Eccidio dell'ospedale psichiatrico di Vercelli: differenze tra le versioni
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===La resa===
[[File:Resa colonna Morsero.jpg|thumb|right|200px|Elementi della colonna Morsero a [[Castellazzo Novarese]]]]
La colonna giunta a Castellazzo Novarese la mattina del [[27 aprile]] 1945 si arroccò nel locale castello. Stabilita una tregua, proposta dall'avvocato Leoni, furono quindi avviate frenetiche trattative nel corso delle quali i partigiani proposero di condurre a Novara alcuni ufficiali fascisti per verificare l'avvenuta resa del presidio cittadino ed incontrarsi con i rappresentanti del [[Comitato di Liberazione Nazionale]]. Si recarono quindi a Novara il capitano Angelo Nessi (del "Ruggine") e il capitano Paolo Pasqualini (del "Pontida"), i quali, ritornati a Castellazzo Novarese, comunicarono le proposte del CLN: resa con l'onore delle armi (ossia diritto per gli ufficiali di conservare l'arma di ordinanza) e salvacondotti per la truppa<ref>{{cita|Pavesi|p. 82}}: "onore delle armi, agli ufficiali viene concesso di tenere la pistola; salvacondotto per la truppa; trattamento dei prigionieri come previsto dalle convenzioni internazionali".</ref>. Morsero e il colonnello Fracassi decisero quindi di accettare le condizioni di resa, contestati però da parte degli ufficiali, che non fidandosi dei partigiani erano convinti di poter resistere fino all'arrivo degli [[Alleati della seconda guerra mondiale|Alleati]]<ref>{{cita|Pavesi|p. 168}}, citazione di Carlo Riboldazzi, comandante partigiano di un battaglione delle Brigate Garibaldi: "Personalmente non mi sono mai capacitato della resa dei fascisti, cosa stranissima; potevano benissimo resistere; ho visto le armi che avevano! Potevano stare lì tranquilli ed aspettare l'arrivo degli alleati; invece no, si sono arresi".</ref>. Le stesse condizioni di resa furono accettate nelle stesse ore da un vicino presidio tedesco<ref>{{cita|Pavesi|p. 85}}, citazione di Carlo Riboldazzi, comandante partigiano di un battaglione delle Brigate Garibaldi: "Chiedo la resa pura e semplice, salvo l'onore delle armi. Netto rifiuto. Bluffo, invento divisioni che devono transitare, minaccio bombardamenti a tappeto, accenno alla possibilità di vittime civili e conseguente reato di crimine di guerra. Il capitano tentenna, l'ufficiale delle compagnie di sicurezza fa il muso duro [...]. Cade ogni resistenza. Si concorda la resa; chiedono garanzie, onore delle armi, un sacco di cose. Prometto, anche se so che non potrò mantenere le promesse che in parte. Con i tedeschi ho un grosso credito in quanto promesse non mantenute. Firmata la resa, il documento scomparirà dopo pochi giorni [...]".</ref>.
Il giorno seguente, [[28 aprile]], avvenne la resa della "colonna Morsero" alle forze partigiane e la consegna delle armi, molte delle quali furono previamente rese inservibili. I militari furono poi separati dalle donne e dai bambini. Il prefetto Morsero fu invece prelevato dai partigiani e trasferito a Vercelli, dove fu incarcerato.
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