Divina Commedia: differenze tra le versioni

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[[File:Cristobal Rojas 25a.JPG|thumb|right|300px|Dante e Beatrice sulle rive del Lete (1889), opera del pittore venezuelano Cristóbal Rojas]]
 
La '''Comedìa''', conosciuta anche come '''Commedia''' o '''''Divina'' Commedia'''<ref>Nel [[Medioevo]] le opere spesso non avevano un vero e proprio "titolo", ma nei manoscritti erano indicate, per esempio, dal loro [[incipit]]. Uno degli incipit più conosciuti dell'opera di Dante era: «''Qui comincia la commedia di Dante Alighieri, fiorentino di nascita ma non di costumi''» (''Incipit Comoedia Dantis Alagherii, florentini natione, non moribus''). Dante volle designare il suo poeta come "Comedia" (probabilmente letta con accento tonico sulla ''i'') per il fatto che in esso vi è una progressione "dal male al bene": l'opera inizia in un contesto segnato da negatività e con linguaggio e contenuti "bassi" (l'Inferno) e termina con linguaggio e contenuti "alti" e con la soluzione del dramma iniziale dell'autore (nel Paradiso). L'aggettivo ''Divina'', attribuito da [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]], si ritrova solo a partire dalle edizioni a stampa del 1555 a cura di [[Ludovico Dolce]].</ref> è un [[poema]] di [[Dante Alighieri]], scritto in [[Terza rima|terzine incatenate]] di [[endecasillabo|versi endecasillabi]], in [[lingua volgare]] [[dialetto toscano|fiorentina]]. Composta secondo i critici tra il [[1304]] e il [[1321]], anni del suo esilio in [[Lunigiana]] e Romagna,<ref>sulla discussa cronologia della composizione si veda: [[Emilio Cecchi|E. Cecchi]], [[Natalino Sapegno|N. Sapegno]], ''Storia della Letteratura italiana'', vol. II, Il Trecento, Garzanti, Milano, 1965, p. 69</ref>, la ''Commedia'' è l'opera più celebre di Dante, nonché una delle più importanti testimonianze della [[medioevo|civiltà medievale]]; conosciuta e studiata in tutto il mondo, è ritenuta da alcuni il più grande capolavoro della [[letteratura]] di tutti i tempi.<ref>v. [[Harold Bloom]],''Il canone occidentale'', Bompiani, Milano, 1996; [[Erich Auerbach]], ''Studi su Dante'', Feltrinelli, Milano 1964; ecc. È inclusa ad esempio fra i ''[[Grandi Libri del Mondo Occidentale]]''</ref>
 
Il poema è diviso in tre parti, chiamate ''[[cantica|cantiche]]'' ([[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]], [[Purgatorio (Divina Commedia)|Purgatorio]] e [[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]]), ognuna delle quali composta da 33 [[canto (metrica)|canti]] (tranne l'Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale). Il poeta narra di un viaggio, ovvero di un ''Itinerarium Mentis in Deum'' (v. [[San Bonaventura]]), attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della [[Trinità (cristianesimo)|Trinità]]. La sua rappresentazione immaginaria e [[allegoria|allegorica]] dell'[[oltretomba]] [[Cristianesimo|cristiano]] è un culmine della [[Filosofia medievale|visione medievale del mondo]] sviluppatasi nella [[Chiesa cattolica]].
 
L'opera ebbe subito uno straordinario successo, e contribuì in maniera determinante al processo di consolidamento del dialetto toscano come [[lingua italiana]]. Il testo, del quale non si possiede l'[[autografo]], fu infatti copiato sin dai primissimi anni della sua diffusione, e fino all'avvento della [[stampa]], in un ampio numero di [[manoscritto|manoscritti]].
Parallelamente si diffuse la pratica della [[Glossa|chiosa]] e del commento al testo, dando vita a una tradizione di letture e di studi danteschi mai interrotta; si parla così di ''secolare commento''. La vastità delle testimonianze manoscritte della ''Commedia'' ha comportato una oggettiva difficoltà nella definizione del [[Edizione critica|testo critico]].<br />Oggi si dispone di un'edizione di riferimento realizzata da [[Giorgio Petrocchi]].<ref>''La Commedia secondo l'antica vulgata'', Milano, A. Mondadori, 4 voll., 1966-67</ref>. Più di recente due diverse [[edizione critica|edizioni critiche]] sono state curate da [[Antonio Lanza (filologo)|Antonio Lanza]]<ref>''La Commedìa. Testo critico secondo i più antichi manoscritti fiorentini'', De Rubeis Editore, 1995</ref> e [[Federico Sanguineti]].<ref>''Dantis Alagherii Comedia'', [[Firenze]], Edizioni del Galluzzo, 2001</ref>.
 
La ''Commedia'', pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile medievali (ispirazione religiosa, fine morale, linguaggio e stile basati sulla percezione visiva e immediata delle cose), è profondamente innovativa, poiché, come è stato rilevato in particolare negli studi di [[Erich Auerbach]], tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà. È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.
 
