Jihād: differenze tra le versioni

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'''Jihad''' ({{IPA|''&#487;ih&#257;dihād''}} <big><b>&#1580;&#1607;&#1575;&#1583;</b></big>) è una parola araba che deriva dalla radice <j-h-d>" che significa "esercitare il massimo sforzo" o "combattere". La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino alla [[guerra santa]].
In quanto termine istituzionale si raccomanda di conservare il genere maschile, originario arabo ("il" jih&#257;djihād), anche alla luce del suo primario significato letterale di "sforzo" o "impegno". Ciò consentirà inoltre di rendere invece femminile la parola ("la" jih&#257;d) quando si voglia parlare di un'organizzazione militante, tradizionalista o terrorista che faccia uso appropriato o strumentale di questo termine, intendendolo chiaramente come "guerra santa".
 
Durante il periodo della rivelazione coranica, allorché [[Maometto]] si trovava alla [[La Mecca|Mecca]], il ''jihād'' si riferiva essenzialmente alla lotta non violenta e personale. In seguito al trasferimento ([[Egira]]) dalla [[La Mecca|Mecca]] a [[Medina]] nel [[622]], e alla fondazione di uno Stato islamico, il [[Corano]] (22:39) autorizzò il combattimento difensivo. Il Corano iniziò a incorporare la parola ''qit&#257;lqitāl'' (combattimento o stato di [[guerra]]), e due degli ultimi versi rivelati su questo argomento (9:5, 29) suggeriscono, secondo studiosi classici come [[Ibn Kath&#299;rKathīr]], una continua guerra di conquista contro i nemici non credenti.<br/>
Tra i seguaci dei [[movimenti liberali islamici|movimenti liberali interni all'Islam]], comunque, il contesto di questi versi è quello di una specifica "guerra in corso" e non una serie di precetti vincolanti per il fedele. <br/>
Questi musulmani liberali tendono a promuovere una comprensione del ''jihadjihād'' che rigetti l'identificazione del ''jihadjihād'' con la lotta armata, scegliendo invece di porre in risalto principi di [[non violenza]]. Tali musulmani citano la figura coranica di [[Abele]] a sostegno della credenza per cui chi muore in conseguenza del rifiuto di usare violenza può ottenere perdono dei [[peccato|peccati]]. Questa è comunque un'interpretazione scarsamente diffusa e nettamente minoritaria all'interno del mondo islamico.
 
Nonostante le interpretazioni posteriori di queste porzioni del Corano, i passaggi in questione sottolineavano chiaramente, all'epoca, l'importanza dell'autodifesa nella comunità musulmana.
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==Come sforzo in generale==
 
I musulmani spesso si rifanno a due significati di ''jihadjihād'' citando un ''[[hadith|ḥadīth]]'' riportato da dall'Imām BayhaqiBayhaqī e da al-Khatīb al-Baghdādī, benché il suo ''[[isnad|isnād]]'' (la catena di tradizioni che può ricondurre sino alle parole di Maometto) sia classificato come "debole":
 
* "jihād minore ''(esteriore)''" - uno sforzo militare, cioè una guerra legale
* "jihād maggiore ''(interiore)''" - lo sforzo per l'automiglioramentoautoemendarsi, personalecontrastando controle ipulsioni desideri basilaripassionali dell'[[io]]
 
Altri esempi di azioni che potrebbero essere considerati ''jihād'' (sulla base di ''hadīthḥadīth'' con migliore ''isnād'') includono:
* Parlare francamente contro un governante oppressivo ("Sunan" di [[Abu Dawud|Abū Dāwūd]], libro 37, numero 4330)
* Andare in ''[[Hajj|Ḥajj]]'' (pellegrinaggio a [[Mecca]]) - per le donne, questa è la migliore forma di ''jihād'' ("SahīhSaḥīḥ" di [[Bukhari|Bukhārī]], volume 2, libro 26, numero 595).
* Prendersi cura dei genitori anziani, come il profeta Muhammad ordinò di fare a un giovane, invece di unirsi a una campagna militare (narrato da Bukhārī, [[Muslim]], Abu Dawud, [[al-Tirmidhi|al-Tirmidhī]] e [[al-Nasa'i|al-Nasā'īNasāʾī]]).
 
