Pietro Cossa: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Figlio di Francesco, benestante di Arpino, e della torinese Marianna Landesio, nel 1851 emigrò in [[America]], dove fu cantante. Nel 1857 rientrò stabilmente in Italia, dedicandosi all'insegnamento. Cossa acquisì notorietà con ''Nerone'' ([[1872]]) e ''Messalina'' ([[1876]]), drammi storici in versi. La sua produzione drammatica comprende circa quindici lavori tutti d'argomento storico.
 
Nacque a Roma da una modesta famiglia di [[Arpino]]. Da piccolo rimase orfano di padre e fu affidato alle cure di uno zio sacerdote e docente di teologia, il quale gli fece conoscere e amare i classici latini. Dopo circa due anni di seminario a [[Segni]], studiò a Roma in un collegio di Gesuiti, dal quale fu espulso per le sue intemperanze. <ref>A. Branchetti, ''Aneddoti sulla vita di Pietro Cossa'', Roma, 1895, p. 10.</ref>.
Ammiratore del [[verismo]] Pietro Cossa si è inserito nella fase rinnovatrice della [[storia del teatro]] italiano. I suoi lavori, che riscossero il maggior successo nei primi anni del [[XX secolo|Novecento]], non rientrano attualmente nel repertorio delle compagnie.
 
Dopo aver militato nei moti del 1849, fu esule nell'America Latina dopo la caduta della [[Repubblica Romana]]. Nel Perù e in Cile fece le sue prime esperienze nel mondo della lirica come cantante nell'''Ermani'' di Verdi e nel ''Barbiere di Siviglia'' di Rossini. Nel 1857 fece ritorno a Roma, dove visse con la madre dedicandosi agli studi letterari e scrivendo poesie e libretti d'opera. La sua prima opera di una certa importanza, ''Mario e i Cimbri'', fu pubblicata nel 1964 dall'editore [[Barbera]] di Firenze, ma mai rappresentata.
Il Comune di [[Torino]] gli ha intitolato una importante via di scorrimento, al confine dell'area metropolitana .
 
Insegnò italiano e storia nella scuola tecnica "Metastasio" di Roma e collaborò a vari quotidiani e periodici. Nel 1870 fece parte della Giunta governativa come regio commissario nei comuni della provincia. La sua fama di drammaturgo si consolidò definitivamente con la rappresentazione del ''Nerone'', la sua opera maggiore. Si ammalò di tifo a Livorno e morì in un albergo di questa città nell'estate del 1881. <ref>Alcuni dati biografici, e in particolare quelli relativi all'infanzia, derivano da una lettera dello stesso autore pubblicata in ''Fanfulla della Domenica'', n. 39, settembre 1881.</ref>.
 
==Note==
 
<references/>
 
==Altri progetti==