Ut queant laxis: differenze tra le versioni
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[[File:Ut Queant Laxis.ogg|noicon]]
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[[File:Hymne St Jean Baptiste.png
'''''Ut queant laxis''''' è l'[[inno]] [[Liturgia|liturgico]] dei [[Vespri]] della [[Solennità (liturgia)|solennità]] della natività di [[San Giovanni Battista]] che ricorre il
[[File:Johannes.Hymnus.ogg]]<br>
La fama di questo inno di strofe saffiche, scritto dal monaco storico e poeta [[Paolo Diacono]], si deve a [[Guido d'Arezzo]], che ne utilizzò la prima strofa per trarne i nomi delle 6 [[note]] dell'[[Solmisazione|esacordo]]:<br>
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A ciascuna sillaba qui evidenziata corrisponde infatti, nella musica dell'inno, la relativa [[Nota musicale|nota]] con cui è cantata.<br>
Da tale criterio convenzionale derivano tuttora i nomi delle note musicali: Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La.<ref> Successivamente la sillaba '''ut''' fu sostituita con [[Do (nota)|''do'']]: l'artefice della sostituzione è stato erroneamente identificato in [[Giovanni Battista Doni]], il quale nel [[XVII secolo]] avrebbe a questo scopo impiegato la prima sillaba del proprio cognome; in realtà l'uso della sillaba '''do''' è attestato già nel 1536 (dunque molto prima della nascita di Doni) in un testo di [[Pietro Aretino]]</ref>
<br>Il nome della nota [[Si (nota)|Si]] non si deve a Guido D'Arezzo, ma fu aggiunto solo nel [[XVI secolo]]: infatti il [[canto gregoriano]], e la [[musica medievale]] in genere, non prevedevano l'uso della [[Sensibile (musica)|sensibile]], cioè del settimo grado della scala.<br>Non stupisce pertanto, nella musica dell'inno in questione, che la nota iniziale del settimo e ultimo verso della strofa non prosegua l'andamento diatonico ascendente delle sillabe iniziali dei 6 versi precedenti (non sia cioè un Si, secondo la notazione moderna, ma un Sol).<br>Il nome della settima nota della scala diatonica fu tratto dalle iniziali delle due parole che compongono detto verso: ('''[[Si (nota)|S]]'''ancte '''[[Si (nota)|I]]'''ohannes = Si).
L'inno nella versione originale prosegue così:
: Nuntius celso veniens Olympo
: te patri magnum fore nasciturum,
: nomen et vitae seriem gerendae
Riga 24:
: Ille promissi dubius superni
: perdidit promptae modulos loquelae;
: sed reformasti genitus peremptae
: organa vocis.
Riga 30:
: Ventris abstruso positus cubili
: senseras regem thalamo manentem,
: hinc parens nati meritis uterque
: abdita pandit.
Riga 36:
: civium turmas fugiens, petisti,
: ne levi saltim maculare vitam
: famine posses.
: Praebuit hirtum tegimen camelus,
Riga 43:
: mella locustis.
: Caeteri tantum cecinere vatum
: corde praesago iubar adfuturum;
: tu quidem mundi scelus auferentem
Riga 49:
: Non fuit vasti spatium per orbis
: sanctior quisquam genitus Iohanne,
: qui nefas saecli meruit lavantem
: tingere limphis.
Riga 55:
: O nimis felix meritique celsi
: nesciens labem nivei pudoris,
: prepotens martyr heremique cultor,
: maxime vatum!
Riga 61:
: aucta crementis, duplicata quosdam;
: trina centeno cumulata fructu
: te, sacer, ornant.
: Nunc potens nostri meritis opimis
Riga 68:
: dirige calles,
: ut pius mundi sator et redemptor
: mentibus pulsa luvione puris
: rite dignetur veniens sacratos
Riga 74:
: Laudibus cives celebrant superni
: te, deus simplex pariterque trine,
: supplices ac nos veniam precamur:
: parce redemptis!
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