Curioso notare come tutte le tre cantiche terminino con la parola ''"stelle"''. (''"[[E quindi uscimmo a riveder le stelle]]" - ''Inferno''; "[[Purgatorio - Canto trentatreesimo|Puro e disposto a salir a le stelle]]" - ''Purgatorio'' e "[[L'amor che move il sole e l'altre stelle]]" - ''Paradiso''). ''Curiosa anche la creazione da parte del Poeta di'' [[neologismi]] come "insusarsi", "inluiarsi", "inleiarsi"<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/neologismi_%28Enciclopedia-Dantesca%29/] Neologismi in "Enciclopedia dantesca, Treccani.it</ref>
 
Nel [[2002]] è stata inserita nella lista de [[I 100 libri migliori di sempre secondo Norwegian Book Club]].
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Il racconto dell'Inferno, la prima delle tre cantiche, si apre con un [[Inferno - Canto primo|Canto introduttivo]] (che serve da proemio all'intero poema), nel quale il poeta Dante Alighieri racconta in prima persona del suo smarrimento spirituale; si ritrae, infatti, "in una selva oscura", [[allegoria]] del [[peccato]], nella quale era giunto poiché aveva smarrito la "retta via", quella della virtù (si ritiene che Dante si senta colpevole, più degli altri, del peccato di [[lussuria]], che infatti nell'Inferno e nel Purgatorio è posto sempre come il meno grave tra i peccati puniti). Tentando di trovarne l'uscita, il poeta scorge un colle illuminato dalla luce del [[sole]]; tentando di salirvi per avere più ampia visuale, però, viene ostacolato da tre belve: una [[lonza (animale)|lonza]] ([[lynx (zoologia)|lince]]), [[allegoria]] della [[lussuria]], un [[Panthera leo|leone]], simbolo della ''[[superbia]]'', e una [[Canis lupus|lupa]], che rappresenta l'[[avarizia|avidità]], i tre vizi che stanno alla base di ogni male. Tanta è la paura che il trio incute, che Dante cade all'indietro, lungo il pendio.
 
Risollevandosi, scorge l'anima del grande poeta [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], a cui chiede aiuto. Virgilio rivela che per arrivare alla cima del colle ed evitare le tre bestie feroci, bisognerà intraprendere una strada diversa, più lunga e penosa, attraverso il bene e il male, profetizza che il trio sarà fatto morire da un alquanto misterioso [[Veltro]],<ref>A proposito di questi versi, sono state notate le somiglianze con l'anonimo ''Serventese romagnolo'' del 1277, certamente noto a [[Forlì]], quando Dante vi giunse. Si veda: A. E. Mecca, "Dante e il Serventese romagnolo del 1277", in ''Nuova rivista di letteratura italiana'', 2005, 1-2, pp. 9-18. Si veda anche: [http://www.archive.org/stream/archiviostoricoi172depuuoft/archiviostoricoi172depuuoft_djvu.txt. A. F. Massera, ''Il serventese romagnolo del 1277''].</ref>, si presenta come l'inviato di [[Beatrice Portinari|Beatrice]], la donna amata da Dante (morta a soli ventiquattro anni), la quale aveva interceduto presso Dio affinché il poeta fosse redento dai peccati; Virgilio e Beatrice sono in realtà due allegorie rispettivamente della [[ragione]] e della [[teologia]]: il primo in quanto considerato il poeta più sapiente della classicità, la seconda in quanto ''scala al fattore'', secondo la visione elaborata da Dante nella ''[[Vita Nuova]]''.
 
Dalla collina di [[Gerusalemme]] su cui si trova la selva, Virgilio condurrà Dante attraverso l'[[Inferno]] e il [[Purgatorio]] perché attraverso questo viaggio la sua anima possa risollevarsi dal male in cui era caduta. Poi Beatrice prenderà il posto di Virgilio, sarà lei la guida di Dante nel Paradiso. Virgilio, nel racconto allegorico, rappresenta la ragione, ma la ragione non basta per giungere fino a Dio; è necessaria la [[fede]], e Beatrice rappresenta questa virtù. Virgilio inoltre, non ha conosciuto [[Cristo]], non è [[battesimo|battezzato]] e perciò non gli è consentito di avvicinarsi al seggio dell'Onnipotente.
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=== Struttura cosmologica ===
 
La struttura testuale della ''Commedia'' coincide esattamente con la rappresentazione cosmologica dell'immaginario medievale.<ref>[http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=690&Guid=804c3b992d2344e6a15f6580827bbcf0 Sulla cosmologia di Dante, si veda l'intervista video a Giorgio Stabile, nell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche.]</ref>. Il viaggio all'[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]] e nel monte del [[Purgatorio (Divina Commedia)|Purgatorio]] rappresentano infatti l'attraversamento dell'intero pianeta, concepito come una [[sfera]], dalle sue profondità alle regioni più elevate; mentre il [[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]] è una rappresentazione simbolico-visuale del cosmo [[Claudio Tolomeo|tolemaico]].
 
L'[[Inferno]] era rappresentato all'epoca di [[Dante Alighieri|Dante]] come una cavità di [[Cono|forma conica]] interna alla Terra, allora concepita come divisa in due emisferi, uno di terre e l'altro di acque. La caverna infernale era nata dal ritrarsi delle terre inorridite al contatto con il corpo maledetto di [[Lucifero]] e delle sue schiere, cadute dal cielo dopo la ribellione a Dio. La voragine infernale aveva il suo ingresso esattamente sotto [[Gerusalemme]], collocata al centro della semisfera occupata dalle terre emerse, ovvero dal [[Eurasia|continente euroasiatico]]. Agli antipodi di Gerusalemme, e quindi al centro della semisfera acquea, si ergeva l'isola montagnosa del [[Purgatorio]], composta appunto dalle terre fuoriuscite dal cuore del mondo all'epoca della ribellione degli angeli. In cima al Purgatorio, Dante colloca il Paradiso terrestre del racconto biblico, il luogo terrestre più vicino al cielo. Come si vede, Dante riprende dalla concezione [[Sistema geocentrico|tolemaica]] l'idea di una Terra sferica, ma le sovrappone un universo sostanzialmente pre-[[Claudio Tolomeo|tolemaico]], privo di simmetria sferica. Alla sfericità della Terra, infatti, non corrisponde una simmetria generale nella distribuzione delle terre emerse e della presenza umana; le direzioni passanti per il centro della Terra non sono equivalenti: quella che passa per Gerusalemme e per la montagna del Purgatorio ha un ruolo privilegiato, il che richiama le concezioni della Grecia arcaica, ad esempio di [[Anassimandro]].
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Le date in cui Dante fa svolgere l'azione della Commedia si ricavano dalle indicazioni disseminate in diversi passi del poema.
 
