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I '''''commentarii''''' (forma nominativo plurale del sostantivo [[lingua latina|latino]] "''commentarius'', ''i''", traslitterato in italiano "«commentario"») sono degli scritti attraverso i quali, dalla fine del [[II secolo a.C.]], eranovenivano ripresenarrate le proprie gesta da parte di chi aveva compiuto imprese ritenute memorabili come pretori, censori, consoli, generali vittoriosi.<ref>Cfr. l'[http://www.etimo.it/?term=commentario etimologia] di ''commentario''.</ref>
Questi non rientravano per gli antichi fra le opere appartenenti al genere storiografico, che richiedeva un progetto letterario vero e proprio; erano solo materiali da cui trarre eventualmente una vera e propria ''historia''.
 
==Nell'età antica==
==I ''Commentarii'' di Giulio Cesare==
QuestiI ''commentari'' non rientravano per gli antichi fra le opere appartenenti al genere storiografico, che richiedeva un progetto letterario vero e proprio; erano solo materiali in forma di diario da cui trarre eventualmente una vera e propria ''historia''.
 
===I ''Commentarii'' di Giulio Cesare===
{{vedi anche|Commentarius (Giulio Cesare)}}
Con molta probabilità [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], nel mettere insieme i materiali riguardanti le due guerre da lui condotte, li rielaborò in vista di una loro pubblicazione.
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Sono due i ''[[Commentarius (Giulio Cesare)|''Commentarii'' di Cesare]]: il ''[[De bello Gallico]]'' e il ''[[De Bello Civili]]'', la cui veridicità già alcuni antichi misero in discussione. Riguardo alla [[guerra gallica]], i suoi avversari lo accusavano di aver condotto una campagna inutile e costosa sia in termini economici che di vite umane mosso dalla sola ambizione di potere; riguardo alla [[Guerra civile tra Cesare e Pompeo|guerra civile con Pompeo]], l'accusa era di averla scatenata non per difendere la legalità, come egli sosteneva, ma i propri interessi.
Le opere scritte per raccontarle avrebbero avuto solo intenti propagandistici, per giustificare il proprio operato.
 
==In età medioevale==
In età ellenistica e successivamente [[medioevo|medioevale]], il termine ''commentario'' passò a designare anche un lungo ed erudito commento riguardante un'opera di particolare importanza, specialmente dell'antichità: esso consisteva quindi in un'interpretazione o [[esegesi]] dell'opera trattata per renderla accessibile ai contemporanei. Ad esempio il filosofo arabo [[Averroé]] compose un poderoso ''Commentario'' ai libri di [[Aristotele]], che lo rese noto nell'Europa cristiana.<ref>«Colui che il gran commento feo» è l'appellativo con cui [[Dante Alighieri]] chiama [[Averroé]] nella ''[[Divina Commedia]]'' ([[Inferno - Canto quarto|''Inferno'', IV]], 144).</ref>
 
==Note==
<references/>
 
==Voci correlate==