Almohadi: differenze tra le versioni

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== I conquistatori ==
È assai probabile che la sua influenza non sarebbe sopravvissuta alla sua persona se non avesse trovato come luogotenente [[ʿAbd al-Muʾmin]], un altro [[Berberi|Berbero]] d'[[Algeria]] che fu indubbiamente un militare e un politico di prim'ordine. Quando Ibn Tūmart morì, nel [[1128]], ʿAbd al-Muʾmin tenne segreta per due anni la sua scomparsa, fino a che non si fu affermata la sua personale influenza. Sotto il suo comando furono conquistate, una dopo l'altra, [[Tlemcen]], [[Fez]] e infine [[Marrakech]], la cui caduta segnò la fine della dinastia [[Almoravidi|almoravide]], nel [[1147]]. A poco a poco ʿAbd al-Muʾmin estese la sua autorità su un impero che comprendeva l'insieme del [[Maghreb]] e il [[al-Andalus|Bilād al-Andalus]] occidentale (presa di [[Cordova]] nel [[1148]] e di [[Granada]] nel [[1154]]). Si proclamò [[califfo]] e comandante dei credenti, rinnegando così la sovranità degli [[Abbasidi]], e impose il principio di ereditarietà dinastica. Suo figlio, [[Abu Ya'qub Yusuf I ]] ([[1163]]–[[1184]]), poté così succedergli alla sua morte nel [[1163]]. Quest'ultimo, e suo figlio [[Abu Ya'qub Yusuf II]], «il Reso vittorioso [da Dio]» ([[1184]]–[[1199]]), terzo califfo, continuarono la sua opera ed estesero la loro autorità a tutta la Spagna islamica, infliggendo nel [[1195]] una sconfitta ad [[Alfonso VIII di Castiglia]] nella [[battaglia di Alarcos]]. In [[Africa]] riuscirono a scacciare le guarnigioni collocate nelle città costiere dai re [[normanni]] di [[Sicilia]].
 
 
== Cultura ==