Il significato più letterale di ''jihād'' è semplicemente "sforzo", e così è talvolta soprannominato il "jihād interiore". Questo "''jihād'' interiore" si riferisce essenzialmente a tutti gli sforzi che un musulmano potrebbe affrontare aderendo alla religione.
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La tradizione di identificare lo sforzo interiore come "''jihād'' maggiore" (cioè, non militare) pare essere stato profondamente influenzato dal [[sufismo]], un movimento mistico interno all'Islam antico e diversificato.<br/>
Oggi, la parola ''jihād'' è tuttavia usata in numerosi circoli come se avesse una dimensione esclusivamente militare. Per quanto questa sia l'interpretazione più comune di ''jihād'', è degno di nota che la parola non è usata strettamente in questo senso nel Corano, il testo sacro dell'Islam. È anche vero, tuttavia, che la parola è usata in numerosi ''[[hadith|hadīthḥadīth]]'' sia in contesti militari che non militari.
Segue una discussione sulle dimensioni militari del ''jihadjihād'' all'interno dell'islamIslam.
 
==Guerra nell'Islam==
 
===JihadJihād difensivo===
È importante distinguere tra due tipi di guerra religiosa armata nell'Islam, ovvero il ''jihād'' offensivo e il ''jihād'' difensivo. La maggioranza dei musulmani considera la lotta armata contro l'occupazione straniera o l'oppressione da parte di un governo interno degne di ''jihād'' difensivo. In effetti, sembra che il Corano richieda la difesa militare della comunità islamica assediata.
 
In epoca coloniale le popolazioni musulmane insorsero contro le autorità coloniali sotto la bandiera del ''jihād'' (gli esempi includono il [[Daghestan]], la [[Cecenia]], la [[rivolta indiana]] contro la [[Gran Bretagna]] (''Mutiny'' o ''guerra d'indipendenza indiana'') e la [[guerra d'indipendenza algerina]] contro la [[Francia]]). In questo senso, il ''jihād'' difensivo non è diverso dal diritto di resistenza armata contro l'occupazione, che è riconosciuto dall'[[ONU]] e dal [[diritto internazionale]].
 
La tradizione islamica ritiene che quando i musulmani vengono attaccati diventi obbligatorio per tutti i musulmani difendersi dall'attacco, partecipare al ''jihād''. Quando l'[[Unione Sovietica]] invase l'[[Afghanistan]] nel [[1979]], l'eminente militante islamico [[Abd Allah al-Azzam|‘AbdʿAbd Allāh Yūsuf al-‘AzzāmʿAzzām]] (che influenzò in modo determinante [[Ayman al-Zawahiri|Ayman al-Zawāhirī]] e [[Usama bin Laden|Usāma bin Lāden]]) emise una ''[[fatwa]]'' chiamata, ''Difesa delle terre islamiche, il primo dovere secondo la Legge'' [http://www.religioscope.com/info/doc/jihad/azzam_defence_1_table.htm], dichiarando che tanto la lotta afghana quanto quella palestinese erano ''jihād'' nelle quali l'azione militare contro i ''[[kuffar|kuffār]]'' (miscredenti) sarebbe stata ''[[fard ayn|fard ‘aynʿayn]]'' (obbligo personale) per tutti i musulmani. L'editto fu appoggiato dal Gran [[Mufti]] dell'Arabia Saudita, [[Abd al-Aziz Bin Bazz|‘AbdʿAbd al-‘AzīzʿAzīz Bin Bazz]]. Nella ''[[fatwa]]'', ‘AzzāmʿAzzām spiegò:
 
