Lo scudo di Talos: differenze tra le versioni
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===Seconda parte===
In seguito alla gloriosa morte di Brithos, Talos viene riconosciuto come spartano e unico superstite della famiglia dei
Una sera, in preda allo scoramento, si sta per suicidare, ma l'arrivo di Lahgal, divenuto ora servo del re Pausanias, che gli comunica che se compirà una missione per conto del re, potrà poi tornare a Sparta.
A [[Bisanzio]] Pausanias illustra a Kleidemos i suoi piani futuri: vorrebbe, coll’aiuto del re di Persia, rovesciare gli [[Eforo|Efori]] e re [[Leotichida]]s, instaurando un regime dove gli Spartiati e gli Iloti sarebbero riconosciuti come uguali; Kleidemos accetta di partire con Lahgal per dirigersi a Kelainai, in [[Frigia]], dove consegnerà un messaggio di Pausanias e attenderà la risposta.
Giunto a Kelainai, Kleidemos incontra il [[satrapo]] [[Artabazo]]s, che assicura il suo completo appoggio ai progetti di Pausanias.
Kleidemos riferisce quanto detto da Artabazos a Pausanias, appena tornato a Bisanzio; Pausanias gli riferisce, invece, di essersi incontrato con Karas, che gli ha detto che gli Iloti sono pronti e che aspettano un segnale di Kleidemos. Dopo questa discussione, Kleidemos si imbarca per la Grecia, visto che Pausanias gli ha ordinato di tornare a Sparta per tenersi pronto.
Pausanias, tornato in patria anche lui, riceve un biglietto di Lahgal, che lo invita a recarsi in un luogo isolato per parlare con lui; non spiegandosi perché sia ancora vivo, visto che aveva ordinato a Kleidemos di ucciderlo, Pausanias spera di poter indurlo a non parlare cogli Efori, ma non sa che dietro la casa sono appostati degli Spartiati, pronti a testimoniare contro di lui quando lo sentiranno confessare i suoi crimini; infatti, nello scusarsi con Lahgal, Pausanias confessa le sue trame cogli Spartani (ma non accennando a Kleidemos); sulla via del ritorno, accorgendosi che gli Efori lo aspettavano per arrestarlo, Pausanias si rifugiò in un tempio, dove fu murato vivo e morì di stenti.
All’inizio dell’inverno del [[464 a.C.]] Kleidemos lasciò la sissitia, andando a vivere nella casa dei Kleomenidi. Lì Kleidemos ordina al più vecchio e fedele dei servitori iloti, Alesos, di andare a prendere sua madre adottiva sul Taigeto e di portargliela. La madre, su sua richiesta, gli comunica che Antinea e il padre Pelias vivono in Messenia, a tre giorni di cammino; di Karas, invece, confessa di non sapere più nulla da ben tre mesi.
Pochi giorni dopo i capi anziani degli Iloti [[Massacro di capo Tenaro|vennero massacrati a capo Tenaro]], nel tempio di [[Poseidone]] dove si erano rifugiati. La mattina dopo, ignaro dell’accaduto, Kleidemos partì per andare a trovare Antinea e, una volta rimessosi dal difficile viaggio, racconta a lei e al padre le sue vicende; dopodiché, quella notte, si unisce ad Antinea, e riparte il mattino dopo. Sulla via del ritorno, però, si verifica un [[Terremoto di Sparta del 464 a.C.|violentissimo sisma]] e, tornato in città, Kleidemos scopre che Sparta è in gran parte distrutta; poco dopo, vede gli Iloti scendere dalla montagna per attaccare la città e resta a guardare i combattimenti sostenuti dai pochi Spartiati rimasti, che resistono valorosamente e respingono l’attacco. Dopo il combattimento, Karas giunge a casa di Kleidemos, cieco da un occhio, visto che la [[Crypteia]] l’aveva torturato senza risultato per sapere cosa gli aveva detto Pausanias, e chiede a Kleidemos di scegliere definitivamente con chi schierarsi: Spartiati o Iloti. Kleidemos decide di tornare dagli Iloti ma, prima, recupera dall’Eforo Episthenes il rotolo che Leonida aveva scritto prima delle Termopili; l’aveva dato a lui e Brithos, ma una notte un inviato della Crypteia gliel’aveva sottratto, sostituendolo con uno bianco.
Dopo aver preso il rotolo, Kleidemos, ridiventato Talos il Lupo, torna dagli Iloti: Karas toglie la maledizione dalla spada di [[Aristodemo (re di Messenia)|Aristodemo]] e Kleidemos guida gli Iloti a ricostruire la loro città leggendaria, [[Ithome (monte)|Ithome]], che viene fortificata e sistemata in vista di un assedio. Il primo anno di [[Terza guerra messenica|combattimenti]] le truppe ateniesi di [[Cimone]], simpatizzanti degli Iloti, vengono cacciate dagli Spartani; Cimone viene [[Ostracismo|ostracizzato]] dagli Ateniesi, che restaurano un governo anti-spartano.
Il secondo anno Antinea, dopo aver avuto il bambino viene colpita da un dardo spartano, ma si salva e si rimette; anche quell’estate gli Iloti resistono valorosamente contro le superiori forze nemiche.
Il terzo anno, però, Talos sa di non poter resistere; ordina quindi a Karas di sgomberare donne, vecchi e bambini prima che riprenda l’assedio. Dopodiché, si incontra personalmente col re spartano [[Plistarco|Pleistarchos]] per chiedergli di togliere l’assedio, ma questi rigetta la proposta; Talos tenta di convincerlo dicendogli che [[Leonida I|Leonidas]] avrebbe voluto concedere la cittadinanza agli Iloti (riferendosi al rotolo che aveva scritto prima della battaglia), ma Pleistarchos non gli crede.
La battaglia inizia quella notte, ma mentre si combatte arditamente da entrambe le parti dei messaggeri interrompono la battaglia: gli Efori chiedono, sulla base di un [[oracolo di Delfi]], di sospendere la battaglia, lasciando che gli Iloti possano andare a colonizzare un luogo offerto loro dagli Ateniesi.
Il libro si conclude quando, finiti i festeggiamenti, Karas torna a cercare Talos: ne trova solo l’armatura, che potrà indossare nuovamente quando il suo popolo sarà nuovamente in difficoltà.
== Note storiche ==
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