Anime: differenze tra le versioni
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Con l'avvento di [[internet]] veloce ([[adsl]]) sono nati anche in [[Italia]] i primi gruppi di appassionati che traducono e distribuiscono in rete anime non ancora importati ufficialmente applicando sottotitoli. Queste opere sono dette ''"[[fansub]]"'' parola inglese ottenuta dall'unione di ''fan'' e ''sub'' (abbreviazione di ''subtitles'', "sottotitoli"). Il fansub, sotto il profilo giuridico, non è però un'attività legale, in quanto comporta l'utilizzo e la distribuzione di materiale audio video comunque coperto da [[diritto d'autore]], a nulla rilevando la circostanza che si rivolga a produzioni per le quali non vi sia ancora stata acquisizione di licenza per la distribuzione nazionale: il [[copyright]], infatti, è sempre riservato e qualunque utilizzo del materiale diverso dalla fruizione privata consentita dall'acquisto di una copia originale è appunto subordinato alla concessione della apposita licenza da parte dei detentori. Del resto, anche le operazioni alla base del fansub sono illegali, a partire da quelle di estrazione del video e dell'audio dai supporti originali al fine di diffonderli. La legge italiana sul diritto d'autore, infatti, consente solo la copia privata e non ritiene più rilevante l'assenza dello scopo di lucro, essendo sufficiente il mero profitto tratto, ad esempio, dal mancato acquisto del prodotto originale.
Va detto, tuttavia, che spesso i legittimi detentori del copyright, vale a dire gli autori e, soprattutto, le case di produzione, sembrano tollerare tale attività se contenuta entro certi limiti quantitativi e qualitativi, in quanto un buon riscontro del fansub può favorire la successiva importazione ufficiale del prodotto da parte di operatori commerciali. Come detto, però, il margine di tolleranza è dato dalla qualità e quantità del fenomeno: per essere tollerato, esso non deve trasformarsi in un prodotto concorrenziale con quello ufficiale, e deve quindi mantenere standard di qualità bassi (cosa che in Italia non sembra essere stata ben compresa), e non essere diffuso massivamente.
== Impatto culturale in Italia ==
L'animazione giapponese ha avuto un significativo impatto sulla cultura dei giovani italiani nati dal 1970 in avanti, la cui infanzia è stata caratterizzata dalle serie di animazione giapponesi. In particolare per la prima generazione di spettatori di anime, quella degli anni '70, i personaggi delle serie giapponesi dell'epoca sono diventati un topos letterario, nonchè un elemento di identificazione generazionale, permeando la cultura popolare anche a livello di massa (si pensi ad esempio ai numerosi riferimenti all'animazione giapponese contenuti nei brani di [[Caparezza]]). Su Internet, questo ha dato luogo a punti di ritrovo virtuale molto partecipati, come il [[newsgroup]] [[it.arti.cartoni]].
Questo discorso vale in particolare per un fenomeno tutto italiano, quello delle sigle televisive degli anime: ritenendo gli originali cantati in giapponese inadatti ai bambini italiani, sin dalla fine degli anni '70 essi vennero sostituiti da brani appositamente realizzati in lingua italiana, spesso scritti da grandi musicisti come [[Vince Tempera]] o [[I Cavalieri del Re]]. Successivamente, le sigle dei cartoni animati divennero un fenomeno discografico di rilievo, particolarmente tramite l'attività di [[Cristina D'Avena]]. A partire dalla seconda metà degli anni '90, si è sviluppato un rilevante fenomeno di revival di questo genere di brani, prima online, tramite il [[Progetto Prometeo]], e poi anche in televisione e in radio.
== Relazioni internazionali ==
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