:''... gli ''[[Ulema|‘Ulam&#257;’ʿUlamāʾ]]'' [studiosi religiosi] dei quattro ''[[Madhhab|madhahibmadhāhib]]'' [le scuole di giurisprudenza religiosa] (malikiti, hanafiti, sciafeiti e hanbaliti), i ''MuhaddithinMuhaddithūn'' (studiosi dei ''hadīthḥadīth'' e i commentatori del [[Corano]] (''Mufassirūn'', da ''[[Tafsir|Tafsīr]]'', "esegesi") concordano che in tutte le epoche islamiche il ''jihād'' in queste condizioni diventa ''fard ‘aynʿayn'' (obbligo individuale) per i musulmani del luogo in cui gli infedeli hanno attaccato e per i musulmani più prossimi, per cui i fanciulli agiranno senza il permesso dei genitori, la moglie senza il permesso del marito e il debitore senza il permesso del creditore. E se i musulmani di questo luogo non sono in grado di espellere gli infedeli per mancanza di forze, perché sono distratti, perché sono indolenti o semplicemente non agiscono, allora il ''fard ‘aynʿayn'' si diffonde radialmente dai più vicini ai più prossimi. Se anch'essi si distraggono o, ancora, gli uomini scarseggiano, allora spetta marciare al popolo loro accanto, e al popolo successivo a quest'ultimo. Il processo continua finché diventi ''fard ‘aynʿayn'' per il mondo intero''.
 
Benché tali editti di eruditi contemporanei possano influenzare alcune comunità di credenti, il miliardo e duecento milioni di musulmani odierni è così diversificato che l'azione unificata riguardo ad istruzioni come questa è, in pratica, impossibile da conseguire.
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===''Jihād'' offensivo===
 
Il ''jihād'' offensivo è l'intraprendere guerra di aggressione e conquista contro non-musulmani al fine di sottomettere questi e i loro territori al dominio islamico. Secondo la ''[[Encylopedia of the Orient]]'', "''il jihād offensivo, cioè l'aggressione, è pienamente permesso dall'islam sunnita''" [http://i-cias.com/e.o/]. Un teologo islamico considerato il padre del moderno movimento islamista, [[Abd Allah al-Azzam|‘AbdʿAbd Allāh Yūsuf al-‘AzzāmʿAzzām]], dichiarava nella ''fatwa'' "Difesa dei territori islamici: il primo obbligo secondo la fede":
:"''Il ''jihād'' contro gli infedeli è di due tipi: il ''jihād'' offensivo (dove il nemico è attaccato sul suo territorio) ... [e] il ''jihād'' difensivo. Questo consiste nell'espulsione degli infedeli dalla nostra terra, ed è ''fard ‘aynʿayn'' [obbligo religioso personale per ciascun musulmano], un dovere assolutamente obbligatorio...''"
 
:"''Laddove gli infedeli non si uniscono per combattere i musulmani, combattere diventa ''fard kifāya'' [obbligo religioso per la società musulmana] col requisito minimo di arruolare fedeli a guardia delle frontiere, e di inviare un esercito almeno una volta all'anno a terrorizzare i nemici di Allah. È dovere dell'Imam radunare e inviare un'unità dell'esercito nella Casa della guerra (''[[Dar al-Harb]]'' [le terre non musulmane]) una o due volte all'anno. Inoltre, assisterlo è responsabilità della popolazione musulmana, e se egli non invia un esercito commette peccato. - E gli ''‘ulamā’ʿulamāʾ'' hanno ricordato che questo tipo di ''jihād'' serve a mantenere il pagamento della [[Jizya|jizya]] [la tassa ''pro capite'' per i non musulmani]. Gli studiosi dei principi religiosi hanno detto inoltre: "Il ''jihād'' è ''da‘wadaʿwa'' [chiamata all'Islam] con l'uso della forza, ed è obbligatorio prestarlo con ogni potenzialità disponibile, finché rimarranno soltanto musulmani o gente che si sottomette all'Islam''". [http://www.religioscope.com/info/doc/jihad/azzam_defence_3_chap1.htm].
 
