Max Scheler: differenze tra le versioni
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Uno dei punti di maggior attrito nelle diverse interpretazioni sull'ultimo Scheler è quello relativo al nodo del dualismo cartesiano. Eppure Scheler a proposito è molto chiaro:
L'interpretazione che riconduce Scheler al dualismo cartesiano, assimilando di fatto Scheler a Klages, ebbe vasta diffusione, probabilmente anche in quanto venne proposta con molta insistenza sia da Plessner che da Gehlen, e per certi versi dallo stesso Cassirer in un articolo del 1930<ref>"Spirito e vita nella filosofia contemporanea" (ora in: Cassirer, ''Spirito e vita'', a cura di R. Racinaro, Salerno 1992). In Italia su questa linea si è espresso F. Bosio, che ha definito il rapporto fra spirito e vita in Scheler nei termini di un "dualismo addirittura ontologico" (F. Bosio, ''L'idea dell'uomo e la filosofia nel pensiero di Scheler'', Roma 1976, p. 272) e più recentemente M. T. Pansera, che vede solo in Plessner, e non in Scheler, un superamento del dualismo cartesiano: «a differenza di quella scheleriana, la prospettiva filosofica di Plessner rifiuta qualsiasi conclusione dualistica che opponga spirito e vita, anima e corpo, ''res cogitans'' e ''res extensa''» (M. T. Pansera, ''Antropologia filosofica'', Milano 2007, p. 20).</ref> Il dualismo si sarebbe inoltre accentuato nell'ultimo periodo in seguito all'allontanamento dal cattolicesimo fino a sfociare in un "dualismo panteista".<ref>Questa tesi è stata recentemente ripresa da S. Sánchez-Migallón, ''La persona humana y su formación en Max Scheler'', Eunsa, Pamplona 2006.</ref> Questo canone interpretativo a metà degli anni Novanta è stato messo in discussione da G. Cusinato, notando che l'opposizione fra spirito e vita, che è in realtà già ben presente nel periodo intermedio (anche se non nel senso del dualismo cartesiano), nell'ultimo periodo, in concomitanza con l'elaborazione dell'antropologia filosofica, non può essere interpretato nel senso del dualismo cartesiano fra ''res cogitans'' e ''res extensa'' ma piuttosto della distinzione di due attributi spinoziani. La questione decisiva è che dopo il 1923, il termine spirito (''Geist'') e persona non coincidono più<ref>Cfr. in particolare G. Cusinato, ''La tesi dell'impotenza dello spirito e il problema del dualismo nell'ultimo Scheler'', in: «Verifiche», XXIV 1995, pp. 65-100</ref>. Dopo il 1923 la persona diventa infatti un centro reale dotato di forza, che inaugura un inizio excentrico rispetto alla chiusura ambientale: diventa l'essere capace di ''Weltoffenheit'', al centro dell'antropologia filosofica. In questo nuovo contesto l'opposizione diventa semmai quella fra vita e intelletto: «non lo spirito, ma solo l'intelletto ipersublimato, che Klages confonde con lo spirito, è in un certo senso ostile alla vita»<ref>Max Scheler, GW IX, p. 150</ref>. Lo spirito invece diventa completamente ''impotente'': «per sua natura e fin dall’inizio lo spirito non possiede alcuna energia propria»<ref>Max Scheler, ''La posizione dell'uomo'', cit., p. 152</ref>. A proposito del dualismo cartesiano Cusinato si chiede: con quali forze uno spirito originariamente impotente si potrebbe contrapporre dualisticamente alla vita? La soluzione consisterebbe in una rilettura del rapporto fra spirito (''Geist'') e impulso vitale (''Drang'') nel senso di una progressiva ''compenetrazione'' (il termine centrale per comprendere l'ultima fase del pensiero di Scheler non sarebbe dunque quello di "dualismo" ma di ''Durchdringung'') a livelli sempre più complessi. Tuttavia finché incentrato su di un concetto astratto di spirito, questo sembra rimanere un tentativo che non viene a capo di numerose ambiguità e aporie. Una alternativa è eventualmente quella di rileggere il concetto di ''Geist'' attraverso quello di ''Bildung'' o di "compartecipatività"<ref name="ReferenceA">G. Cusinato, ''Person und Selbsttranszendenz'', Würzburg 2012</ref>
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