Enore Zaffiri: differenze tra le versioni

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Il [[1966]] è l'anno di fondazione dello '''Studio di informazione estetica''': lo SMET, in collaborazione col pittore Sandro De Alexandris e il poeta visuale Arrigo Lora Totino, dà vita ad un esperimento di sintesi estetica tra le sintassi musicali, poetiche e visive. Il centro di corso Vittorio Emanuele II 32 ospita un laboratorio di musica elettronica e un atelier di scultura dove lo stesso Zaffiri realizza i suoi oggetti in ottone, naturalmente ricavati dai medesimi progetti geometrici che danno vita alle composizione elettroniche. Ormai la figura del musicista circola con frequenza negli ambienti culturali torinesi, dove si moltiplicano gli incontri e i concerti con altri musicisti italiani, come Grossi o [[Vittorio Gelmetti]]. E proprio sull'onda di questa nuova fama, al corso sperimentale di composizione elettronica organizzato quell'anno dallo Studio confluisce un numero elevato di giovani musicisti e di matematici, che daranno vita al primo di numerosi progetti di gruppo: ''EL /25''. Tra gli intellettuali torinesi ai quali non sfugge l'importanza di quanto sta avvenendo vi è anche il poeta e scrittore [[Edoardo Sanguineti]], grazie al cui appoggio Zaffiri viene ospitato presso l'«Unione Culturale» del capoluogo piemontese per un intero ciclo di manifestazioni musicali. Dall'ultima sua composizione geometrica, intanto, ''Q/64/II'', il musicista ricava ben 254 versioni sonore. <br/>
Nel [[1967]] prolificano i lavori di gruppo dello Studio di informazione estetica. Le composizioni – ''Q/110, SP/Q/20'', ecc. –, destinate ad esplorare con metodo e rigore matematico lo spettro sonoro degli oscillatori elettronici, verranno rese pubbliche con il volume ''Due scuole di musica elettronica in Italia'', dell'editore Silva di [[Genova]], pubblicato nel 1968 in occasione del Convegno internazionale di musica elettronica di Firenze. Il 21 gennaio, intanto, lo Studio di informazione estetica esce dall'Italia: a [[Monaco di Baviera|Monaco]], esso organizza la [[Sonorizzazione (media)|sonorizzazione]] di una mostra presso lo studio UND. Si sviluppa così il concetto di musica d'ambiente, che troverà la sua massima espressione nel progetto ''Musica per un anno'' (edito dal centro Duchamp di San Lazzaro di [[Bologna]] nel [[1970]]). La musica elettronica dello SMET diventa così un veicolo di ambientazione sonora di mostre d'arte d'avanguardia in molte città italiane: e il progetto ''Musica per un anno'' ne costituisce l'espressione nello stesso tempo più compiuta e visionaria (la partitura è infatti una struttura la cui natura combinatoria "infinita" permette la generazione di una linea sonora continua ma continuamente cangiante, della durata di 365 giorni). Nel mese di maggio, presso lo SMET, Zaffiri allestisce una personale di oggetti visivi, ognuno dei quali ha il suo corrispondente prodotto sonoro: è il punto più alto raggiunto dal concetto di "matrice strutturale". A compimento di questa straordinaria stagione creativa, esce il numero unico della rivista «Modulo», rassegna internazionale di [[poesia concreta]] e visiva curata da [[Arrigo Lora Totino]]. <br/>
Nel [[1968]] lo SMET si trasferisce al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Torino, grazie all'interesse dell'allora direttore Sandro Fuga e all'attenzione personale dell'Ispettore capo all'istruzione artistica del [[Ministero della Pubblicapubblica istruzione]], dott. Boccia. Già docente di Cultura musicale generale, Zaffiri mette a disposizione dell'istituzione, benevola ma avara, le sue apparecchiature personali. Quella del rapporto tra SMET e Conservatorio è una storia tormentata e ricca di momenti non sempre esaltanti: la mancanza di spazio e di fondi tormenta l'istituto già in quel periodo e il nuovo Corso di musica elettronica ne paga come e più degli altri le conseguenze. Ciò avviene malgrado il numero di iscritti sia in continua crescita e tocchi vette inimmaginabili per una classe di conservatorio (ricordiamo le più di 60 domande dell'anno 77/78). Nella classe si procede ancora in lavori di gruppo, ma già nascono i primi componimenti individuali degli allievi, sempre alla luce del collaudato metodo geometrico-strutturale. I lavori vengono presentati ai saggi finali di studio. Tra i primi allievi ricordiamo i nomi di Gilberto Bosco, [[Gianfranco Vinay]], Ferruccio Tammaro. Nello stesso anno, alcuni lavori di Zaffiri vengono presentati a [[Lugano]], Monaco, [[Berlino]], [[Innsbruck]], [[Heidelberg]].<br/>
Nel [[1969]] il corso di musica elettronica del Conservatorio di Torino dirige le sue ricerche sull'accostamento tra suoni elettronici e strumenti tradizionali, nonché sulla vocalità. Sorge quindi l'esigenza di uno strumento elettronico manipolabile "dal vivo", di uno "strumento da concerto". Con la collaborazione dell'ing. Claudio Bonechi e il finanziamento del Centro Duchamp di San Lazzaro di Bologna nasce l'''elaboratore Z/B'', capace di utilizzare suoni elettronici pre-registrati e manipolati in tempo reale. Frattanto al corso di Musica elettronica si iscrive [[Lorenzo Ferrero]], che diventerà un esponente di spicco della nuova avanguardia musicale italiana degli anni '80 e futuro direttore artistico di importanti sedi musicali italiane tra cui l'Arena di Verona. Le composizioni zaffiriane continuano a girare per l'Europa: [[Bruxelles]], [[Avignone]], [[Hannover]].