Il riferimento principale è [[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]] [[Inferno - Canto ventunesimo|XXI]], [[:s:Divina Commedia/Inferno/Canto XXI|112-114]]: in quel momento sono le sette del mattino del [[Sabato Santo]] del [[1300]], 9 aprile<ref>{{cita libro|autore=[[Natalino Sapegno]] (a cura di)|titolo=La Divina Commedia - Vol. I. Inferno |editore=La Nuova Italia|città=Firenze |pagine=p.4|isbn={{NoISBN}}}}</ref> o, secondo altri commentatori, del 26 marzo del 1300.<ref>{{cita libro|curatore=Vittorio Sermonti|titolo=La Divina Commedia - Inferno,|editore=Bruno Mondadori|città=Milano|anno=1996|p. 286|isbn=88-424-3077-3}} e {{cita libro|autore=[[Manfredi Porena]] (commentata da)|titolo=La Divina Commedia di Dante Alighieri - Vol. I. Inferno |edizione=Nuova edizione riveduta e ampliata |anno=1968 |mese=ristampa maggio |editore=Zanichelli |città=Bologna |pagine=pp. 14-16 |capitolo=Canto I, nota finale 1 |cid=Porena inf|isbn={{NoISBN}} }}</ref>. L'anno è confermato da [[Purgatorio (Divina Commedia)|Purgatorio]] [[Purgatorio - Canto secondo|II]], [[:s:Divina Commedia/Purgatorio/Canto II|98-99]], che fa riferimento al [[Giubileo universale della Chiesa Cattolica|Giubileo]] in corso. Tenendo questo punto fermo, in base agli altri riferimenti si ottiene che:
 
* alla mattina dell'8 aprile ([[Venerdì Santo]]) o del 25 marzo, Dante esce dalla "selva oscura" e inizia la salita del colle, ma viene messo in fuga dalle tre fiere e incontra [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]].
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* al tramonto, Dante e Virgilio iniziano la visita dell'Inferno, che dura circa 24 ore<ref>Si desume da Inferno XXXIV, vv. 68-69, cfr. {{Cita|M. Porena|Inferno Canto XXXIV, nota al v. 68, p.312|Porena inf}}</ref> e termina quindi al tramonto del 9 aprile o del 26 marzo. Nel superare il centro della Terra, però, i due poeti passano al "[[fuso orario]]" del Purgatorio (12 ore di differenza da [[Gerusalemme]]<ref>Le date successive sono riferite alle 12 ore di fuso orario contate all'indietro; se si contano in avanti si deve passare al giorno successivo.</ref> e 9 ore dall'Italia), per cui è mattina quando essi intraprendono la risalita, che occupa tutto il giorno successivo.
 
* all'alba del 10 aprile (domenica di [[Pasqua]]) o del 27 marzo, Dante e Virgilio iniziano la visita del Purgatorio, che dura tre giorni e tre notti:<ref>[[Purgatorio - Canto nono|Purgatorio, canto IX]], vv.1-12; [[Purgatorio - Canto diciannovesimo|Canto XIX]], vv.1-9; [[Purgatorio - Canto ventisettesimo|canto XXVII]], vv.88-93</ref>: all'alba del quarto giorno, 13 aprile o 30 marzo, Dante entra nel Paradiso Terrestre e vi trascorre la mattina, durante la quale lo raggiunge Beatrice.
 
* a mezzogiorno, Dante e Beatrice salgono in cielo. Da qui in avanti non vi sono più indicazioni di tempo, salvo che nel cielo delle stelle fisse trascorrono circa sei ore ([[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]] [[Paradiso - Canto ventisettesimo|XXVII]], [[:s:Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVII|79-81]]). Considerando un tempo simile anche per gli altri cieli, si ottiene che la visita del Paradiso duri due-tre giorni. L'azione terminerebbe quindi il 15 aprile o il 1º aprile.
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Nel [[Purgatorio]] è Dante stesso che affronta la tematica politica. Il poeta, in veste di autore, in una digressione deplora gli [[imperatori]] [[germanici]] suoi contemporanei poiché non si occupano più del "giardino dell'impero" ("giardin de lo imperio"; Purg. VI, v. 105), cioè dell'[[Italia]] ("Che val perché ti racconciasse il freno / Iustinïano, se la sella è vòta?"; Purg. VI, vv.88-89). Nel [[Paradiso]] la tematica è quella della legittimità dell' ''impero universale'', istituzione voluta dalla Provvidenza, garante di pace e di giustizia, ed è affidata all'[[imperatore]] [[bizantino]] [[Giustiniano]], personaggio fondamentale della storia antica, colui che aveva riordinato le leggi romane ([[Corpus iuris civilis]]) consentendo la loro trasmissione alle epoche successive. Quindi sia i [[guelfi]], simpatizzanti per la [[monarchia]] [[francia|francese]] (''i gigli gialli''; Par. VI, v. 100), opponendosi all'impero, sia i [[ghibellini]], che strumentalizzano il ''pubblico segno'' per interessi privati e particolari, sono in errore ed ostacolano i disegni della [[Provvidenza]]. Il pensiero politico del poeta ruota perciò attorno alle istituzioni del Papato e dell'Impero e alle loro funzioni, motivi già trattati nel [[Convivio]] e nel [[De Monarchia]].<ref>http://www.treccani.it/scuola/tesine/divina_commedia/4.html</ref>
 
