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Lo scritto inizia con un’accurata descrizione sull’ulivo: “l’Ulivo è un Albero di statura ordinariamente mezzana, ma che tal ora sa pareggiare anche la Quercia. Fa gran ceppaia, e gran tronco, che di sovente è nodoso e bitorzoluto: Getta assai rami, e fronzuti molto; e conserva ei sempre la sua verdura. Il suo legno è fitto, pesante, odoroso, di gran durata, e di bel marezzo”. Presta, poi, aggiunge una nota polemica precisando che a causa dell’ignoranza e delle barbarie non furono più utilizzate le tecniche di una volta per produrre l’olio perché con il passare degli anni si andò puntando solo sulla quantità e non sulla qualità. Questo interesse dell’autore di migliorare la qualità dell’olio nel Salento ben si identifica con il tema illuministico contro l’ignoranza. L’abbandono delle tecniche usate in passato aveva causato la perdita del successo dell’olio salentino. Presta teneva in considerazione i metodi usati in passato cercando di migliorarli e di aggiungere le conoscenze acquisite con la sua esperienza. Dal passato riprese sicuramente la divisione di quattro tipi diversi di olio derivati dal grado di maturazione dell’oliva:
 
-* “onphachinon o oleum acerbum” di olive del tutto acerbe;
 
-* “oleum viride” di olive semiacerbe;
 
-* “oleum maturum” di olive già nere;
 
-* “oleum cibarium” di olive ormai rovinate.
 
La specie di Ulivo, il modo in cui le olive erano raccolte e il periodo scelto erano parametri fondamentali che Presta decise di aggiungere per rendere migliore la produzione dell’olio. Le specie di ulivi locali utilizzati per estrarre l’olio erano:
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[[Immagine: Ulivo2.jpg|thumb|250px|right]]
 
-* “la Cellina”, cui si dava il vanto per la bontà di olio;
 
-* “la Pasola”;
 
-* “l’oliva di Spagna”, che presentava le olive più grosse in quelle zone;
 
-* “la Corniola”;
 
-* “l’uliva dolce”;
 
-* “le Coccole di oleastro”, che in passato si credeva producessero un olio amaro in quanto le sue olive erano amare, invece, se raccolte mature davano all’olio un sapore gradevole.