctonia, Phytophtora si rende necessaria una preventiva disinfezione del terreno con prodotti specifici registrati per la coltura ed anche l’utilizzo di piante innestate, prodotte da vivai specializzati, che risultano resistenti a Fusarium oxysporum f. sp. melonis, temibile fungo della sottodivisione Deuteromycotina che si insedia sui fasci vascolari ostacolando o addirittura impedendo la risalita della linfa grezza con gravissimi danni alle coltivazioni colpite. Tra gli insetti risultano particolarmente dannosi l’afide delle cucurbitacee (Aphis gossipii) e la moschina bianca (Trialeurodes vaporariorum), mentre tra gli acari il ragnetto rosso comune (Tetranycus urticae). Per questi ultimi agenti di danno che attaccano la parte aerea della pianta, foglie e giovani germogli, è necessario intervenire con la lotta guidata utilizzando insetticidi e acaricidi specifici regolarmente registrati per la coltura, avendo cura di rispettare scrupolosamente i tempi di carenza indicati sull’etichetta degli agrofarmaci adoperati.
 
==='''Diserbo'''===
Il controllo delle erbe infestanti è di tipo meccanico. Si effettuano fresature tra le file sino a quando lo sviluppo della coltura lo consente, dopo di che la fitta vegetazione delle piante ostacola la crescita delle infestanti. Sulla fila, invece, la crescita delle infestanti è ostacolata dal film di polietilene nero della pacciamatura.
 
 
 
=='''Produzione, raccolta e destinazione del prodotto'''==
 
Lo sviluppo dei frutti avviene a seguito della fecondazione dell’ovulo contenuto nell’ovario ad opera degli spermatofiti trasportati con il polline per l’attività degli insetti pronubi, api in particolare. Si possono ottenere anche frutti partenocarpici ricorrendo a trattamenti ormonici nella fase dell’antesi (fioritura).
La raccolta inizia normalmente 90-110 giorni dopo il trapianto e prosegue scalarmente per 15-20 giorni. Il melone galia va raccolto ad uno stadio di sviluppo ben preciso perché un anticipo compromette la qualità (almeno 10% di contenuto zuccherino), mentre, un ritardo compromette la serbevolezza. Segni evidenti della maturazione sono il distacco del peduncolo dal frutto, la comparsa di screpolature concentriche intorno al peduncolo e non ultima la scomparsa della peluria intorno al peduncolo. Nella coltura semi-forzata la produzione si aggira intorno ai 300-400 q/ha e può raggiungere i 500 q/ha in quella forzata in serra, in particolare con l’allevamento verticale. Grande importanza, ai fini del ricavo, riveste la precocità.
Il melone galia, come tutti i meloni retati, è destinato al consumo fresco, immediato, pertanto non si presta a lunghe conservazioni. Tuttavia a temperature di 2-5 °C e con umidità relativa del 90-95% le varietà tipo galia oggi più presenti sul mercato hanno una conservabilità che oscilla dagli 8 ai 12 giorni.
 
 
 
=='''Importanza economica'''==
 
==='''Aree di coltivazione del melone'''===
La Cina è il principale produttore di melone a livello mondiale, con una superficie coltivata di circa 1.118.000 t, segue la Turchia con 110.000 t. L’Italia con una produzione complessiva di circa 23.000 t si colloca al 9° posto precedendo di poco l’Egitto (dati FAO del 1998).
Negli anni 2000 con l’Ue a 27 (1° gennaio 2007) la produzione del melone, a livello europeo, si avvicina ormai a 4 milioni di tonnellate. Nel 2008, infatti, la produzione europea si è posizionata su 3.939.000 tonnellate. Il principale paese produttore è la Turchia (paese non facente parte dell’Ue a 27) che detiene il 44% dell’offerta europea, seguita dalla Spagna con il 27%. L’Italia con il 16-17% del totale europeo si trova al terzo posto dei paesi principali produttori in Europa. Seguono la Francia con il 7% e la Grecia con il 4%.
La principale regione produttrice, in Italia, è la Sicilia dove nel 2008 risulta concentrato il 41% della superficie nazionale dedicata alla produzione di meloni. Seguono la Puglia e la Lombardia con l’8-9% ciascuna, quindi, l’Emilia Romagna e il Veneto con il 7% ciascuna.
 
 
 
==='''Mercato'''===
I meloni italiani sono principalmente destinati al mercato interno, le esportazioni, pertanto, sono molto contenute e si aggirano intorno alle 17.000 t. Quota pari al 2-3% della produzione italiana. Nel 2008 però si è registrato un aumento delle quantità destinate ai mercati esteri che si sono attestate sulle 20.000 tonnellate.
Più significativa è la quantità di prodotto estero in entrata ogni anno nel nostro paese. Quantità che negli ultimi quattro anni, dal 2005 al 2008 ha superato le 30.000 tonnellate.
Nell’ultimo triennio non si registrano particolari variazioni relativamente ai consumi di melone per aree geografiche. Nel 2008 i maggiori consumi si sono registrati nelle zone del Sud Italia e delle Isole con il 36% del totale, segue il Nord-ovest con il 27%, il Centro con il 19% e il Nord-est con il 18%.
 
 
 
=='''Varietà del tipo Galia'''==
 
Delle cultivar di melone a polpa bianca del tipo Galia immesse sul mercato negli ultimi 3 anni dalle ditte sementiere più rinomate, si riportano alcune tra quelle maggiormente apprezzate dal mercato.
 
 
==='''Cyro'''===
 
Melone dal ciclo vegetativo precoce, adatto per colture in serra o tunnel grande, tunnel piccolo e pieno campo. Il frutto ha forma rotondeggiante con retatura sottile su un’epidermide di colore giallo-verde a piena maturazione. Si presenta con polpa è bianca, cavità placentare piccola e assenza di incisura della fetta. Ha un peso medio di circa 1,4-1,6 kg e una conservabilità di 8-12 giorni.
 
 
==='''Medallon'''===
 
Melone dal ciclo vegetativo molto precoce, adatto per colture in serra o tunnel grande, tunnel piccolo e pieno campo. Il frutto ha forma rotondeggiante con retatura sottile su un’epidermide di colore giallo-verde a piena maturazione. Si presenta con polpa è bianca, cavità placentare piccola e assenza di incisura della fetta. Ha un peso medio di circa 1,3-1,5 kg e una conservabilità di 8-12 giorni
 
 
==='''Flavorite'''===
 
Melone dal ciclo vegetativo precoce, adatto per colture in serra o tunnel grande, tunnel piccolo e pieno campo. Il frutto ha forma ovale con retatura media su un’epidermide di colore arancio a piena maturazione. Si presenta con polpa è bianca, cavità placentare piccola e assenza di incisura della fetta. Ha un peso medio di circa 1-1,5 kg e una conservabilità di 7 giorni