Dal punto di vista filosofico [[Aristotele]] è "il maestro di color che sanno" (Inferno, IV,131), il cui pensiero, ripreso e interpretato in chiave [[cristiana]] da [[Alberto Magno]] e [[Tommaso d'Aquino]], è fondamentale nella [[filosofia]] dantesca. "Un peso maggiore sulla base dottrinale della [[Commedia]] lo assume il [[neoplatonismo]], soprattutto perché in esso, soprattutto ad opera dei [[Padre della Chiesa|Padri della Chiesa]] [[alessandrinismo|alessandrini]] ( per esempio [[Origene di Alessandria|Origene]], [[III secolo]]) e dello stesso [[Pseudo-Dionigi l'Areopagita]] ([[V secolo]]) si fusero concezioni cristiane e platoniche sulla base di un criterio sincretistico. A questo proposito va notato che la disposizione e la struttura stessa di [[Inferno]] e [[Paradiso]] risentono in modo determinante delle dottrine [[neoplatonismo|neoplatoniche]]: [[Satana]] è collocato nel punto del [[cosmo]] più lontano da [[Dio]] ed è caratterizzato dalla brutalità meccanica tipica delle creature che costituiscono l'ultimo gradino della scala degli esseri, in cui prevale la materia.<br />Quanto al criterio complementare, fatto proprio da figure fondamentali come [[Agostino d'Ippona|sant'Agostino]] che considera l'influsso divino in termini di irradiazione di luce, esso è assunto da Dante come grande sistema di collegamento della terza cantica, accogliendo le suggestioni che erano venute dalla [[metafisica]] della luce, elaborata in particolare dalla [[Scuola di Chartres]] ([[XII secolo]]) e dal [[teologo]] inglese [[Roberto Grossatesta]] ([[XIII secolo]]) nonché da [[Tommaso d'Aquino|san Tommaso]] e [[Bonaventura da Bagnoregio|san Bonaventura]].
Quanto all'ordine delle gerarchie angeliche, Dante abbandona la proposta di [[Papa Gregorio I|Gregorio Magno]] ([[VI secolo]]), le cui dottrine aveva utilizzato nella sistemazione delle pene purgatoriali, per passare alla ''Gerarchia celeste'' dello Pseudo-Dionigi, a conferma della importanza strutturale della cultura [[neoplatonismo|neoplatonica]] della ''Commedia''".<ref>Riccardo Merlante, Stefano Prandi, ''Percorsi danteschi'', ed. La Scuola, p. 21.</ref><br />.<ref>[[Bruno Nardi]], ''Dante e la cultura medievale'', Bari, Laterza, 1985</ref><ref>[[Étienne Gilson]], La filosofia nel Medio Evo, Firenze, La Nuova Italia, 1983</ref>
 
