Cesare Beccaria: differenze tra le versioni
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* non è necessaria in tempo di pace
Essa non svolge un'adeguata azione intimidatoria poiché lo stesso criminale teme meno la morte di un ergastolo perpetuo o di una miserabile schiavitù, si tratta di una sofferenza definitiva contro una sofferenza reiterata. Nei soggetti osservanti, essa può poi apparire come uno spettacolo o suscitare compassione. Nel primo caso, essa indurisce gli animi, rendendoli più inclini al delitto; nel secondo, non rafforza il senso di obbligatorietà della legge e il senso di fiducia nelle istituzioni, anzi lo diminuisce. Anche se la pena assumesse un aspetto deterrente, essa apparirebbe uno strumento troppo dispendioso in quanto dovrebbe essere irrogata spesso per esercitare la dovuta impressione sugli uomini. Suggerisce invece di sostituirla con i lavori forzati, in modo che il reo, ridotto a “''bestia di servigio''”, fornirà esempio duraturo ed incisivo dell’efficacia della legge, risarcendo la società dai danni provocati; e, così facendo, nel contempo si salvaguarda il valore della vita.
Questa condizione è assai più potente dell’idea della morte e spaventa più chi la vede che chi la soffre; è quindi efficace ed intimidatoria, benché tenue. In realtà così facendo viene sostituita alla morte del corpo la morte dell’anima, il condannato viene annichilito interiormente. Tuttavia non è la punizione fine a sé stessa l'obiettivo di Beccaria, ma utilizza questo argomento dell'afflittività penale per convincere i governanti e i giudici, in quanto il suo fine resta eminentemente rieducativo.<ref>''Cesare Beccaria, la scoperta della libertà'', con [[Lucio Villari]], Il tempo e la storia, Rai Tre</ref> Beccaria ammette che il ricorso alla pena capitale sia necessario solo quando l’eliminazione del singolo fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, come nel caso di chi fomenta tumulti e tensioni sociali: ma questo caso non sarebbe applicabile se non verso un individuo molto potente e solo in caso di una [[guerra civile]].<br />
Tale motivazione fu usata da [[Maximilien de Robespierre]] (inizialmente avverso alla pena capitale) per chiedere la condanna di [[Luigi XVI]], che invece diede il via ad un uso spropositato della pena di morte, e poi al [[Regime del Terrore|Terrore]], certamente non ammissibile nel pensiero di Beccaria, che infatti prese le distanze, come molti illuministi moderati, dalla [[Rivoluzione francese]] dopo il [[1793]].
=== L'avversione alla tortura ===
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