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==Inquadramento storico==
 
L’esperienza millenaria degli agricoltori riconosce che i terreni non sono tutti uguali e che a caratteristiche diverse corrispondono capacità diverse di nutrire i raccolti. Fino dai primordi della scienza della coltivazione i primi cultori della materia hanno cercato, quindi, di distinguere i terreni tentando di individuare le peculiarità secondo le quali realizzarne le categorie [[Tassonomia|tassonomiche]]. La classificazione del maggiore agronomo latino, [[Lucio Giunio Moderato Columella]] è, peraltro, alquanto semplice, seppure sia corredata dalle istruzioni per realizzare alcuni facili test sulle proprietà del suolo.<ref name="Columella">Antonio Saltini, ''Storia delle scienze agrarie'', vol I, 1984, pp. 57-66</ref>
 
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Nel [[Rinascimento]], il bresciano [[Agostino Gallo]] offre un’interessante elencazione di suoli di caratteristiche diverse nel capitolo sui lavori del terreno.<ref name="Gallo">Idem, Ibidem, vol. I, 1984, pp. 333-341</ref>
[[Immagine:Dokuch.jpg|thumb|right|150px|<center>[[Vasilij Dokučaev]]</center>]]
 
Nel [[XVII secolo|Seicento]] l’inglese [[John Evelyn]] propone una dotta disquisizione sulle proprietà del suolo, che non fa che riproporre, nella sostanza, i concetti più evanescenti della fisica aristotelica. [[Théodore de Saussure]] assicura un criterio cardinale per la futura scienza del suolo, impegnandosi nell’analisi delle ceneri dei vegetali, il presupposto della conoscenza degli elementi la cui presenza nel suolo favorisce il loro sviluppo.<ref name="Saussurre">Idem, Ibidem, vol II, 1987, pp. 504-512</ref> Mentre il concetto di fertilità [[chimica]], concetto chiave sul piano agronomico degli studi sul suolo, viene progressivamente precisato da [[Justus von Liebig]] e dagli inglesi [[John Bennet Lawes]] e Henry Gilbert, un agronomo francese, [[Adrien de Gasparin]], pone le fondamenta dello studio fisico del terreno che ricalcando un precursore [[svizzera|elvetico]], ''Schuebler'', propone i metodi per analizzare undici [[proprietà fisiche del terreno]], dal colore all’adesività.<ref name="schuebler">idem, Ibidem., vol. III, 1989, pagg.219-239</ref>