Un tema ricorrente nella ''Commedia'' è la [[profezia]].<ref>[[Bruno Nardi]], ''Dante profeta'', in «Dante e la cultura medievale», Bari, Laterza, 1983.</ref><ref>N.Mineo, ''Profetismo e Apocalittica'' in «Dante», Catania, Facoltà Lettere e Filosofia, 1968</ref> Il profetismo era largamente diffuso ai tempi del poeta, come del resto lo fu durante tutto il Medio EvoMedioevo ed era caratterizzato da un'attesa [[escatologia|escatologica]]. Inoltre nel [[1300]] [[papa Bonifacio VIII]] indisse il primo Giubileo, segno di una volontà di rinnovamento spirituale. Nel XII secolo, in un clima di rinnovamento spirituale, il profetismo si sviluppò in due principali direzioni: una, legata ad un diretto contatto con [[Dio]] da ricondurre alla monaca benedettina [[Ildegarda di Bingen]] ed alle sue "visioni"; l'altra, che ebbe il suo maggior esponente in [[san Bernardo di Chiaravalle]], avente come base l'esame della complessa realtà del proprio tempo con il fine di apportarvi miglioramenti dettati dalla carità.<ref>Riccardo Merlante, Stefano Prandi, ''Percorsi danteschi'', pag.189, Editrice La Scuola, 1997.</ref> "Ad alimentare questo clima di attesa e di speranze contribuì inoltre il commento all'[[Apocalisse]] del francescano [[Pietro di Giovanni Olivi]] (Pierre Olieu, 1248-1298), le cui idee Dante conobbe frequentando a Firenze la scuola conventuale francescana di [[Basilica di Santa Croce|Santa Croce]], dove conobbe anche uno dei suoi più ferventi discepoli, [[Ubertino da Casale]] (1259 - 1330 circa) . Proprio nel 1300 [[Dante]] colloca il suo viaggio nell'oltretomba, non a caso strutturato in forma di visione, attraverso cui denunciare agli uomini i mali del mondo e della Chiesa e indicandone allo stesso tempo i correttivi, mostrando a tutti gli uomini quale fosse la giusta strada da percorrere per il rinnovamento dello spirito. Il profetismo della ''Commedia'', oltre che richiamarsi in generale alla Bibbia ha radici nel [[gioachimismo]], col quale condivide la visione di una profonda decadenza dei valori e della corruzione della Chiesa, identificata con la prostituta dell'[[Apocalisse]] (Purg. XXXII, 160), e l'esigenza di combatterle nella speranza di un rinnovamento. Garanzia di tale speranza sono la gravità del dolore sopportato da coloro che sono rimasti fedeli a [[Cristo]] e la promessa di [[Cristo]] stesso di non abbandonarli, nonché la certezza, basata sull'''Apocalisse'', della sconfitta finale dei malvagi. Dante ritiene infatti non lontana la fine dei tempi, se gli ''scanni della candida rosa sono sì ripieni, / che poca gente più ci si disira'' (Par. XXX 131 - 132). Come [[Gioacchino da Fiore]] e la linea spirituale del [[famiglia francescana|francescanesimo]], anche a Dante, nel suo messaggio profetico, prospetta l'ideale di una Chiesa povera e aderente ai princìpi evangelici, che dopo Cristo è stato sostenuto solo da [[Francesco d'Assisi|San Francesco]], ritenuto per questo da Dante un secondo Cristo (v. Paradiso XI), iniziatore di una svolta decisiva nella storia cristiana. Mentre però il gioachimismo identificava nell'[[Ordine francescano]] l'artefice del processo di redenzione, Dante se ne distacca, escludendo che il rinnovamento potesse scaturire dall'interno della Chiesa. Egli basa invece il proprio messaggio profetico sul [[veltro]] (Inferno I, 101), ossia un riformatore laico voluto da Dio (identificabile con l'[[imperatore]]), unica forza in grado di realizzare il piano provvidenziale svelato a Dante nell'oltretomba".<ref>Da ''Percorsi danteschi'', ''cit.'', p. 190.</ref><br />In varie occasioni alcuni personaggi incontrati da Dante durante il suo viaggio oltremondano, grazie alla loro capacità di prevedere il futuro, preannunciano al poeta il suo esilio. Il primo che pronuncia contro Dante "parole gravi" è [[Farinata degli Uberti]] (Inferno X, 79 e ss.); seguono [[Brunetto Latini]] ([[Inferno]] XV, 61 e ss.), Vanni Fucci (Inferno XXIV, 133-151), [[Corrado Malaspina (il Vecchio)|Corrado Malaspina]] (Purgatorio VIII, 133 e ss.), Oderisi da Gubbio ([[Purgatorio]] XI, 139 e ss.) e infine [[Cacciaguida]] nel Paradiso (canto XVII).<br />Il ricorso alla profezia consente a ''Dante-personaggio'' (agens) anche di anticipare narrativamente la drammatica evoluzione che il ''Dante scrittore'' (auctor) vede dispiegarsi sotto i suoi occhi. Nella ''Commedia'' sono dunque disseminate molte profezie ''post-eventum'', che riguardano fatti della biografia dell'autore (l'esilio) o collettivi (per esempio il trasferimento della sede papale ad [[Avignone]] ad opera di [[Papa Clemente V]] sotto la pressione dei sovrani di [[Francia]]. Tuttavia il messaggio di Dante riguarda anche un misterioso ''piano provvidenziale'', personificato dall'enigmatico [[veltro]], che interverrebbe a punire i responsabili della corruzione morale, come la [[curia romana|curia]] papale e il [[re di Francia]].<ref>Corrado Bologna, Paola Rocchi, ''Rosa fresca aulentissima'', Antologia della Commedia, edizione rossa, ed. Loescher, pag. 15</ref><ref>[http://www.mediasystemnet.it/CORSI-VIDEOCORSI%20FORMAZIONE/DIVINA%20COMMEDIA%20RECITATA/dante/profezie.htm Le profezie dell'esilio]</ref> I vari commenti sull'[[Apocalisse]] fioriti nel [[Medio evoMedioevo]] influirono notevolmente sull'atteggiamento profetico di Dante nel suo poema. La prima linea di sviluppo di tali commenti è molto attenta all'interpretazione letterale del testo e mira ad una interpretazione in senso morale ([[san Girolamo]], [[Beda il Venerabile]], [[Riccardo di San Vittore]], [[Alberto Magno]]). La seconda linea si basa su un'interpretazione [[allegoria|allegorica]] e tende a vedere rappresentata nel testo apocalittico una successione storica delle vicende della Chiesa. Questa linea interpretativa ha i suoi maggiori esponenti in [[Gioacchino da Fiore]] e [[Pietro di Giovanni Olivi]], i cui commenti probabilmente influenzarono molto Dante. Dante si riferisce a [[Giovanni apostolo ed evangelista|san Giovanni]] e all'[[Apocalisse]] nell' ''Inferno'' (XIX, 106-111) e nel ''Paradiso'' (XXXII, 127-128). Nella processione mistica del [[Paradiso terrestre]] (''Purgatorio'', XXIX) vari elementi sono ripresi dal testo di san Giovanni (i sette candelabri, i ventiquattro seniori, i quattro animali, il drago, ecc.) ed il libro dell'[[Apocalisse]] viene rappresentato simbolicamente come un ''vecchio solo'', che avanza ''dormendo, con la faccia arguta'' (Purgatorio, XXIX, 143-144).<ref>Riccardo Merlante, Stefano Prandi, ''Percorsi danteschi'', pag. 20, Editrice La Scuola, 1997.</ref>
 
