Juan Antonio Llorente: differenze tra le versioni
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|Didascalia = Ritratto dipinto da [[Francisco de Goya|Goya]] tra il [[1810]] e il [[1811]] di Llorente raffigurato con la croce di cavaliere commendatore dell'[[Ordine Reale di Spagna]].}}
==Biografia <small><ref>[http://www.biografiasyvidas.com/biografia/l/llorente_juan.htm Fonte principale ''Biografias e vidas'']</ref> </small> ==
Quinto figlio di Don Juan y Llorente Francisco Alcaraz e de María Gonzalez Mendizábal, studiò filosofia a Tarragona e diritto a Saragozza. Ordinato sacerdote a 23 anni fu promosso dottore di diritto canonico nel 1779. Dopo essere stato avvocato del consiglio supremo di Castiglia (1781) e vicario generale della diocesi di Calahorra (1782) nel 1785 fu nominato, senza un incarico reale specifico, commissario del Sant'Ufficio a [[Logroño]]. Giunto a Madrid nello stesso anno come esecutore testamentario della duchessa di Sotomayor, prima dama e vicecameriera della regina, che gli procurò la nomina di commissario del Sant'Ufficio e segretario dei soprannumerari della Corte dell'Inquisizione. In questo ruolo partecipò a tre processi (1790) <ref>Del duca d'Almodovar, ambasciatore di Spagna a Vienna, dell'agostiniano Pedro Centeno e di un cappucino di [[Cartagena de Indias]]</ref> In questo periodo LLorente comincia a interessarsi e a pubblicare le sue prime opere di storia e come storico entra a far parte dell'Accademia di storica che era stato da poco fondata. Nel 1790 viene nominato canonico di Calahorra ma rimane a Madrid. Nello stesso anno l'inquisitore generale Cavallos lo propone come inquisitore di Cartagena de Indias ma Llorente rifiuta poiché questo incarico gli avrebbe impedito di godere delle rendite canoniche di Calahorra. Accetterà l'incarico solo nel 1791.
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==Opere==
===''Storia critica dell'Inquisizione spagnola''===
La sua opera più nota, la ''Historia critica de la Inquisicion en España y America'', ebbe grande successo appena pubblicata a Parigi nel 1817 e tradotta in spagnolo nel
Come in altri trattati anche qui Llorente si caratterizza per quella faziosità <ref>''Enciclopedia Italiana Treccani ibidem''</ref> che notava il cardinale Paolo Polidori, censore della congregazione, in uno scritto del 1824:
{{Quote|Juan Antonio LLorente, notissimo[autore] di altre opere celebri pel più sfrontato disprezzo della Santa Sede Apostolica […] costante nelle sue idee chiede che si tolga l’appello a Roma, onde sempre più resti esclusa ogni giurisdizione straniera <ref>Index Librorum Prohibitorum, prot. 1823-1824 (106), ff. 432r-440v.</ref>.}}
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