Giovanni Presta: differenze tra le versioni
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[[Immagine: Ulivo1.jpg|thumb|250px|left]]
Giovanni Presta dedicò la sua prima opera all’imperatrice di Russia Caterina II che “''per mezzo del Ministro di Napoli signor duca di Serracapriola
===Dedica===
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* L’oliva dolce di “''Barbarano''” che ha poca polpa e produce poco olio.
* L’oliva chiamata da Presta “''uliva albicocca''” in quanto è composta da due metà formate a cucchiaio come un’albicocca. Questa oliva non è adatta per produrre olio in quanto sarebbe di scarsa qualità.
* “''L’uliva Baresana''”, così chiamata perché giunse la prima volta da Bari.
* La “''Pasola''”, anticamente “''Pausia, Posia, e Posea''”. Si divide in tonda dolce, tonda amara, ovale dolce e ovale amara.
* La "''Cornolara, o Corniola''" che si divide in maggiore,minore e piccola “''Cornolara''”. Scarseggia di olio però il suo olio mantiene un buon sapore per molti anni.
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[[Immagine: macina.jpg|thumb|300px|right|Macina]]
La terza parte illustra i metodi utilizzati per ricavare l’olio. Scrive il Presta, “''la prima maniera dunque di cavar l’olio, par, che sia stata quella di spremere con le mani le ulive schiacciate, a un di presso, come tra noi costumano i contadini, o pur di cavarlo co’ piedi, siccome è di uso non che nel Regno di Marocco, ma in molti Paesi di questo medesimo Regno''”. Sembra che in questo modo l’olio sia stato scoperto e che il primo uso che se ne fece fu quello di spalmarlo sulla pelle e di usarlo come condimento per i cibi. In seguito venne molto utilizzato per illuminare le strade accendendo le fiaccole. I Greci, invece, utilizzavano il “''Trapetum''”, ritenendo che la tecnica sopra descritta richiedeva una grande perdita di tempo. Secondo il Presta il Trapetum dei Greci era il frantoio che nel 1780 fu ritrovato negli scavi di Stabia. “''Consiste esso in una gran vasca, o gran mortajo di pietra vulcanica, o del Vesuvio, entro cui pendono perpendicolari, e girano intorno due porzioni di sfera concentriche, infilate pel loro centro, ed acconce in un asse, che gira appoggiato, e sostenuto da un perno di ferro conficcato in una colonnetta, che si eleva dal mezzo del mortajo medesimo''”. Il frantoio si diceva riducesse in polvere anche il nocciolo e questo poteva rovinare il sapore dell’olio, in realtà questo non era vero. Il frantoio usato a [[Firenze]] era, però, molto difettoso rispetto agli altri paesi che usavano la più efficace macina verticale non solcata: “''Tolta Firenze, gli altri noti olearii Paesi si vagliono di un Frantojo a macine verticale non solcata, ma liscia, o piuttosto col dosso un po’ scabro, acciochè le ulive, e i noccioli non sdrucciolino, e non isfuggano di sotto la macine, ma rimangano bene stacciati''”. Dice il Presta che “''quando la sollecitudine del lavoro, che di esso si vanta, fosse anche vera''”, diversi sono i motivi per cui la macina verticale si fa preferire al frantoio. Dopo aver parlato del frantoio antico l’autore si sofferma sul torchio o strettoio “''a’ tempi di Plinio inventatosi''”, utilizzato per la spremitura della pasta dalla quale si ottiene l’olio. Nel capitolo IV della terza parte egli descrive la struttura e l’uso del torchio, soffermandosi in particolare sulla forza necessaria per azionare il torchio a due viti e il torchio a una vite, concludendo “''che fia sempre meglio adoprar l’argano nel torchio a una vite, che al torchio a due, e del torchio a una vite, io dalla ragione, e dalla sperienza ammaestrato mi avvalgo''”. Si può tranquillamente affermare, senza paura di essere smentiti che per migliorare la produzione dell’olio è fondamentale l’azione dell’uomo.
==Bibliografia==
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