Un'altra tematica frequentemente rintracciabile nel poema è il valore-[[simbolo]] del numero.
Secondo la [[Bibbia]], Dio ha organizzato il cosmo secondo criteri armonici: "tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso" ([[Libro della Sapienza|Sapienza]] 11, 21). I Padri della Chiesa avevano dedicato grande attenzione alla [[numerologia]], come attestano le opere ''Libro dei numeri'' di [[Isidoro di Siviglia]] e il libro XV (''De Numero'') dell'[[enciclopedia]] di [[Rabano Mauro]]. Dante aveva già sperimentato il simbolismo del nove, multiplo del tre simbolo della [[Trinità (cristianesimo)|Trinità]], nella ''[[Vita Nuova]]'', dove lo applica a [[Beatrice Portinari|Beatrice]]: i due si incontrano la prima volta a nove anni, Beatrice rivolgerà il suo primo saluto all'ora nona, ecc.<br />Nella Commedia i canti sono 100 numero perfetto poiché rappresenta il 10 (moltiplicato per se stesso) denotante compiutezza. Dieci sono Le zone dell'Inferno (nove più l'antinferno); dieci le zone del Purgatorio (antipurgatorio, formato da spiaggia più primi due balzi, poi le sette cornici ed infine il paradiso terrestre); dieci sono le zone del Paradiso (sette cieli planetari, cielo delle stelle fisse, Primo Mobile, [[Empireo]]). Il numero simbolico trinitario 3 si trova nel numero delle cantiche, nei versi in [[terzina (metrica)|terzine]], nelle tre guide ([[Publio Virgilio Marone]], [[Beatrice Portinari|Beatrice]], [[Bernardo di Chiaravalle|San Bernardo]]) oltre che nelle tre facce di [[Lucifero]], nelle tre fiere del primo canto dell'Inferno, nei tre gradini della porta del Purgatorio. Tre sono i gruppi di peccatori nell'Inferno (incontinenti, violenti, fraudolenti); nel Purgatorio le anime sono divise fra coloro che indirizzarono il loro amore su un oggetto sbagliato, quelli che furono poco solleciti al bene e quelli che amarono troppo i beni mondani; nel Paradiso i beati sono divisi fra gli spiriti che furono dediti alla ricerca della gloria terrena, gli spiriti attivi e gli spiriti contemplativi. Per quanto concerne il 9, i cerchi dell'Inferno sono nove, le cornici del Purgatorio 7, a cui si devono aggiungere Antipurgatorio e [[Giardino dell'Eden|Paradiso Terrestre]], 9 sono le sfere dei cieli (il decimo, l'[[Empireo]], non è un luogo fisico).
 
La [[musica]] è un altro motivo ricorrente nel poema ed è quindi una presenza frequente nella Commedia. Nel Medio EvoMedioevo le teorie musicali furono influenzate dal trattato ''De Musica'' di [[Severino Boezio]] che si rifaceva alla dottrina di [[Pitagora]] e al principio di proporzione basato sul numero. L'atmosfera terrifica e dolente dell'Inferno è caratterizzata dalla disarmonia (III, 22-28; V, 46; XX, 8-9; XXXII, 36). Nel [[Purgatorio]] il canto delle anime ha effetto catartico (purificatorio), creando effetti di rasserenamento ed i riferimenti musicali hanno valore [[etico]]. Lo si vede in vari canti: la canzone intonata dal musico [[Casella]] (II, 107-108); poi in II, 47; V, 24; VIII, 13-18; X, 58-60; XII, 110-111; XXIII, 11-12. Nel Paradiso Terrestre la musica è frequente con le sue melodie (lo stormire delle foglie XXVIII, 13-18; l'apparizione di [[Matelda]] XXVIII 40-42; XXVIII 85; la [[melodia]] XXIX, 22-23; XXXI, 97-99; XXXII, 61-63). Il [[Paradiso]] è la cantica in cui la musica, intrecciandosi con le immagini luminose, costituisce la sostanza della cantica stessa. Numerosi sono gli esempi di una celeste musica polifonica: XXVII, 1-6, VI, 124-126; VIII, 16-20; X, 139-148; XIV, 28-32 e 118-123; XVII, 43-44; XXVIII, 118-120; XXIII, 97-102 e 109-111; XXVIII, 118-120; XXXII, 95-98; XXXIII, 68-75.<ref>R. Monterosso, Musica, in Enciclopedia dantesca</ref><ref>[[Bruno Nardi]], "La novità del suono e 'l grande lume", in "Saggi di filosofia dantesca", Firenze, La Nuova Italia, 1967</ref>
 
