Discussione:Mantra/sandbox: differenze tra le versioni
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Un mantra, rigorosamente in [[lingua sanscrita]], può essere recitato ad alta voce, sussurrato o anche solo enunciato mentalmente, nel silenzio della meditazione, ma sempre con la corretta intonazione, pena la sua inefficacia. Va inoltre evidenziato che un mantra non lo si può apprendere da un testo<ref>Alcuni mantra sono riservati e i testi li riportano in maniera [[crittografia|criptata]] per salvaguardarne la segretezza.</ref> o da generiche altre persone, ma viene trasmesso da un ''[[guru]]'', un maestro cioè che consacri il mantra stesso, con riti che non sono dissimili dalla consacrazione delle [[icona|icone]]<ref>G. Flood, ''L'induismo'', ''Op. cit.'', p. 303 e segg.</ref>.
L'atto di enunciare un mantra è detto ''uccāra'' in sanscrito; la sua ripetizione rituale va sotto il nome di ''japa'', e di solito è praticata servendosi dell<nowiki>'</nowiki>''akṣamālā'', un rosario risalente all'epoca vedica
{{q|Ogni ripetizione indefinita conduce alla distruzione del linguaggio; in alcune tradizioni mistiche, questa distruzione sembra essere la condizione delle ulteriori esperienze. Un aspetto importante nell<nowiki>'</nowiki>''uccāra'' è il controllo della resipirazione. Frequente, soprattutto nelle tradizioni tantriche, è l'accompagnamento della ''japa'' con le ''[[mudrā]]'', gesti simbolici effettuati con le mani, e con pratiche di visualizazione. Uno dei significati di ''uccāra'' è "movimento verso l'alto", e difatti nella visualizzazione interiore il mantra è immaginato risalire nel corpo del praticante lungo lo stesso percorso della [[kundalini|kuṇḍalinī]], l<nowiki>'</nowiki>''energia'' interiore.<ref>A. Padoux, ''Tantra'', ''Op. cit.'', p. 142 e segg.</ref>. ===I ''bīja''===
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