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Nel periodo che va dall'armistizio ([[8 settembre]] [[1943]]) all'immediato dopoguerra, Trieste fu al centro di una serie di vicende che hanno segnato profondamente la storia del capoluogo giuliano e della regione circostante e suscitano tuttora accesi dibattiti. Nel settembre del [[1943]] la [[Germania nazista]] occupò senza alcuna resistenza la città che venne a costituire, insieme a tutta la [[Venezia Giulia]] una zona di operazioni di guerra, l'[[Zona d'operazioni del Litorale adriatico|OZAK]] (''Operationszone Adriatisches Küstenland''), alle dirette dipendenze del Gauleiter di [[Carinzia]] [[Friedrich Rainer]]. Egli tollerò in città la ricostituzione di una sede del [[Partito Fascista Repubblicano|PFR]], diretta dal federale Bruno Sambo, la presenza di un'esigua forza di militari italiani al comando del generale della [[Guardia Nazionale Repubblicana|GNR]] Giovanni Esposito e l'insediamento di un reparto della [[Guardia di Finanza]]. Si riservò però la nomina del [[podestà]], nella persona di Cesare Pagnini, e del prefetto della [[provincia di Trieste]], [[Bruno Coceani]], entrambi ben accetti ai fascisti locali, alle autorità della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] e allo stesso [[Mussolini]], che conosceva personalmente Coceani. Durante l'occupazione [[nazisti|nazista]] la [[Risiera di San Sabba]] - oggi Monumento Nazionale e museo - venne destinata a campo di prigionia e di smistamento per i deportati in [[Germania]] e [[Polonia]] e per detenuti politici, partigiani italiani e slavi. La presenza del forno crematorio nella Risiera testimonia che non fu utilizzata solo come luogo di smistamento e di detenzione di prigionieri, ma anche come campo di sterminio. Si tratta dell'unico campo di concentramento nazista presente in territorio italiano. In seguito, nei primi [[anni 1950|anni cinquanta]] la Risiera fu usata come campo profughi per gli [[Esodo istriano|esuli]] istriani, fiumani e dalmati in fuga dai territori passati alla sovranità jugoslava.
 
=== La liberazioneL'occupazione jugoslava ===
L'insurrezione dei partigiani italiani e jugoslavi a Trieste fu contraddistinta da uno svolgimento anomalo. Il [[30 aprile]] [[1945]] il [[Comitato di Liberazione Nazionale]] del quale era presidente don [[Edoardo Marzari]], composto da tutte le forze politiche antifasciste con l'eccezione dei comunisti, proclamò l'insurrezione generale; al tempo stesso le brigate dei partigiani jugoslavi con l'appoggio del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] attaccarono dall'altipiano. Gli scontri si registrarono principalmente nelle zone di Opicina (sull'altipiano carsico), del Porto Vecchio, del [[castello di San Giusto]] e dentro il Palazzo di Giustizia, in città. Tutto il resto della città fu liberato. Il comando tedesco si arrese solo il [[2 maggio]] alle avanguardie neozelandesi, che precedettero di un giorno l'arrivo del generale [[Bernard Freyberg|Freyberg]]. Le brigate partigiane jugoslave di Tito erano già giunte a Trieste il [[1º maggio]] e i suoi dirigenti convocarono in breve tempo un'assemblea cittadina composta da cittadini jugoslavi e da due italiani. Questa assemblea proclamò la liberazione di Trieste, così presentando i partigiani di Tito come i veri liberatori della città agli occhi degli alleati spingendo i partigiani non comunisti del CLN a rientrare nella clandestinità.
 
Gli jugoslavi esposero sui palazzi la [[Bandiera della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|bandiera jugoslava]], il [[Tricolore]] italiano con la stella rossa al centro e le bandiere rosse con la [[falce e martello]].