I musulmani che non aderiscono a questa interpretazione militante del ''jihād'' mettono in dubbio la necessità e l'obbligazione del ''jihād'' offensivo in epoca contemporanea. Essi argomentano che la tradizionale "Casa della guerra" riportata nella ''fatwa'' dello ''[[Sceicco|Sheykh]] al-‘AzzāmʿAzzām si riferisce ai regimi ostili e agli imperi che circondavano le prime comunità islamiche. Secondo questa interpretazione, il ''jihād'' offensivo era praticato solo al fine di preservare l'Islam dalla distruzione, ed è oggigiorno obsoleto.
 
A sostegno di questo punto di vista, coloro che rigettano l'[[Islam]]ismo militante tendono a opporsi all'affermazione secondo cui l'Islam nel suo complesso è oggetto di attacco ostile. Pur riconoscendo tanto le turbolenze politiche che le sofferenze, essi fanno notare che i pellegrini musulmani vanno e vengono a loro piacimento al pellegrinaggio annuale del ''[[Hajj]]'', che la libertà religiosa dei musulmani di praticare la loro fede esiste in moltissimi paesi e che numerose comunità islamiche sono emerse in paesi come gli [[USA|Stati Uniti]] e la [[Gran Bretagna]]. Essi propendono a porre in risalto, inoltre, tradizioni islamiche a sostegno della tolleranza per altri gruppi religiosi e sociali.
 
Invece l'interpretazione militante del ''jihād'' è propensa a suggerire una visione del mondo in cui forze ostili antiislamicheanti-islamiche impediscono oggigiorno all'Islam di realizzare il suo pieno potenziale per un'espansione globale pacifica &mdash; una visione del mondo in cui l'Islam sarà alla fine adottato dall'intera umanità se queste forze ostili verranno affrontate socialmente e militarmente.
 
Questo stesso conflitto tra due punti di vista può essere visto come "lotta", o ''jihād'', per l'anima dell'islam contemporaneo.
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=== Chi può autorizzare il jihād offensivo? ===
 
L'interpretazione militante del ''jihād'' dello ''[[Sceicco|Shaykh]]'' al-‘AzzāmʿAzzām descrive il "''jihadjihād'' offensivo" come una campagna che può essere dichiarata solo da un'autorità musulmana legittima e legale, tradizionalmente il [[Califfo]]. Secondo questa interpretazione, nessuna autorità è richiesta per intraprendere il "''jihād'' difensivo" &mdash; poiché, secondo questa opinione, quando i musulmani vengono attaccati, diventa automaticamente obbligatorio per tutti i maschi musulmani in età militare, entro un certo raggio dall'attacco, prendere le difese.
 
La questione di quale autorità musulmana, ammesso che ve ne sia, possa adempiere doveri come dichiarare il ''jihād'' è divenuta problematica da quando, il [[3 marzo]] [[1924]], [[Kemal Ataturk|Kemal Atatürk]] abolì il califfato, che i sultani [[Ottomani]] detenevano dal [[1517]]. In seguito alle strategie di ''divide et impera'' dell'ordine mondiale coloniale e postcoloniale, non esiste oggi un'unica autorità politica costituita che governi la maggioranza del mondo musulmano. A causa della mancanza di organizzazione ecclesiaticaecclesiastica all'interno della vasta maggioranza dei musulmani, qualsiasi aderente può autoproclamarsi ''[[Ulema|‘&#257;limʿālim]]'' (esperto in materia di religione) e proclamare un ''jihād'' difensivo per mezzo di una ''[[fatwa]]''. Il riconoscimento è a discrezione di colui che riceve il messaggio.
 
