Assedio di Emesa: differenze tra le versioni
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L'
==Contesto storico==
Dopo una decisiva vittoria nella [[Battaglia di Ajnadayn]], l'esercito islamico [[Assedio di Damasco|conquistò Damasco]] dopo un lungo assedio nel settembre [[634]]. L'armata continuò quindi la propria avanzata verso nord e, nel tardo 635, [[Abu Ubayda ibn al-Jarrah]] ordinò a [[Khalid ibn al-Walid]] e alla sua guardia di iniziare l'assedio di Emesa, a cui si unì in seguito con il grosso delle truppe. Le guarnigioni Bizantine di [[Emesa]] e [[Qinnasrin]] proposero una tregua con l'esercito Arabo. Venne concordato che Emesa avrebbe pagato 10.000 [[dinar|denari]] e spedito 100 [[Roba|robe]] di [[broccato]]. In cambio, l'armata islamica non avrebbe attaccato Emesa per un anno. Nel caso, tuttavia, arrivassero rinforzi Romani per sostenere le guarnigioni, il patto sarebbe decaduto. Le porte di Emesa vennero aperte non appena la tregua venne firmata, lasciando libero movimento agli Arabi nei mercati di Emesa, supportando così l'economia delle grandi città Bizantine. La guarnigione di [[Qinnasrin]] (l'antica [[Calcide (Siria)|Calcide]]) stipulò un patto identico a quello di Emesa, confidando nell'arrivo di rinforzi inviati dall'Imperatore [[Eraclio I]] a cui avrebbe seguito il ripudio dell'estorsione Araba.
Avvenne quando gli Arabi erano a [[Shayzar]] che ricevettero notizia del movimento di rinforzi Bizantini in direzione di [[Qinnasrin]] ed [[Emesa]]. Ciò ovviamente condusse all'annullamento della tregua stabilita in precedenza. L'avvento della stagione invernale diede alle guarnigioni Bizantine morale: nelle loro fortezze, sarebbero stati infatti meglio riparati dal freddo intenso rispetto agli Arabi, non abituati a queste condizioni atmosferiche e protetti solamente dalle loro tende.<ref>[[Tarikh al-Tabari]], Vol. 3, pp. 96-97.</ref>
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