Martin Heidegger: differenze tra le versioni
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| Riga 146: Heidegger volge così sempre più il suo pensiero a un atteggiamento [[mistico]], sintetizzabile nella formula «ormai solo un dio ci può salvare», che egli pronunciò in una celebre intervista.<ref name="intervista" /> Egli intende lanciare una sorta di allarme nei confronti della tecnica, con cui l'uomo mette a repentaglio se stesso nell'obiettivo di conseguire l'egemonia sull'ente, obiettivo che lo ha infatti portato, egli sostiene, sulla soglia dell'[[era atomica]]. Si tratta quindi, di fronte al predominio della tecnica, di approdare ad un'etica originaria, attraverso una duplice condotta: * l'[[abbandono (religione)|abbandono]] agli enti, agli oggetti del mondo, ossia una disposizione mentale che, riconoscendo sul nascere gli schemi di pensiero  * l'apertura al [[mistero]], che consiste nel mantenersi aperti, mediante una tale [[meditazione]] sulla tecnica, alla possibilità di una nuova manifestazione della verità dell'Essere. Questo atteggiamento meditabondo, che recupera la [[mistica renana|mistica renano-fiamminga]] rappresentata soprattutto da [[Meister Eckhart]], [[Johannes Tauler]] ed [[Enrico Suso]], non esclude neanche il [[silenzio]] quale modo per cercare di superare le forme linguistico-concettuali della metafisica, il che non significa affatto rinunciare ad indagare i «massimi problemi». Occorre piuttosto trovare un altro mezzo che possa farci riaccostare all'Essere senza i limiti del linguaggio. La [[poesia]] può servire a questo. Essa infatti è la prima forma di linguaggio che, per la sua giovinezza, maniene ancora intatta la freschezza dell'Essere.<ref name="Perone"/> | |||