In assenza di un Califfo, i soli ''leader'' politici islamici di fatto sembrerebbero essere i governi dei moderni stati-nazione musulmani emersi dagli sconvolgimenti della prima parte del XX secolo. Comunque, a causa dell'alleanza e della sudditanza degli Stati-nazione secolari e pseudo-democratici o monarchici del [[Vicino Oriente|Vicino]] e [[Medio Oriente]] alle superpotenze economiche e militari mondiali non islamiche, Stati Uniti, Europa e Russia, i militanti islamisti reputano che gli Stati-nazione moderni emersi a metà [[XX secolo]] siano non-islamici e non rappresentativi di società islamiche. Il [[secolarismo]] è ampiamente percepito dagli islamisti militanti come rappresentativo di interessi politici americani ed europei ostili all'Islam.
 
Di conseguenza, movimenti islamisti (come ''[[Al Qaida|al-Qā'idaQāʿida]]'' e ''[[Hamas|Hamās]]'') si sono presi il compito di dichiarare ''jihād'', scavalcando l'autorità tanto degli Stati-nazione quanto degli esperti religiosi tradizionali. Analogamente, alcuni musulmani (specialmente i [[takfir]]isti) hanno dichiarato ''jihād'' contro specifici governi che percepiscono come corrotti, oppressivi e antiislamicianti-islamici.
 
===Jihadisti contemporanei===
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Sia per i musulmani che per i non musulmani gli attacchi dei militanti sotto l'egida del ''jihād'' possono essere percepiti come atti di [[terrorismo]]. Due gruppi islamisti si chiamano "''Jihād'' islamico": l'[[Egyptian Islamic Jihad]] e il [[Palestinian Islamic Jihad]]. I fiancheggiatori di questi gruppi percepiscono una giustificazione religiosa forte per una interpretazione militante del termine ''jihād'' quale risposta adeguata all'occupazione israeliana della [[Cisgiordania]] (o "West Bank", all'inglese) e della [[Striscia di Gaza]]
 
I musulmani credono che un posto in Paradiso ([[Janna]]) sia assicurato a colui che muore come parte in lotta contro l'oppressione in qualità di [[shahid|shahīd]] ([[martire]], cioè testimone). Descrizioni del Paradiso, nell'Islam come nel Cristianesimo, sono intrinsecamente problematiche. Considerazioni negli [[hadith|ḥadīth]] e nel Corano circa le ricompense spettanti allo ''shahīd'' &mdash; i settantadue "puri spiriti" conosciuti come [[Huri]], i fiumi che scorrono, l'abbondanza di freschi frutti &mdash; possono, a seconda delle prospettive, essere considerati realtà letterali o metafore per un'esperienza trascendente l'umana espressione.
 
Anche qualora la morte di un martire in una operazione militare sia sicura, gli islamisti militanti considerano l'atto un martirio anziché un [[suicidio]]. Qualora musulmani non combattenti periscano in tali operazioni militari, i militanti considerano queste persone ''shahīd'', anch'essi con un posto assicurato in paradiso. Stando a questa concezione, solo il nemico ''[[kafir|kāfir]]'', o i miscredenti, ricevono danno dalle operazioni di martirio. La maggioranza degli eruditi islamici rigetta questa interpretazione. Il suicidio è un peccato nell'Islam. La dottrina maggioritaria degli studiosi discorda dall'approccio militante islamista in materia, e ritiene che le operazioni di martirio siano equivalenti al peccato di suicidio, che uccidere civili sia un peccato e che la [[Sunna]] (il costume, la Retta Via) non permetta né l'uno né l'altro. Per questi studiosi, e per la vasta maggioranza dei musulmani, né le missioni suicide né gli attacchi ai civili sono considerati legittime conseguenze del ''jihād''.
 
Praticamente tutti i musulmani, tuttavia, ritengono che la legittima difesa dell'Islam comporti ricompense nell'Altra Vita. La base dello ''shahīd'' può essere rintracciata nelle parole di Muhammad prima della battaglia di [[Badr]], quando disse:
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Ci sono alcuni religiosi musulmani che autorizzano operazioni di martirio come forma valida di ''jihād'', specialmente contro [[Israele]], i suoi alleati e i suoi sostenitori, in quanto credono che questi attacchi siano risposte legittime all'occupazione israeliana della [[Cisgiordania]] e di [[Gaza]] [http://www.memri.org/bin/articles.cgi?Page=subjects&Area=jihad&ID=SP54203].
 
