Locomotiva FS E.330: differenze tra le versioni

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|Sforzo_Avviamento=
|Velocità_Massima=100 km/h (vedi il testo)
|Alimentazione= 3,6 kV [[corrente alternata|CA]] [[trifase]] 16,7 [[Hertz|Hz]] (vedi il testo)
|Autonomia=
}}
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La velocissima espansione della rete ferroviaria italiana,<ref>L'estensione della rete passò dagli 11.003 km del 1885 ai 16.429 km del 1900. Cf Andrea Curami, Paolo Ferrari, ''I trasporti del Regno. Iniziativa privata e intervento statale in Italia 1861-1946'', Brescia, Fondazione Negri, 2007, ISBN 88-89108-10-X, p. 49.</ref> contemporaneamente effetto e causa dello sviluppo economico e sociale del Paese e dell’aumento del traffico manifestatosi dopo il [[1895]], insieme ad alcuni disastri come quello del [[Stazione di Piano Orizzontale|Piano orizzontale dei Giovi]] (avvenuto l'11 agosto [[1898]] e in cui morirono 13 persone<ref>In quell'incidente "un treno in doppia trazione procedeva a stento in salita al 29 per mille nella galleria di valico della vecchia linea dei Giovi. Le macchine slittavano. Era stato necessario fermarsi per rifare pressione. Al momento di riprendere la marcia il macchinista della locomotiva di testa si accorse di non essere secondato da quello della macchina di coda che era stato colpito da asfissia. Egli fece ogni sforzo per portare il treno fuori dalla galleria. C'era quasi riuscito, ma il treno cominciò a retrocedere ed accelerando nella discesa continua che raggiunge il 35 per mille, piombò addosso ad un altro treno che era in sosta al Piano Orizzontale dei Giovi. Ci furono 13 morti, una cosa enorme per quei tempi. Fu incriminato persino il Direttore Generale della Rete Mediterranea, ing. Mattia Massa. Cf Zeta-Zeta [Bruno Bonazzelli], ''La trazione elettrica nelle ferrovie italiane'', in ''HO Rivarossi'', '''11''' (1964) (65): p. 9</ref>) richiamò l’attenzione anche dell’opinione pubblica non specializzata sulla necessità di ovviare ai limiti della trazione a vapore.<ref>"L'esigenza di disporre di locomotive molto più potenti era connessa anche al progressivo aumento di peso del materiale rotabile, il quale nel giro di pochi anni aveva subito una rapida evoluzione passando dai vagoni a due-tre assi alle lunghe carrozze a carrelli il cui peso a vuoto si avvicinava alle 20 tonnellate. Ma l'adozione di macchine di maggiori dimensioni comportò anche profonde e costose modifiche a tutte le infrastrutture della linea, dal consolidamento dei ponti e dei terrapieni, all'incremento degli impianti di rifornimento di acqua e di carbone, alla costruzione di nuove piattaforme girevoli negli scali affinché fosse possibile invertire il senso di marcia delle locomotive. [...] Come le locomotive aumentavano in potenza, peso e velocità [...] si dovevano anche predisporre gli strumenti atti a fermare in poco spazio queste valanghe di ferro che procedevano, seguite da vagoni carichi di passeggeri, a velocità ormai prossime ai 100 km/h. Si dette cioè l'avvio a una seria campagna sulle norme di sicurezza, la quale fu molto opportuna non solo perché tale aspetto era stato finora abbastanza trascurato, ma anche per controbattere i detrattori della ferrovia che continuavano a sostenere l'estrema pericolosità della recente invenzione; in effetti alcuni gravi incidenti avevano turbato l'opinione pubblica sia in Europa sia in America." Cf Luciano Greggio, ''Le locomotive a vapore. Modelli di tutto il mondo dalle origini a oggi con dati tecnici'', Milano, Mondadori, 1977, p. 110 e 114.</ref>
 
I rapidi sviluppi dell’[[elettrotecnica]] e della [[Materiali|tecnologia dei materiali]], permettendo alla [[Locomotiva elettrica|trazione elettrica]] di uscire dai limiti dell’impiego sulle [[Tram|tramvie urbane e suburbane]] consentirono l’inizio delle elettrificazioni ferroviarie con sistemi di alimentazione a media e ad alta [[tensione elettrica|tensione]].<ref>Lucio Mayer, ''Impianti ferroviari. Tecnica ed esercizio'', Roma, [[Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani]], 1970, pp. 237-251.</ref>
 
I limiti dell’[[Ferrovia|infrastruttura (tracciato, ponti, corpo stradale e armamento)]], che nel breve periodo avrebbero impedita l'adozione di nuovi gruppi di locomotive dotate di un carico per [[Sala montata|sala]] maggiore delle 15&nbsp;t ammesse sulla parte già ammodernata della rete (clamoroso fu l'anacronismo delle locomotive del [[Locomotiva Gruppo 691|gruppo 690 FS]], progettate nel 1908, commissionate nel giugno [[1910]] e consegnate dal febbraio [[1911]] che, avendo un carico di 17,1&nbsp;t su ognuna delle sale motrici, furono autorizzate a circolare solo su due linee)<ref>Giovanni Cornolò, ''Locomotive a vapore FS'', Parma, Ermanno Albertelli, 1998, ISBN 88-85909-91-4, pp. 334-339</ref><ref>Erminio Mascherpa, ''691, compromesso vincente'' in ''I treni'', '''18''' (1997) (186): p. 22-24</ref>, e la necessità d’importare tutto il carbon fossile necessario per l’alimentazione delle locomotive a vapore, che avevano già dimostrato i loro limiti energetici e d’esercizio<ref>Gianni Robert, ''Le ferrovie nel mondo'', Milano, Vallardi, 1964, pp. 426-429.</ref><ref>[[Giuseppe Vicuna]], ''Organizzazione e tecnica ferroviaria'', Roma, Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, 1968, pp. 301-350.</ref>, spinsero la dirigenza delle Ferrovie dello Stato a sviluppare rapidamente i programmi di elettrificazione anzitutto delle linee di valico afferenti alla [[pianura Padana]], impiegando le nuove [[Locomotiva FS E.550|locomotive del gruppo E.550]] (soprannominato "il mulo dei Giovi") costruite dal 1908 nello stabilimento di [[Vado Ligure]] appositamente impiantato dalla Società Italiana Westinghouse.