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La crisi agricola che stava attraversando l’[[Europa]] ricadde pesantemente anche sul territorio pontificio, stretto in una morsa alimentare senza tregua, soffiando su manifestazioni di protesta che indebolirono gli inziali entusiasmi verso [[Pio IX]]. L’irrompere nelle piazze di un popolo desideroso di più incisive riforme scatenò la bufera del [[1848]], impulsiva e devastante anche in Italia. Le prediche di [[Ugo Bassi]] ad [[Ancona]] lo spinsero ad armare una compagnia da dirigere sui campi del [[Veneto]], combattendo a [[Badia]], [[Vicenza]], [[Mestre]] e [[Treviso]]. Sempre più stretto dai debiti, decise di disfarsi di tutti i suoi beni.
Fece nuovamente ritorno in [[Veneto]] e dopo la [[battaglia di Mestre]] ([[27 ottobre 1848]]) restò fino ai primi di febbraio dell’anno seguente con i suoi uomini sul confine settentrionale dello Stato romano. Con la morte del ministro [[Pellegrino Rossi]] il [[15 novembre 1848]], la fuga di [[Pio IX]] a [[Gaeta]] il [[24 novembre 1848]] e la diffusa iniziativa dei [[democratici]] dei [[Circoli popolari]], il suo ruolo di servitore della patria divenne ancora più esplicito e, rivolgendosi al [[ministro dell'Interno]] [[Carlo Armellini]] il [[24 gennaio 1849]], chiarì personalmente la sua disponibilità a lottare con tutti i mezzi per l’[[indipendenza italiana]].
Arruolatosi nella [[Legione Italiana]] di [[Garibaldi]], da poco giunto in Italia in soccorso del movimento liberal-democratico, si aggregò alle forze guidate da [[Pietro Roselli]] in guerra nell’[[Ascolano]] contro la rivolta [[sanfedista]] dei capibanda [[Giovanni Piccioni]] e [[don Domenico Taliani]] sostenuta dal [[cardinale Filippo De Angelis]] di [[Fermo]], irremovibile nel contrastare la neonata [[Repubblica Romana (1849)]]. Lo sbarco delle truppe francesi a [[Civitavecchia]] il [[25 aprile 1849]] lo costrinse a lasciare la soluzione della crisi ascolana nelle mani di [[Felice Orsini]], valutando come prioritaria la convergenza verso il territorio laziale.
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