Eppure l'impermissibilitàla non permissibilità di operazioni di bombe-suicide è suggerita dal seguente ''hadith'':
 
:''"Chiunque deliberatamente si getti da una montagna uccidendosi, starà nel Fuoco (nell'[[Inferno|islamico|Inferno]]), eternamente cascandovi dentro e rimanendovi in perpetuo; e chiunque beva veleno per uccidersi lo porterà con sé e lo berrà nel Fuoco, dove rimarrà per sempre; e chiunque si uccida col ferro porterà con sé quell'arma e con essa si pugnalerà l'addome nel Fuoco dove rimarrà in eterno"'' (BukhariBukharī 7:670).
 
Le organizzazioni militanti [[Fondamentalismo islamico|islamiste]] non costituiscono uno Stato autonomo o una autorità di fatto; nondimeno esse considerano i bersagli economici come obiettivi militari, citando come prova le numerose incursioni carovaniere (vedi la [[Battaglia di Badr]] per una descrizione di tale incursione, e della guerra cui condusse). Resta il fatto, comunque, che la tradizione islamica più antica proibisce espressamente di attaccare donne, bambini, anziani ed edifici civili nel corso di una campagna militare. Il Corano, l'indiscutibile fonte di autorità nell'Islam, denuncia con veemenza l'uccisione di innocenti:
 
"Chiunque uccida una persona - a meno che essa non stia per uccidere una persona o per creare disordine sulla terra - sarà come se uccidesse l'intera umanità; e chiunque salvi una vita, sarà come se avrà salvato la vita di tutta l'umanità". (5:32).
 
Pertanto, in base a questo verso del Corano, se un essere umano non ha
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===Il trattamento dei prigionieri di guerra===
 
L'[[Seconda guerra del golfo|invasione militare dell'Iraq]] da parte degli [[USA]] nel [[2003]] ha suscitato episodi di violente rappresaglie da parte di partigiani musulmani, che hanno catturato e condannato a morte sospetti agenti nemici. La [[decapitazione]] di civili, anche di quelli che intrattenevano contatti con l'esercito statunitense, è stata unanimemente condannata perfino da gruppi militanti islamisti, nonostante la pratica fosse usuale contro i nemici musulmani del [[Califfato]] [[AbabsidiAbbasidi|abbaside]]. , Nel mondo musulmano, per esempio, l'omicidio di [[Nick Berg]] è stato fortemente condannato. Studiosi dell'Università-[[moschea]] di [[al-Azhar]] del [[Il Cairo|Cairo]] hanno emesso una dichiarazione di condanna per l'atto [http://www.islam-online.net/English/News/2004-05/12/article08.shtml], e così hanno fatto numerosi gruppi musulmani in Occidente, compreso il Consiglio delle relazioni americano-islamiche. Il partito islamista [[Sciismo|sciita]] [[Libano|libanese]] [[Hezbollah]] e il gruppo nazionalista palestinese [[Hamas|Hamās]] hanno denunciato l'omicidio. Hezbollah ha emesso una dichiarazione in cui l'avvenimento è detto "atto orribile che fa un torto immenso all'Islam e ai musulmani da parte di un gruppo che finge falsamente di seguire i precetti della religione del perdono".
 
Anche capi religiosi conservatori e fondamentalisti iracheni hanno denunciato l'assassinio. Muthanna al-Dhārī, membro del Consiglio del "clero" musulmano, ha detto che l'atto "''rende un cattivo servizio alla nostra religione e alla nostra causa. Anche se si trattava di un militare, egli doveva essere trattato come un prigioniero che, in accordo con la [[Shari'a|Sharī‘aSharīʿa]] (la legge islamica), non deve essere ucciso''". ‘IyādʿIyād Sāmarrā’īSāmarrāʾī del "Partito Islamico" ha commentato "''Questo è assolutamente sbagliato. L'Islam invero proibisce l'uccisione o il maltrattamento dei prigionieri''" [http://www.islam-online.net/English/News/2004-05/12/article03.shtml].
 
