Renzo De Felice: differenze tra le versioni
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Riguardo l'interpretazione da parte di De Felice della politica estera intrapresa da [[Dino Grandi]], lo storico britannico MacGregor Knox scrive di: «singolare interpretazione della diplomazia e della strategia fascista» e di «ancor più bizzarra adorazione per l'ambiguo collaboratore e rivale Dino Grandi»<ref>MacGregor Knox, ''Alleati di Hitler'', p. 199.</ref>, mentre lo storico australiano R.J.B Bosworth parla di «ricomparsa di Grandi nel 1988 in veste di ''eroe'' dell'interpretazione revisionista del regime data da Renzo De Felice»<ref>R.J.B.Bosworth, ''L'Italia di Mussolini'', p. 520.</ref>. Sempre riguardo l'interpretazione di De Felice della politica estera fascista, Teodoro Sala condivide il concetto di una "continuità" del fascismo rispetto al periodo liberale ma scrive anche che «si insiste in modo francamente artificioso sulla prevalenza che il fascismo avrebbe dato, fino alla metà degli anni trenta, a una politica degli interessi nazionali contrapposta a quella successiva fondata più sugli interessi ideologici»<ref>T.Sala, ''Il fascismo italiano e gli Slavi del sud'', p. 220.</ref>.
Lo storico tedesco Lutz Klinkhammer, pur citando varie volte De Felice e apprezzandone alcuni lavori, scrive anche di «impressionante trascuratezza riguardo alle fonti tedesche, cosa che per l'interpretazione del periodo bellico porta necessariamente ad uno stravolgimento della prospettiva»<ref>{{cita libro|Lutz|Klinkhammer|L'occupazione tedesca in Italia|2007|Bollati Boringhieri|Torino|id=ISBN 978-88-339-1782-5}}, p. 435.</ref>. Lo storico Thomas Schlemmer elogia gli autori italiani più giovani per "aver messo in dubbio la tesi, che risale a Renzo De Felice, secondo la quale il fascismo sarebbe fuori dal cono d'ombra dell'Olocausto"<ref>T.Schlemmer, ''Invasori, non vittime'', p. 8.</ref>.
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