Apis mellifera: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
aggiunta paragrafi |
||
Riga 27:
Originaria del vecchio mondo, [[Europa]], [[Africa]] e parte dell [[Asia]], fu introdotta nei [[continente|continenti]] [[Americhe|americano]] e [[australia]]no. Fu classificata da [[Carolus Linnaeus]] nel 1758 con il nome Apis mellifica, per tale motivo, nonostante sia oramai utilizzata la nuova nomenclatura, alcuni autori utilizzano la denominazione originaria.
==Biologia==
Apis mellifica L.1758 costituisce la società animale più studiata ed ammirata. E’ una società matriarcale, monoginica e pluriannuale, formata da numerosi individui appartenenti a tre caste, tutte alate.
Di norma in un alveare vivono una regina, unica femmina fertile, 40 000 – 100 000 operaie, femmine sterili destinate al mantenimento ed alla difesa della colonia, e, tra aprile e luglio (in Europa), da 500 a 2000 maschi (detti anche fuchi o pecchioni), questi ultimi destinati esclusivamente alla riproduzio- -ne. La specie è polimorfica perché le tre caste sono diverse tra loro.
La regina, straordinariamente prolifica, ha il compito di deporre le uova e di assicurare la coesione della colonia; essa è la prima a sfarfallare dalla sua celletta, è più grande delle operaie e dei fuchi, è provvista di un aculeo, o pungiglione, che usa quasi esclusivamente per uccidere le regine rivali, sue sorelle, anch’esse pronte a sfarfallare. A differenza delle operaie, essa è priva dell’apparato per la raccolta del polline, delle ghiandole faringee e delle ghiandole ceripare. La regina può vivere anche 4 o 5 anni. In relazione alla sua intensissima attività riproduttiva ha un metabolismo più elevato di quello delle operaie, ed ha i corpora cardiaca più sviluppati, mentre i corpora allata sono meno sviluppati che nelle operaie (vedi ANATOMIA ).
I maschi hanno soltanto il compito di fecondare le nuove regine; essi sono più grandi delle operaie ma più piccoli della regina; hanno la ligula molto più corta di quella delle operaie, e perciò sono incapaci di succhiare il nettare dai fiori, e sono privi dell’aculeo, dell’apparato di raccolta del polline, delle ghiandole faringee e delle ghiandole ceripare. Le operaie costituiscono una casta monomorfa e monomegetica, che ripartisce le varie attività sociali secondo le classi di età, cui corrispondono cicli di sviluppo e di regressione di alcune ghiandole esocrine.
La regina è dotata di 150-180 ovarioli e di una spermateca; è distinguibile, appunto, per l’addome più voluminoso. Le operaie sono dotate di 2-12 ovarioli e di una spermateca rudimentale. Esse presentano caratteri morfo-fisiologici propri, diversi da quelli della regina, dei quali alcuni (ad esempio il numero di ovarioli) sono indotti o mantenuti dalla regina stessa mediante l’azione di feromoni; altri caratteri sono indotti dal tipo di alimentazione ricevuto da larva (es. maggiore sviluppo dei denti dell’aculeo, maggiore lunghezza della ligula, presenza nelle zampe di strutture per la raccolta del polline, presenza delle ghiandole della cera,etc.) sulla cui estrinsecazione agiscono sostanze chimiche “rivelatrici” sui tratti cromosomici che li contengono codificati.
Per il maggiore sviluppo dei centri di coordinazione cerebrali (corpi peduncolati), le operaie si rivelano capaci di prestazioni straordinarie, quali la possibilità di trasmettersi informazioni con una sorta di linguaggio simbolico Esse svolgono, inoltre, compiti diversi in ordinata successione dei ruoli a seconda dell’età. Il primo compito della giovane operaia che sfarfalla dalla cella in cui si è sviluppata, è quello di ripulire e levigare le celle di nuova costruzione o quelle che devono essere riutilizzate, nelle quali la regina, sebbene fecondata una sola volta nella vita, depone incessantemente le uova (da 100 fino a 3000 al giorno) (2).
Poi, diventata capace di produrre la “pappa reale” (per lo sviluppo delle ghiandole sopracerebrali che la secernono), l’ape operaia passa ad alimentare le larve (3). Allo scadere della seconda settimana, non producendo più alimento, bensì cera (per regressione delle ghiandole sopracerebrali e sviluppo delle ghiandole cerigene), passa a costruire favi. Indi passa all’esterno dell’alveare, prima per la sola difesa, poi per l’importante compito di bottinatrice, ossia di raccoglitrice di nettare, polline, propoli ed acqua (4).
