Socrate: differenze tra le versioni

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La scoperta dell'anima umana: il testo citato dice l'opposto
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{{Quote|Il termine greco che designa l'anima (''psyche'') indica in origine più genericamente la vita. Quando l'anima «se ne va», «se ne va» la vita; la morte è dunque un fuggire della vita o dell'anima. Si può parlare di una sopravvivenza dell'anima in qualche forma, proprio perché l'anima «se ne va», ma si tratta comunque di una sopravvivenza in forma diminuita; l'anima del defunto è solo un'immagine (''èidolon'') sbiadita, che ha perso il suo vigore vitale, cioè, in generale, le facoltà nelle quali consiste propriamente il vivere, dalla volontà alla coscienza.<ref>Platone, ''Fedone'', traduzione di Manara Valgimigli, a cura di Bruno Centrone, Biblioteca Filosofica Laterza, Bari 2005, p. 8</ref>}}
 
Con la scoperta di Socrate, secondo gli autori citati, avverrebbeavviene invece un mutamento di prospettiva:
{{quote|La scoperta comportava qualcosa di più della semplice semantica del vocabolo ''psyché''. Anche i pronomi greci, quelli personali e i riflessivi, cominciarono a trovarsi situati in nuovi contesti sintattici, ad essere usati per esempio come oggetti di verbi conoscere, o posti in antitesi col "corpo" o col "cadavere" in cui si riteneva che l'ego abitasse. Ci troviamo qui di fronte a un mutamento nella lingua greca [...] parte di una più ampia rivoluzione intellettuale che investì l'intero orizzonte dell'esperienza culturale della Grecia.|E. A. Havelock, ''Cultura orale e civiltà della scrittura'', , Laterza, Roma-Bari 1973, pp. 161-162}}
 
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È stato osservato in proposito come Platone riproducesse del dialogare di Socrate «quel reinterrogare senza posa, con tutte le impennate di dubbio, con gli improvvisi squarci che maieuticamente tendono alla verità, non rivelandola ma sollecitando l'anima dell'ascoltatore a trovarla [...] in lui solo è riconoscibile l'autentica cifra del filosofare socratico» (G. Reale, ''I problemi del pensiero antico dalle origini a Platone'', Milano 1972, p. 347).</ref>
 
Al di là del fatto che la paternità dell' Alcibiade Maggiore possa essere attribuita o meno a Platone,<ref>La contestataparternità inera basestata adcontestata un'analisidalla filologicacritica daottocecentesca alcunie interpreti, ain cominciareparticolare da [[Friedrich Schleiermacher]], ma approvata in seguito da diversi interpreti quali M. Croiset, P. Friedlander, M.C. Vink, lo stesso cheSarri.</ref> liper portavia adi notarealcune somiglianze con l'opera di Senofonte e Aristotele, esso rimane comunque una valida testimonianza su Socrate.<ref>Francesco Sarri, ''Socrate e la genesi storica dell'idea occidentale di anima'', Volume 1, Abete, 1975, p.159 e seguenti.</ref> In proposito è stato rilevato:
{{quote|È da notare che troviamo questa concezione dell'anima, come sede dell'intelligenza normale e del carattere, diffusa nella letteratura della generazione immediatamente posteriore alla morte di Socrate; essa è comune a [[Isocrate]], [[Platone]], [[Senofonte]]; non può quindi essere la scoperta di nessuno di loro. Ma è del tutto o quasi assente dalla letteratura delle epoche precedenti. Deve perciò avere avuto origine con qualche contemporaneo di Socrate, ma non conosciamo nessun pensatore contemporaneo al quale essa possa essere attribuita all'infuori di Socrate, il quale nelle pagine sia di Platone che di Senofonte la professa costantemente.|Taylor, ''Socrate'', cit. in F. Sarri, ''Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima'', Vita e Pensiero, Milano 1997}}