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Il '''time-sharing''' (termine di origine [[lingua inglese|inglese]] che tradotto letteralmente significa "condivisione di tempratempo") è un approccio all'uso interattivo del [[processore]]. L'esecuzione della [[CPU]] viene suddivisa in '''quanti''' temporali. Il time-sharing è l'estensione logica della [[multiprogrammazione]] e non implica che il sistema sia [[multiutente]], ma se lo è allora più utenti possono, con i loro programmi in esecuzione, interagire con il sistema centralizzato ciascuno con un proprio terminale. La [[CPU]] del computer centrale viene utilizzata per rispondere alle richieste dei singoli utenti, passando rapidamente da uno all'altro ([[context switch]]) dando così l'impressione ad ognuno di avere a disposizione il computer centrale interamente per sé ovvero dando l'impressione di un processamento multiplo in parallelo di più processi verso più utenti.
 
Dal momento che i primi [[computer]] [[mainframe]] erano estremamente costosi, non era possibile garantire l'accesso esclusivo ad un singolo utilizzatore per l'uso in modo interattivo. Dal momento che con questa modalità di utilizzo i computer trascorrevano molto tempo in attesa dell'input dell'utente, si pensò di far utilizzare a più utenti lo stesso elaboratore, utilizzando i tempi morti per servire i diversi utenti a rotazione. Allo stesso modo, le piccole porzioni di tempo che trascorrevano nell'attesa dei dispositivi, quali [[disco fisso|dischi]], [[nastro magnetico]] o [[Rete informatica|rete]] potevano essere utilizzati per servire i vari utenti. I computer capaci di fornire servizi in time-sharing normalmente venivano impiegati per lavori in [[batch]] durante la notte.