Third Text: differenze tra le versioni

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== Approccio ==
La rivista focalizza la sua attenzione sul contesto globale privilegiando pubblicando saggi che contribuiscono al dibattito critico. "Third Text" non ha mai accettato di essere definita come anti-razzista, [[Multiculturalismo|multiculturale]] o [[postcolonialismoStudi postcoloniali|postcoloniale]]<ref>''Third Text Reader on Art, Culture and Theory: Art, Culture, and Theory'', (a cura di Rasheed Araeen, Sean Cubitt, Ziauddin Sardar), Londra, Continuum International Publishing Group, 2002.</ref>. ''Third Text'' prende in esame (per smantellarlo) il contesto teorico e storico con il quale l’Occidente legittima ed esercita il suo «diritto alla storia», la sua posizione di arbitro supremo e inappellabile, unico giudice cui spetti il compito di stabilire ciò che è significativo e ciò che non lo è, in campo artistico.
 
Durante il primo decennio di pubblicazione lo scopo principale della rivista era denunciare la chiusura istituzionale del mondo dell'arte e degli artisti che ne facevano parte. In seguito, come Sean Cubitt ha sintetizzato<ref>Ibidem</ref>, l'obiettivo di "Third Text" è diventato l'indagine sul fenomeno dell'assimilazione dell'esotico nei nuovi contesti artistici. Nel [[1999]] Rasheed Araeen parlando della sua rivista dichiara l'intenzione di "demolire i confini che separano [[arte]] e [[critica d'arte]]". Scrivere equivaleva per lui ad alzare la voce contro il discorso egemonico del mondo dell'arte che lo aveva classificato come stereotipo etnico, impedendogli di diventare un artista. I contenuti e l'approccio di "Third Text" sono inseparabili dallo sguardo di [[Rasheed Araeen]], tanto che è possibile considerare e analizzare la rivista come un'opera d'arte dello stesso artista e intellettuale. In tutta la sua produzione Araeen segnala un’assenza: condanna un’esclusione deliberatamente operata dall’establishment britannico a danno degli artisti non inglesi. Artisti africani, asiatici e caraibici sono stati condannati all’oblio, sono stati «soppressi dalla storia». Nessuno pare disposto a riconoscere il fatto che molti di loro abbiano partecipato alla costruzione e alla critica dell’attuale scena artistica e che alcuni siano stati addirittura figure centrali nella nascita del modernismo o dell’avanguardismo. Araeen predica una radicale decostruzione, revisione e ridefinizione della storia dell’arte moderna, una rilettura che riempia i silenzi ed eviti i facili esotismi e le ormai più che istituzionalizzate derive multi-culturali o post-coloniali, che lui liquida come appropriazioni edulcorate, ideologiche e strumentali, deformate da una costruzione dell’Altro che risponde ad una percezione monolaterale e predeterminata e ad una altrettanto unilaterale e predeterminata valutazione.