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=='''Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l'olio'''==
 
“Degli ulivi, delle ulive, e della maniera di cavar l’olio” è l’opera più importante di Giovanni Presta sia per la ricchezza dei riferimenti letterari, sia per la lingua, sia per la descrizione delle sue esperienze. L’autore pubblicò questo libro nel 1794, anche se finì di scriverlo due anni prima.
 
==='''Lingua'''===
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==='''Dedica'''===
 
La lettera dedicatoria fu scritta a Gallipoli nel 1793. Come aveva promesso nella seconda opera, l’autore dedicò anche questo lavoro a Ferdinando IV, re delle Due Sicilie. Nella lettera dedicatoria Presta affermò di riuscire a produrre dell’olio che sarebbe riuscito a far tornare il prestigio per la sua alta qualità al territorio e scrisse al re che qui avrebbe riportato le tecniche di produzione dell’olio. In quest’opera egli affrontò gli argomenti che aveva presentato nelle famose lettere a Marco Lastri.
 
==='''Prefazione'''===
 
Presta all’inizio dell’opera dimostrò subito il suo carattere illuministico, poiché basava ancora una volta il suo lavoro sullo studio e sugli esperimenti. Nella prefazione l’autore parlò un po’ della sua vita, fece un accenno alle accademie di quel tempo che affrontavano discorsi riguardanti la produzione agricola, poi parlò dell’ulivo come l’albero preferito da Minerva, divinità della guerra. Tutto ciò per conoscere meglio la pianta che egli stava studiando e per dare dignità alla propria ricerca. Egli, anche in quest’opera, confrontava tutti i suoi studi sulle tecniche del passato e su quelle moderne alla sua esperienza, tutto doveva essere verificato. Il Salento era considerato tra i migliori produttori di olio, tanto che l’olio salentino era conteso con quelli più rinomati come quelli di Provenza e di Lucca. Tale perfezione dell’olio dipendeva anche dall’efficacia del suo frantoio, dato che Presta analizzando i frantoi delle altre zone e notando i loro difetti non era riuscito a trovare un frantoio migliore della “macine verticale” usata nel Salento. Quello fiorentino era difettoso in quanto solcato, mentre quello Genovese e quello Provenzale erano di taglio strettissimo. Grazie ai suoi successi e ai risultati da lui ottenuti il Salento continuava a ottenere prestigio per l’ottima produzione di olio.
[[Immagine: Uliveto.jpg|thumb|400px|left]]
Il Salento era considerato tra i migliori produttori di olio, tanto che l’olio salentino era conteso con quelli più rinomati come quelli di Provenza e di Lucca. Tale perfezione dell’olio dipendeva anche dall’efficacia del suo frantoio, dato che Presta analizzando i frantoi delle altre zone e notando i loro difetti non era riuscito a trovare un frantoio migliore della “macine verticale” usata nel Salento. Quello fiorentino era difettoso in quanto solcato, mentre quello Genovese e quello Provenzale erano di taglio strettissimo. Grazie ai suoi successi e ai risultati da lui ottenuti il Salento continuava a ottenere prestigio per l’ottima produzione di olio.
 