La rappresentazione della [[luce]] è frequente nel [[poema]] e ad essa si contrappongono le tenebre. Tutte le divinità dell'antichità si identificavano con la [[luce]] ed il Bene: il ''Bel'' [[Lingue semitiche|semitico]], il [[Ra]] [[Antico Egitto|egizio]], l'[[Ahura Mazdā]] [[Lingue iraniche|iranico]], il Bene di [[Platone]]. Attraverso il [[neoplatonismo]] la [[luce]] entra nella tradizione [[cristiana]] soprattutto grazie a [[Agostino d'Ippona|Sant'Agostino]] e a [[Dionigi l'Areopagita]] in cui sono frequenti le immagini di [[Dio]] come luce, fuoco, fontana luminosa. Nella [[filosofia]] [[Scolastica (filosofia)|Scolastica]] fu elaborata la "[[teologia]] della [[luce]]" da [[Roberto Grossatesta]] e [[Bonaventura da Bagnoregio|san Bonaventura da Bagnoregio]] nel [[XIII secolo]]. L'Inferno è invece il regno delle tenebre. Dante si smarrisce nella ''selva oscura'' (I, 2) e cerca di salire su un colle illuminato dal [[sole]] (I, 13-18, 37-43). La prima cantica è il regno che scaturisce dalla privazione di [[Dio]] e quindi è senza [[luce]]. L'Inferno è ''cieco mondo'' (IV, 13; XXVII, 25), ''cieco / carcere'' (X, 58-59; XXII, 103), ''valle buia'' (XII, 86), "loco d'ogne luce muto" (V, 28). I cerchi infernali sono ''scuri'' (XXV, 13), l'aria è ''morta'' (I, 17), ''nera'' (V, 51), ''sanza tempo tinta'' (III, 29); l'acqua dell'[[Acheronte]] è ''bruna'' (III, 118) e quella dello [[Stige (fiume)|Stige]] "buia assai più che persa" (VII, 103); la vegetazione della selva dei suicidi è di ''color fosco'' (XIII, 4). Attraverso la scura ''natural burella'' (Inf. XXXIV, 98) Dante e [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] giungono nel [[Purgatorio]] dove la [[luce]] riconquista lo spazio. Il sole è simbolo di [[Dio]], l<nowiki>'</nowiki>''alto Sol'' (Purg. VII, 26), l'''alto lume'' (Purg. XIII, 85). Dante giunge sull'Antipurgatorio alle prime ore del mattino (I, 13-30; 107, 115), l'ascesa alla montagna avviene al sorgere del sole (II, 1) e l'arrivo sul Paradiso Terrestre al momento dello splendere della [[luce]] (XXVII, 112, 133). Il sole concede ai due poeti di vedere l'accesso alla montagna (I, 107-108). La luce solare è presente in vari passi (XIII, 16-18; XVII, 70-75). Ovviamente è il [[Paradiso]] il regno della [[luce]] che è la sostanza stessa del regno celeste. Dante guidato da [[Beatrice Portinari|Beatrice]], [[allegoria]] della [[grazia (teologia)|grazia]] e della [[teologia]], sale ''per lo ciel di lume in lume'' (XVII, 115) attraverso al materia eterea dei cieli: Luna (II, 34-36), Mercurio (V, 94-96), Venere (VIII, 13-15), Sole (X, 41), Marte (XIV, 85-86), Giove (XVIII; 68-69), Saturno (XXI, 13). I cieli sono fatti di materia eterea e pertanto riflettono all'esterno la luce che ricevono dal sole (III, 109-111; VIII, 19; X, 40-42). Gli [[angelo|angeli]] vengono rappresentati come ''fuochi'' (IX, 77), ''facelle'' (XXIII, 94), ''scintille'' (XXVIII, 91), ''splendori'' (XXIX, 138). I beati hanno un corpo etereo e sono ''luci, lumi, faville'' (VIII, 8; XVIII, 101), ''stelle cadenti'' (XV, 16), ''rubini'' (XIX, 4-6), ''gioie'' (IX, 37), ''lapilli'' (XX, 16), ''fuochi'' (XX, 34; XXII, 119), ''fiammelle'' (XXI, 136), ''lucerne'' (VIII, 19; XXIII, 28), ''lampe'' (XVII, 5). [[Dio]] è ''etterna luce'' (V, 7-8), ''viva luce'' (XIII, 55-57). Dio è definito "lume" (XXXIII, 43, 110), "Sol dei beati" (IX, 8; XV, 76; XVIII, 105; XXX, 126) e nell'[[Empireo]] appare a Dante come "stella", punto luminoso molto acuto (XXVIII, 16-18; XXX, 11), "favilla pura" che illumina i cori angelici (XXVIII, 37-39). Nell'[[Empireo]] [[Dante]] può contemplarlo come "trina luce....'n unica stella" (XXXI, 28). La ''Candida rosa'' dei beati è fatta di luci e fiamme splendenti (XXXI, 1-24) e, alla fine del [[poema]], all'arcobaleno è associata la sostanza stessa della [[luce]] divina (XXXIII, 116-120).<ref>''Percorsi danteschi'', Riccardo Merlante, Stefano Prandi, ed. La Scuola, 1997, pagg. 235-246.</ref>
 
== Le tre guide ==
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=== L'edizione Petrocchi ===
L'edizione critica ancor oggi di riferimento è quella di [[Giorgio Petrocchi]],<ref>''La Commedia secondo l'antica vulgata'', Milano, A. Mondadori, 4 voll., 1966-67)</ref>: tale edizione non segue precipuamente i canoni lachmaniani: Petrocchi ritiene impossibile tracciare uno [[stemma codicum]] viste la diffusa contaminazione, già frequente in testimoni molto alti, e la perdita di tutta la prima tradizione manoscritta, dalla morte di Dante (1321) al primo testimone rimastoci, ''Triv'', datato 1337. Pertanto Petrocchi, dopo aver eliminato tutti i codici successivi al 1355 come ''codices descripti'' nonché corrotti dall'intervento destabilizzante di [[Giovanni Boccaccio]] come copista, ritiene di poter risalire non tanto al testo originale, quanto alla ''vulgata'', ossia al testo conosciuto all'altezza di quel periodo.
 