In questa veste, essa è in grado di trasmettere precise informazioni alle compagne sulla esatta ubicazione di una sorgente di cibo, anche molto distante (fino ad alcuni chilometri), comunicando dati sui rapporti di posizione tra campo fiorito, alveare e sole. La sua abilità di percepire luce polarizzata le consente di individuare la posizione del sole, anche se questo è coperto da nubi, purché sia visibile un’area di cielo sereno. Alla fine di poco più di un mese riprende mansioni casalinghe (ventilazione e riscaldamento del nido, sua pulizia e difesa, etc.), fino a che, sentendo vicina la fine, si allontana dalla comunità e muore lontano da essa per non contaminare l’alveare col suo cadavere.
Nelle operaie l’ovopositore si trasforma in una efficientissima arma, dotata di autonomia e di automatismi tali da assicurare il massimo delle possibilità offensive.
La vita media di un’operaia (da immagine) è intorno ai 30 – 45 giorni; è più lunga se l’ape è nata in autunno e perciò sverna.
Disegno schematico di ape per mostrare l’importanza delle ghiandole faringee e delle ghiandole della cera, durante le diverse fasi della vita di un’operaia.
Le ghiandole faringee raggiungono il massimo sviluppo nelle giovani operaie nutrici, mentre le ghiandole della cera, poste al lato ventrale dell’addome, sono funzionali solo nella fase in cui l’operaia costruisce i favi. Ambedue questi tipi di ghiandole regrediscono nelle bottinatrici (da Karl von Frisch).
==Riproduzione==
L’apparato riproduttore è vestigiale nelle operaie, ma altamente sviluppato nella regina. Generalmente 6-12 giorni dopo lo sfarfallamento (non oltre 3-4 settimane), una giovane regina si accoppia con parecchi fuchi (mediamente 8) nel corso dei voli nunziali, in cui ciascun maschio, attratto ed eccitato dal movimento della femmina e dai feromoni sessuali che si diffondono da suo
corpo, immette i propri spermi nelle sue vie genitali. Gli organi copulatori del maschio vengono poi strappati per rimanere nella borsa copulatrice della femmina (costituendo il cosiddetto segno di fecondazione) finché le operaie non li estraggono dopo che essa è ritornata all’alveare. Gli spermi così ricevuti nella sua spermateca devono servire per tutte le uova fecondate che essa deporrà in seguito. I suoi ovarioli si ingrossano fino a riempire il lungo addome, e dopo 1-2 giorni essa comincia ad ovideporre. La regina ha la facoltà di controllare il processo di fecondazione. Le uova non fecondate (o partenogenetiche, o vergini) producono fuchi, geneticamente apolidi, con 16 cromosomi (partenogenesi arrenotoca, che dà origine solamente ad individui di sesso maschile), mentre le uova fecondate producono, per eterozigosi degli alleli sessuali, femmine diploidi, con 32 cromosomi. Eventuali maschi diploidi, prodottisi per omozigosi, vengono riconosciuti nel primo stadio larvale dalle nutrici, che li eliminano.
Nel periodo in cui il raccolto di nettare è abbondante, una regina arriva a deporre fino a 2000-3000 uova al giorno, attaccando ciascun uovo sul fondo di una cella.
L’uovo si schiude dopo circa 3 giorni dopo la deposizione e ne emerge una minuscola larva vermiforme, apoda e anoftalma (priva di occhi composti). Le larve dei maschi restano apolidi solo nel primo stadio; prima della muta la maggioranza delle cellule diviene diploide; apolidi restano solo, oltre alle cellule germinali, anche le cellule che daranno origine all’intestino, ai tubi malpighiani, ecc.
==Apparato boccale==
L’apparato boccale tipico degli insetti era in origine masticatore, quale si ritrova ancora negli Ortotteri, Coleotteri, etc. Gli adattamenti dovuti ai regimi alimentari hanno però determinato negli insetti radicali trasformazioni. Nell’ape, i pezzi originari si sono trasformati costituendo un apparato boccale lambente e succhiante. Il complesso maxillo-facciale si piega tra cardini e stipiti, e si sposta un po’ all’indietro sotto il cranio, costituendo un canale temporaneo per suggere il nettare. L’organo aspirante, lungo e flessibile, è formato dalle glosse labiali; per mezzo di questo le api raccolgono il nettare e manipolano il miele nell’arnia. I lati di questa ligula sono ripiegati verso l’interno e verso il basso, fino quasi ad incontrarsi, per formare un tubo racchiuso dalle mascelle e dai palpi labiali.Il labium (labbro inferiore) è provvisto di palpi assai sviluppati e 4-articolati (con il primo articolo molto allungato e piuttosto largo, il secondo più corto, gli ultimi
|