==='''Prima parteDell'ulivo'''===
 
Il tema scelto nella prima parte dell’opera è l’olivo. Presta aprì il trattato con un’accurata descrizione di questa pianta, dicendo che per quanto riguarda la sua utilità sicuramente tra tutte l’olivo era il migliore: “di quanti mai vi son’alberi finor noti sopra la terra, se si ha riguardo all’utilità, che ciascun arreca, si può dire senza fallo, che l’Ulivo è il migliore tra tutti, l’Ulivo è il primo tra tutti, l’Ulivo è il Re”. In questa prima parte c’era un riferimento ai tempi antichi dove si confermava la sua tesi, infatti i Greci consideravano l’ulivo una pianta “divina”. L’ulivo, diceva Presta, era una delle piante che vivevano più a lungo, sicuramente alcuni secoli e riporta diverse tesi sulla sua propagazione:
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* i “piantoni”, preferiti dai Romani;
* i “Curmoni”, voce che deriva dal greco;
* gli “uovoli”, già accennati da Lucio Giunio Moderato Columella e usati dai caabresicalabresi con il nome di “topparelle”;
* “gli ulivastrelli o nati spontaneamente, o fatti nascer dal seme, e innestati”, considerato da Presta il metodo migliore.
Dei metodi di propagazione dell’olivo elencati dal Presta, due sono quelli oggi utilizzati dai vivaisti:
* la talea (autoradicazione di talee semilegnose);
* l’innesto (propagazione per seme e successivo innesto).
Presta continuava analizzando il comportamento dei contadini e riportando le cause dei danni che l’ulivo poteva subire:
* “la seccagione pel freddo”, considerato il più grande nemico dell’olivo;
* “la seccagione pel freddo”, considerato il più grande nemico dell’olivo;
* “il mal della Brusca”, che colpiva solo gli ulivi “Ogliaroli” tipici del Salento; - - “la Rogna, che suole infestare gli Ulivi”;
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* il “bruco minatore” .
 
==='''Seconda parteDell'ulive'''===
 
Nella seconda parte l’autore riporta un elenco dei vari tipi di olive scoperti nel Salento: “così da anno in anno in questi nostri uliveti osservando mi è riuscito di rinvenircene non meno di cinquanta sorte diverse, e le anderò qui ad una ad una or dicendo, e parlerò poi di molte delle medesime, alloracchè di preciso esaminerò quali siano le ulive fornite di maggior quantità di olio, e quali il versar più delicato, e più fine, il chè è stato uno dei più importanti miei scopi.
Nella seconda parte si passa all’illustrazione delle olive per peso lunghezza e colore. L’autore riportò proprio un elenco dei vari tipi di olive scoperti nel Salento:
Le varietà di olive illustrate vengono descritte per peso lunghezza e colore, ma anche per quantità e qualità di olio prodotto.
* l’oliva grossa ovale detta “uliva grossa” o “uliva di Spagna”, chiamata dai Greci e dai Latini “Orcas, Orchis, Orchitis”. La sua polpa è “soda”e produce un olio molto delicato.
* “L’uliva grossa di punta tronca” chiamata dai Tarantini “Uliva Cazzarola”, mentre dal resto dei salentini “uliva grossa da cazzare bianco”.
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* L’oliva grossa ovale meno lunga delle altre.
* La “Angelica Palmieri”, buona anche cruda. Questa oliva grossa ha la pelle macchiata e le macchie sono presenti anche sul nocciolo. Essa è ovale ed è chiamata angelica per il suo squisito sapore.
* “L’uliva grossa cordiforme”fatta dettaa “Permezana”,pendente chechiamata èa laTaranto più grossa“Uliva di tutte,pienaSpagna” diutilizzata polpaper e proviene dala Monopolisalamoia.
* “L’uliva grossa “cordiforme” detta “Permezana”, che è la più grossa di tutte,piena di polpa e proviene da Monopoli.
* “L’uliva in forma di limoncello” detta a Monopoli la “Limoncella”.
* L’oliva chiamata dai tarantini la “Mennella”e dal resto dei salentini “minna o minnedda”. Essa non produce troppo olio.
* La “Mennella”“piccola Mennella” presenta una varietà molto più piccola che l’autore chiama “piccolla mennella”, che ha un sapore quasi dolce.
* “L’uliva dolce”, la cui forma è simile a quella di una pera.
* L’oliva “Cerasola” di Tricase, la quale matura è di colore rossastro ed ha un forma a pendente. Essa scarseggia di olio.
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* “L’uliva tonda di Galatone”, la quale produce poco olio.
* La “Termetone”, che appartiene ad un ulivo che nasce spontaneamente ed ha una forma tondeggiante, di polpa soda e scarseggia sulla quantità di olio. Presta chiama questa varietà “Ulivastrone”.
* “L’Ulivastrona dolce”, stessa figura tondeggiante della precedente però un po’ più piccola. Ha un sapore molto dolce.
* La “Palmierina”, piccola e ovale, di colore prima rosso e poi nero. L’autore la vide la prima volta nell’uliveto di Giuseppe Palmieri.
* “L’uliva a ciocca”, così chiamata in quanto l’albero allega i frutti a ciocche. Questa oliva verso un olio di sapore molto fine.
* L’oliva “Manna”, piccola e di sapore molto dolce, molto simile per il colore e la figura all’oliva “Ogliarola”.
* L’oliva detta “Cellina legittima”, “di un nero vivissimo, e lustro, quandocchè sia perfettamente matura”. Quest’ultima, conosciuta anche con altri nomi, Morella, Saracena, Scuranese, Cellina di Nardò ecc. , insieme all’Ogliarola è la varietà più coltivata oggi nel Salento.
Presta riporta anche altre varietà di olive e tra queste le tre olive di origine toscana, affermando che “l’infrantoia” è la migliore razza di ulivo,. e le tecniche usate a Firenze che Marco Lastri gli aveva detto nella loro corrispondenza epistolare.
 
