Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

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Garibaldi tentò i primi attacchi alla penisola senza successo: l'8 agosto [[Benedetto Musolino]] attraversò lo [[Stretto di Messina|Stretto]] a capo di una spedizione di 250 uomini,<ref>{{cita libro|Nicola |Fano |Castrogiovanni, pag 134|2010|Baldini Castoldi Dalai||isbn = 978-88-6073-536-2}}</ref> ma l'assalto al [[forte di Altafiumara]] venne respinto e i garibaldini costretti a rifugiarsi sull'[[Aspromonte]], mentre la Tükoy fallì l'arrembaggio al ''Monarca'' che si trovava ancorato al [[porto di Castellammare di Stabia]] il 13 agosto [[1860]].
 
A bordo dei due piroscafi, giunti dalla Sardegna, il ''Torino'' e il ''Franklin'' Garibaldi e i suoi uomini sbarcarono a [[Melito di Porto Salvo|Mèlito Porto Salvo]] (vedi: [[Sbarco a Melito]], vicino Reggio ([[Calabria]]), il 19 agosto [[1860]].<ref>{{Cita|Possieri|p. 177}}, 1200 salirono sulla Franklin con Garibaldi, 3000 sul Torino con Bixio che però si arenò, per i particolari anche del soccorso al Torino si veda {{Cita|Montanelli|p. 393}}</ref>
 
Aggirarono e sconfissero i borbonici, comandati dal generale [[Carlo Gallotti]], nella [[battaglia di Piazza Duomo]] a [[Reggio Calabria]] il 21 agosto.<ref>Le condizioni della resa si leggono in: {{cita libro|Indro|Giuseppe | La Masa e Giuseppe Garibaldi |Alcuni fatti e documenti della rivoluzione dell'Italia meridionale del 1860 riguardanti i Siciliani e La Masa pp. 229-230|1861|S. Franco e figli|}}</ref> I due generali borbonici [[Fileno Briganti]] e [[Nicola Melendez]] forti di quasi 4.000 uomini, senza l'appoggio di [[Giuseppe de Ballesteros Ruiz]], si arresero a Garibaldi il 23 agosto 1860.<ref>{{Cita|Scirocco|pp. 285-286}}, si veda anche {{cita libro|Giuseppe |Ruiz de Ballestreros |Di taluni fatti militari negli ultimi rivolgimenti del reame delle Due Sicilie, pag 454|1868 |Tip. di L. Gargiulo|}}</ref> Briganti venne ucciso dai suoi stessi soldati.<ref>si veda {{Cita|Mino|p. 338}} e {{cita libro|Mario |Montanari |Politica e strategia in cento anni di guerre italiane: Il periodo risorgimentale (Volume 1), pag 454||Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico |}}</ref> Il 30 agosto ebbero la meglio sul generale [[Giuseppe Ghio]].<ref>Raggiunse le truppe che si stavano dirigendo al nord mentre gli insorti gli sbarrarono la strada. Il tutto si svolse nei pressi di [[Soveria]]. Si veda: {{Cita|Mino|p. 338}}</ref> Il 2 settembre l'[[Esercito meridionale]] arrivò in [[Basilicata]] a [[Rotonda (Italia)|Rotonda]] (la prima provincia continentale del regno ad insorgere contro i Borboni),<ref>[[Tommaso Pedio]], ''La Basilicata nel Risorgimento politico italiano (1700-1870)'', Potenza, 1962, p. 109</ref> e cominciò una rapida marcia verso nord, che si concluse, il 7 settembre, con l'ingresso in [[Napoli]].<ref>{{Cita|Smith|p. 123}}</ref>
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{{vedi anche|Giornata dell'Aspromonte|Battaglia di Mentana}}
 
Per l'intera esistenza Garibaldi colse ogni occasione per liberare [[Roma]] dal [[potere temporale]]; grazie al successo passato, nel [[1862]], organizzò una nuova spedizione, senza considerare che [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], l'unico alleato del neonato [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], proteggeva Roma stessa. Il 27 giugno [[1862]] Garibaldi si era imbarcato sul ''Tortoli'' a [[Caprera]] per la [[Sicilia]]. Durante un incontro commemorativo della spedizione dei mille si convinse a marciare verso Roma,<ref>Nel suo discorso, proclamato dal balcone del conte Mario Grignani, disse «Sì, Roma è nostra» al che la folla rispose «Roma o morte», si veda: {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni con Campanella Collection|Garibaldi: libro di lettura per il popolo italiano, pag 324|1912|G. Barbèra|}} e {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 389|1982|Mursia|}}</ref> (vedi anche: [[Roma o morte (frase)]] e trovò 3.000 uomini nei pressi di [[Palermo]] pronti a seguirlo. Il 19 agosto incontrò la popolazione di Catania a [[Misterbianco]].
 
Prese due navi, il ''Dispaccio'' e ''Generale Abbatucci'', partendo di sera, costeggiando gli scogli, eluse le navi di [[Giovanni Battista Albini]]. Il 25 agosto 1862, alle 4 del mattino, sbarcava in Calabria, fra [[Melito di Porto Salvo]] e [[capo dell'Armi]].<ref>{{Cita|Montanelli|p. 456}}</ref> Con duemila uomini, continuò la marcia, non seguendo la costa per via del fuoco di una nave; si inoltrarono quindi per il massiccio dell'[[Aspromonte]]. La sera del 28 agosto si contarono 1.500 uomini; il [[29 agosto|giorno successivo]] si scontrarono con le truppe di [[Emilio Pallavicini]] a cui il governo di [[Torino]] aveva affidato circa 3.500 uomini.