Continuità educativa: differenze tra le versioni
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▲La '''Continuità educativa''' è un insieme di strategie formative che mirano allo sviluppo armonico della persona, dall'infanzia fino all'età matura, mettendo in comunicazione pedagogica i vari stadi dell'età evolutiva e i corrispondenti progetti formativi elaborati per i singoli cicli scolastici. Per questa accezione della continuità si fa anche uso dell'attributo ''verticale'', volendo distinguerla da quella ''orizzontale'', la quale chiama in causa tutti i soggetti educativi presenti sul territorio, a partire dalle famiglie degli alunni.</br>
Al di là dei nominalismi, il concetto pedagogico della continuità e le relative interpretazioni strategiche e curricolari si differenziano in modo sostanziale, a seconda del significato che si conferisce all'attributo ''educativo''. Per chi ha una visione prevalentemente etero-guidata dell'atto educativo, la continuità è intesa come costruzione di progetti che mirano ad attenuare le distinzioni curricolari tra i vari segmenti scolastici e a creare grandi contenitori come quello della cosiddetta ''scuola di base''.<ref>Cfr. ad esempio Paolo Calidoni, ''Continuità educativa'', La Scuola, Brescia 1995.</ref>Altri studiosi invece riconducono il problema alla promozione del pieno sviluppo della persona, rimarcando le peculiarità dei singoli stadi dell'età evolutiva, con relativi cambiamenti dei bisogni e delle risorse.<ref>Tra questi, Giuseppe Bertagna, ''Educazione, continuità e scuola'', La Scuola, Brescia 1994, e Giuseppe Iadanza, ''Continuità'', La Scuola, Brescia 1996.</ref></br>
Tra gli obiettivi fondamentali della continuità educativa, va considerata la riduzione del fenomeno della dispersione scolastica, mediante strategie mirate anche alla promozione dell'orientamento.
==Obiettivi==
I soggetti convocati a cooperare per l'attuazione della continuità educativa sono i docenti e i dirigenti scolastici affiancati dalle famiglie degli alunni e dalle altre agenzie educative presenti sul territorio. Per raccordare tra di loro le linee di programmazione didattica, sia all'interno dei vari cicli scolastici, sia tra cicli contigui, occorre riferirsi a obiettivi generali e specifici. Tra i primi rientrano le seguenti finalità condivise o condivisibili:</br>
I principali obiettivi specifici sono invece così riassumibili:</br>
==Continuità nell'età evolutiva==
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È pur vero che la formazione della persona si sviluppa lungo tutta la sua vita, da cui deriva l'istanza dell'educazione continua o permanente. Tuttavia la complessità psicopedagogica dell'età evolutiva comporta la necessità di concentrare l'impegno educativo nel periodo della preadolescenza e dell'adolescenza. Con tutte le note problematiche che accompagnano la turbolenza di questa età difficile.<ref>Guido Petter, ''Problemi psicologici della preadolescenza e dell'adolescenza'', La Nuova Italia, Firenze 1972</ref></br>
Ne consegue intanto l'esigenza e l'opportunità di raccordare tra di loro i progetti educativi da elaborare per le varie fasce scolastiche, con particolare attenzione alle classi iniziali di un ciclo e a quelle terminali del precedente. Tale raccordo è ovviamente irrealizzabile senza un minimo di dialogo tra i gradi contigui. Esso va perseguito - come rilevano gli studiosi più attenti al fattore ''cambiamento'' che è implicito nel concetto di continuità - non tanto sul piano metodologico, quanto su quello dell'informazione reciproca. Le metodologie, infatti, non possono che differenziarsi in rapporto ai bisogni e alle risorse dei singoli stadi dell'età evolutiva.</br>
Non è ragionevole ignorare i precedenti percorsi formativi dei singoli allievi. Cancellare o sottovalutare le esperienze pregresse equivarrebbe, tra l'altro, a rinunciare a un minimo di individualizzazione dell'intervento didattico. Si aggraverebbero così le sofferenze scolastiche, notoriamente concentrate nelle classi iniziali. In definitiva, sembra ampiamente dimostrato che il non tener conto di questo aspetto centrale del problema porti al naufragio di qualunque progetto educativo.<ref>Giuseppe Iadanza, ''Continuità nell'età evolutiva'', in ''Continuità'', Editrice La Scuola, Brescia 1996, pp.13-17</ref
==Continuità e dispersione scolastica==
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Il fenomeno dei ''drop out'', ossia dei ragazzi che abbandonano la scuola anzitempo, è in Italia particolarmente allarmante. Siamo infatti agli ultimi posti in Europa, con picchi di abbandono del 22-26% nel Mezzogiorno e con percentuali preocupanti anche nel resto del Paese.<ref>Fonte: Servizio Statistico MIUR, ''La dispersione scolastica'' (giugno 2013), pp. 5-6.</ref> Ciò vuol dire che ogni anno due o tre ragazzi su dieci non tornano sui banchi di scuola. È stato calcolato tra l'altro che il costo economico di questo fenomeno in termini di PIL si aggirerebbe teoricamente intorno ai 70 miliardi di euro all'anno.<ref>''La dispersione scolastica costa 70 miliardi'', in ''Il Corriere della sera'', 1 ottobre 2013. Ricerca basata su dati della Banca d'Italia e dell'ISFOL.</ref></br>
È invece molto difficile trovare dati statistici di fonte attendibile sui risultati dell'attività di ''prevenzione'' e di ''recupero'', al di là di iniziative locali e sporadiche che si affidano, oltre che alla scuola, anche ad agenzie educative presenti sul territorio. Dal momento che le percentuali dell'abbandono coincidono con quelle dell'insuccesso scolastico e si concentrano soprattutto nelle classi iniziali della scuola secondaria di primo e di secondo grado (in breve, scuole medie e superiori), salta agli occhi l'esigenza del raccordo tra i rispettivi cicli.</br>
Non mancano gli strumenti normativi, come quello che istituì, in data ormai remota, il ''Fascicolo dell'alunno'' che dovrebbe correttamente accompagnarlo lungo tutto il percorso formativo.<ref>Il "fascicolo personale dell'alunno" fu istituito con Decreto Ministeriale 16.12.1992, in applicazione della legge 5 giugno 1990, n. 148. Veniva così istituzionalizzata la continuità come processo educativo.</ref>. Tuttavia il contrasto al fenomeno della dispersione e la sua conseguente riduzione non può limitarsi all'uso più o meno corretto del fascicolo personale, ma richiede un dialogo basato più sulla sensibilità pedagogica che non sui vincoli normativi. Ad esempio, mentre è abbastanza diffuso l'uso delle prove d'ingresso e di uscita, sembra si badi assai meno a coinvolgere gli alunni nel progetto, a motivarli nell'apprendimento e ad individualizzare in qualche misura gli interventi in rappporto ai bisogni dei singoli.<ref>Giuseppe Iadanza, ''Tempi, procedure e strumenti'', in ''Continuità'', cit., pp. 61-105.</ref> Qualche studio recente si sofferma opportunamente sul problema del disagio scolastico in età adolescenziale.<ref>Giovanni Mancini, ''L'intervento sul disagio scolastico in adolescenza'', Angeli, Milano 2006.</ref>
==Note== <references/> |