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La '''''Lettera ai Colossesi''''' è uno dei testi del [[Nuovo Testamento]]; secondo la tradizione cristiana fu scritta da [[Paolo di Tarso]] a [[Roma]] durante la sua prima prigionia, probabilmente nell'estate dell'anno [[62]]. L'attribuzione è oggi dibattuta, con la maggioranza degli studiosi che ritiene l'opera un falso compostocomposta da un autore diverso da Paolo che si finse l'apostolo,<ref name="furnishEhrman" /> ma comunque molto antica, composta tra il [[50]] e l'[[80]].<ref name="REBrown">Raymond Edward Brown, ''An Introduction to the New Testament'' (New York: Doubleday, 1997), p. 610: «Al presente il 60% circa degli studiosi sostengono che Paolo non scrisse la lettera».</ref>
L'impianto consiste di due parti: una dottrinale e una pratica. Il primo capitolo contiene i saluti di Paolo ai Colossesi. I successivi due capitoli sono dottrinali e contengono dichiarazioni sul ruolo redentore di [[Gesù]] [[Cristo]], il pericolo del culto falso e l'importanza della risurrezione. L'ultimo capitolo insegna che i "[[santo|santi]]" devono dare prova di saggezza in tutto e chiude la lettera con formule di saluto.
=== Autore ===
La lettera è tradizionalmente attribuita a Paolo, ma dal [[XIX secolo]] il tema è oggetto di discussione e trova ancora oggi gli studiosi divisi. Brown, nel 1997, ha stimato che il 60% degli studiosi moderni ritiene la lettera [[pseudoepigrafia|pseudoepigrafa]], cioè un falso compostocomposta da qualcunoun cheautore nondiverso erada Paolo ma che voleva farsi passare per l'apostolo,<ref name="furnishEhrman">V.P. Furnish, "Colossians, Epistle to the", in ''Anchor Bible Dictionary'', volume 1, pp. 1090-1096. Bart Ehrman, ''Sotto falso nome, verità e menzogna nella letteratura cristiana antica'', Carrocci editore, 2012, ISBN 978-88-430-6627-8.</ref> ma comunque molto antica, composta tra il [[50]] e l'[[80]].<ref name="REBrown" /><ref>Come è stato puntualizzato da diversi studiosi, considerare l'opera come deutero-paolina non significa considerarla un falso. Ad esempio, nell'antichità scrivere a nome di un filosofo che era stato proprio maestro poteva essere considerato un atto di rispetto. Nel caso di Paolo, va inoltre considerato che le sue lettere erano spesso realizzate con l'aiuto di segretari: la stessa "Colossesi", ad esempio, presenta esplicitamente Timoteo come co-autore (cfr. Margaret Y. MacDonald, ''Colossians and Ephesians'', 2008). </ref>. Studi più recenti rilevano comunque la mancanza di consenso tra gli studiosi, anche in ragione della rivalutazione del ruolo dei segretari e collaboratori di Paolo nella stesura dei suoi testi.<ref name="Muddiman">John Muddiman,John Barton, "The Pauline Epistles", "The Oxford Bible Commentary", 2010</ref> Altri studi recenti confermano, invece, l'esistenza di una maggioranza di studiosi che sostiene la pseudoepigrafia della lettera.<ref name="leppa">Outi Leppä, ''The Making of Colossians: A Study on the Formation and Purpose of a Deutero-Pauline Letter'', 2005, pp. 10-11.</ref>
Le argomentazioni contro l'attribuzione a Paolo della lettera riguardano il vocabolario e lo stile, l'assenza di concetti paolini e la presenza di idee non presenti in lettere precedenti, la teologia, la disputa con i falsi maestri e la situazione.<ref>Norman Perrin, ''The New Testament: An Introduction'', pp. 121-123; Raymond Brown, ''An Introduction'', pp. 610-615; Udo Schnelle, ''The History and Theology'', pp. 282-288.</ref> In particolare
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