Mario Roatta: differenze tra le versioni

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Con l'insediamento del [[Governo Badoglio I|nuovo governo retto da Badoglio]], Roatta conservò la sua carica di capo di stato maggiore dell'esercito. Toccò a lui, durante il difficile periodo dei 45 giorni, reprimere le manifestazioni per la fine del regime, attraverso la circolare<ref>Lorenzo Rizzato, ''25 luglio: Che faranno i tedeschi?'', su Storia illustrata n° 257, Luglio 1979, pag. 16: "Il 27 luglio veniva proclamato lo stato di guerra e sempre lo stesso giorno veniva diffuso dal comando supremo, diretta ai comandi periferici la famigerata circolare "Roatta""</ref> in cui si dava ordine alle forze armate e alle forze dell'ordine di intervenire, anche con la forza, nella repressione di ogni manifestazione.
{{quote|...poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in seguito. Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine....muovendo contro gruppi di individui che perturbimo ordine o non si attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di combattimento e si faccia fuoco a distanza, anche con mortai e artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche.|La circolare diffusa da Roatta<ref>Lorenzo Rizzato, ''25 luglio: Che faranno i tedeschi?'', su Storia illustrata n° 257, Luglio 1979, pag. 16</ref>}}
Fu in seguito a questi ordini di Roatta che nei cinque giorni successivi al 25 luglio 1943 si ebbero, negli scontri, 93 morti, 536 feriti e 2.276 arresti.<ref>Angelo Del Boca, Italiani, brava gente? Un mito duro a morire, Neri Pozza, Vicenza, 2005.</ref>
 
Il [[9 settembre]] [[1943]] come molti ufficiali del suo rango [[Fuga del re Vittorio Emanuele III|lasciò Roma]] insieme al Re [[Vittorio Emanuele III]] e a [[Badoglio]], imbarcandosi sulla [[corvetta]] Baionetta, che lo portò nelle retrovie Alleate del sud Italia. Fu accusato per la [[mancata difesa di Roma]], città di cui era responsabile e che era stata rapidamente occupata dalla [[Wehrmacht]] tedesca.