Come era pratica comune nel [[Medioevo]], l'Islam in effetti considera i prigionieri di guerra un bottino. Quando Muhammad e i suoi eserciti risultavano vittoriosi in battaglia, i prigionieri di guerra maschi o venivano restituiti alle tribù dietro riscatto, o scambiati con prigionieri di guerra musulmani, oppure venduti come schiavi, com'era costume dell'epoca. Anche le donne e i bambini catturati e fatti prigionieri correvano il rischio di cadere in [[schiavitù]], benché la conversione all'Islam fosse una strada per ottenere la libertà.
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===Brani dal Corano sulla guerra===
 
Il Corano usa il termine "jihād" solo quattro volte, nessuna delle quali fa riferimento alla lotta armata. Come tale, l'uso della parola ''jihād'' in riferimento alla guerra canonica islamica, fu un'invenzione posteriore dei musulmani. Tuttavia, il concetto di guerra legale islamica non fu a sua volta una invenzione posteriore, e il Corano contiene passaggi che si riferiscono a specifici eventi storici e che possono chiarire la teoria e la pratica dalla lotta armata (''qit&#257;lqitāl'') per i musulmani.
 
In questo senso è decisivo il passo 193 della Sura II, nel quale compare la parola "fitna" ([[lingua araba|arabo]] "prova"), che in arabo ha un significato molto ampio, che include sia la ribellione che il vizio, nei confronti di Allah e delle sue creature.
 
Il termine viene solitamente tradotto con "persecuzione" poiché è preceduto da una chiara espressione "scacciateli da dove vi hanno scacciati".
 
Dal testo coranico, però, non emerge chiaramente se lail "jihadjihād" sia finalizzatafinalizzato alla conversione e sottomissione dei non-credenti oppure a garantire la libertà di culto per i musulmani. A sostegno di questa interpretazione, troviamo la legge del contrappasso, l'invito a rispettare le tregue durante i mesi sacri, a desistere senza rappresaglia in caso di resa, e al fatto che tutti gli imperativi sono preceduti o seguiti da un riferimento alla persecuzione. Ecco di seguito alcuni esempi:
 
:"Combatti per la causa di Dio chi ti combatte, ma non superare i limiti; poiché Dio non ama coloro che eccedono".- (2:190)
 
:"Uccideteli dovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscrecentimiscredenti". (2:191)
 
:"Se però cessano, allora Allah è perdonatore, misericordioso". (2:192)
 
:"Combatteteli finché non ci sia più persecuzione (''Fitna'', in [[lingua araba|arabo]]) e il culto sia [reso solo] ad Allah. Se desistono, non ci sia ostilità, a parte contro coloro che prevaricano". (2:193)
 
:"Mese sacro per mese sacro e per ogni cosa proibita un contrappasso. Aggredite colori che vi aggrediscono. Temete Allah e sappiate che Allah è con coloro che Lo temono". (2:194)
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* P. Partner, ''God of Battles. Holy Wars of Christianity and Islam'' (trad. it.: ''Il Dio degli eserciti. Islam e Cristianesimo: le guerre sante'', Torino, Einaudi, 1997).
* Gilles Kepel, ''Le Prophète et Pharaon'', Parigi, Ed. du Seuil, 1984 (trad. it. ''Il Profeta e il Faraone'', Roma, Laterza, 2006).
* Paolo Branca, ''L'islam delle origini e la guerra. Analisi del concetto di jihad nel Corano e nella Carta di Medina'', in Paolo Branca; V.Vermondo Brugnatelli (a cura di), in: ''Studi arabi e islamici in memoria di Matilde Gagliardi'', Milano, ISMEO, 1995, pp. 43-61.
 
== Voci correlate ==