==='''Della maniera di cavar l'olio'''===
 
==='''Terza parte'''===
[[Immagine: macina.jpg|thumb|190px|right|Macina]]
 
La terza parte illustra i metodi utilizzati per ricavare l’olio. LaScrive il Presta, “la prima maniera perdunque ricavaredi cavar l’olio, erapar, spremereche lesia olivestata quella di spremere con le mani oppurele schiacciarleulive conschiacciate, a un di presso, come tra noi costumano i contadini, o pur di cavarlo co’ piedi, “cosìsiccome sembraè di uso non che nel Regno di Marocco, ma in molti Paesi di questo medesimo Regno”. Sembra che in questo modo l’olio fossesia stato scoperto”scoperto e che il primo uso che se ne fece fu quello di spalmarlo sulla pelle e di usarlo come condimento per i cibi. UtilizzareIn questaseguito venne molto utilizzato per illuminare le strade accendendo le fiaccole. I Greci, invece, utilizzavano il “Trapetum”, ritenendo che la tecnica sopra descritta richiedeva una grande perdita di tempo,. infattiSecondo iil Greci utilizzavanoPresta il “Trapetum”,Trapetum cioèdei Greci era il frantoio che nel 1780 fu ritrovato negli scavi di Stabia. nel“Consiste 1780esso in una gran vasca, o gran mortajo di pietra vulcanica, o del Vesuvio, entro cui pendono perpendicolari, e girano intorno due porzioni di sfera concentriche, infilate pel loro centro, ed acconce in un asse, che gira appoggiato, e sostenuto da un perno di ferro conficcato in una colonnetta, che si eleva dal mezzo del mortajo medesimo. Il frantoio si diceva riducesse in polvere anche il nocciolo e questo poteva rovinare il sapore dell’olio, in realtà questo non era vero. Il frantoio usato a Firenze era, però, molto difettoso rispetto agli altri paesi che usavano la più efficace macina verticale non solcata: “Tolta Firenze, gli altri noti olearii Paesi si vagliono di un Frantojo a macine verticaleverticle non solcata, ma liscia, o piuttosto col dosso un po’ scabro, acciochè le ulive, e i noccioli non sdrucciolino, e non isfuggano di sotto la macine, ma rimangano bene stacciati”. “Diremo qualche nonnulla ora del Torchio”, prosegue il Presta, “ma che mai dirne, che ben si comprenda, se peggio, che dei Frantoj non se ne trova appo i libri antichi”. Quindi per migliorare la produzione dell’olio è fondamentale l’azione dell’uomo, per questo Presta descrive le macchine e gli strumenti utilizzati in maniera molto accurata. La terza parte è sicuramente la più importante, in quanto l’autore ci mostra le tecniche usate e il modo per ricavare un buon olio. Presta, con le sue opere, voleva spronare il lettore ad utilizzare i suoi metodi per dare un contributo allo sviluppo socio-economico del suo territorio.
 
=='''Bibliografia'''==