=== Le ultime edizioni ===
Di recente, gli editori hanno effettuato scelte molto diverse. Oltre l'edizione critica a cura di [[Giorgio Petrocchi]], esiste un'edizione a cura di Antonio Lanza,<ref>Dante Alighieri, ''La Commedìa. Nuovo testo critico secondo i più antichi manoscritti fiorentini'', a cura di A. Lanza, Anzio, De Rubeis, 1995</ref>, di tipo [[Joseph Bédier|bédieriano]], basata sostanzialmente sul manoscritto Trivulziano, scelto in base allo stemma disegnato da Petrocchi stesso.
Successivamente è apparsa l'edizione di [[Federico Sanguineti]],<ref>''Dantis Alagherii Comedia'', edizione critica per cura di F. Sanguineti, [[Firenze]], Edizioni del Galluzzo, 2001. L'autore ha apportato correzioni al testo critico in ''Dantis Alagherii Comedia. Appendice bibliografica 1988-2000'', per cura di F. Sanguineti, [[Firenze]], Edizioni del Galluzzo, 2005</ref> che invece si basa su un impianto di tipo [[Karl Lachmann|lachmanniano]], ovvero su un procedimento teso all'esame esaustivo della tradizione manoscritta e alla decifrazione dei rapporti tra i codici. In pratica, come è stato sottolineato da più parti,<ref>Cfr. ad esempio M. Veglia, ''Sul testo della Commedia (da Casella a Sanguineti)'', in «Studi e problemi di critica testuale», a. LXVI 2003, pp. 65-119; P. V. Mengaldo, ''Una nuova edizione della Commedia'', in «La parola del testo», a. V 2001, fasc. 2 pp. 279-289.</ref> l'edizione giunge essenzialmente alla pubblicazione di un unico manoscritto (l<nowiki>'</nowiki>''Urbinate lat. 366''). Infatti Sanguineti, dopo aver scartato i testimoni ''recentiores'' in base ad errori comuni, senza tuttavia averne scientificamente dimostrato l'apografia, traccia uno stemma bipartito, di cui il ramo beta è rappresentato praticamente solo dal manoscritto Urbinate ''Urb'', che pertanto conta da solo per il 50% per l'accertamento della lezione da mettere a testo.
Più recente è l'edizione del solo testo di [[Giorgio Inglese]],<ref>''Commedia: Inferno'', revisione del testo e commento di Giorgio Inglese, Roma, Carocci, 2007; ''Commedia: Purgatorio'', revisione del testo e commento di Giorgio Inglese, Roma, Carocci, 2011.</ref>, che ha sostenuto l'impossibilità di un'edizione bedieriana per la ''Commedia'', vista la precoce contaminazione, ed ha pertanto concentrato la propria attenzione sulla revisione dello stemma Petrocchi, di cui risulta, a parte alcune modifiche (quali l'ipotesi di una contaminazione extrastemmatica) la sostanziale validità, pur nella maggiore attenzione dedicata alla famiglia settentrionale.
 
== Traduzioni ==
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|datadiaccesso=27 ottobre 2008
|editore= [[Wikisource]]
}}</ref> [[Giovanni Peterlongo]] (1856&nbsp;– 1941) l'ha tradotta in [[lingua esperanto|esperanto]].<ref>Dante Alighieri, ''La Divina Commedia-La dia komedio. Testo esperanto a fronte'' (traduzione di Giovanni Peterlongo), [[SIEI]], [[1980]].</ref> Mons. [[Pádraig de Brún]] (1889-1960) ne ha fatto una traduzione in [[lingua irlandese|gaelico irlandese]], che venne pubblicata postuma.<ref>
{{cita libro|cognome= Ailígiéiri|nome= Dainté |altri= trad. di [[Pádraig de Brún]] |titolo= An Choiméide Dhiaga |anno=1997 |editore=An Clóchomhar|città=Dublino |lingua=[[Lingua irlandese|irlandese]]|pagine=380 p.}}</ref>. In spagnolo è stata tradotta da [[Ángel Crespo]].
 
La prima traduzione in latino è stata quella di [[Giovanni Bertoldi]] da Serravalle, francescano di origine sammarinese, vescovo di [[Fermo]] e di [[Fano]], durante il [[Concilio di Costanza]] su richiesta di alcuni prelati o addirittura dall'allora Re [[Sigismondo di Lussemburgo|Sigismundo di Lussemburgo]]. La traduzione con commento fu portata a termine nel 1417 e la prima edizione a stampa nel 1891.<ref>Fratris Johannis de Serravalle translatio et comentum totius libri Dantis Aldigherii cum textu italico fratris Bartholomæi a Colle eiusdem ordinis nunc primum edita, a cura di Marcellino da Civezza M.O. e Teofilo Domenichelli M.O., Prato, Giachetti, 1891, 3 volumi.</ref>
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*''[[Dante's Inferno]]'' (Electronic Arts). Riguarda la versione videoludica della prima cantica della Divina Commedia. Il genere di questo videogioco è Action-Adventure. L'uscita è avvenuta il 12 febbraio 2010 in Nord America e in Europa.
 
*"[[La Divina Commedia - La Serie]]" . Si tratta del primo caso in assoluto di Produzione di una Serie Televisiva in tre stagioni (Inferno - Purgatorio - Paradiso) sulla Divina Commedia. Prodotto da FreeStageFilms per la regia di Claudio Cicconetti, scritto da Claudio Cicconetti e Mizio Curcio con la produzione esecutiva di Ivan Villa, la serie tratta in una chiave ultra moderna con contaminazioni fantasy e mistery, il tortuoso viaggio di un giovane Dante attraverso universi paralleli e gironi infernali. Il trailer, pubblicato sulla rete, ha stabilito il più alto record di visualizzazioni in 48 ore su youtube, creando il caso mediatico dell'anno 2013. http://www.youtube.com/watch?v=yGcrCxSVL5o
 
=== Pittura ===