CCPL: differenze tra le versioni

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Nel 1922 si concludono le trattative con l’amministrazione provinciale per la costruzione della ferrovia Reggio-Boretto (o Reggio-Po), al Consorzio Reggiano ne è affidata la costruzione mentre al Consorzio Reggio-Ciano è delegata la gestione dell’esercizio.
 
I due Consorzi strutturano sempre meglio la loro azione sul territorio, ma nel frattempo la crisi politica precipita: lo [[squadrismo]] fascista organizza a Reggio Emilia le prime aggressioni alle sedi delle organizzazioni operaie come la [[Camera del Lavoro]], la tipografia “La Giustizia” e i circoli socialisti<ref> Testimonianza di Lice, operaia della Bloch di Reggio Emilia: “E’n dove stèva mé gh’èra la coperatìva [Dove stavo io c’era la cooperativa] e sono venuti a bruciarla. C’era lo spaccio, c’era l’osteria, tutto; lé gnìven a dèr l’òli a me péder, a me sìo… tótt i me sìo e gh’an dé l’òli [lì venivano a dare l’olio a mio padre, a mio zio… a tutti i miei zii hanno dato l’olio]. Un giorno ha cominciato a bruciare tutto, tutta la casa e noi eravamo lì. Allora [i fascisti]… e vìnen só per al schèli a ciamèrs só che s’alvòma […vengono su per le scale a chiamarci perché ci alzassimo]: «Bruciate in casa!!» L’è saltèda fora me mèdra: «Vigliàcc, a si stèr vuèter ca s’ì brusèe, e adèsa a s’al gni a dìr…». Me pèder: «Mo tès, am méten dèinter me, mo se dìt!?». Mo lèe: «Vigliàcc… – e s’an sbraghé tótt i’ós dal cambri, con chi sciòpp lé!», E lèe puvrètta la gh’ìva d’avèir già me surèla… [È venuta fuori mia madre: «Vigliacchi, siete stati voialtri a darci fuoco, e adesso venite a dircelo…». Mio padre: «Mo’ taci, che mi mettono dentro me, cosa dici!?». Ma lei: «Vigliacchi…» – e ci hanno rotto tutte le porte delle camere, con quei fucili! E lei poveretta era incinta di mia sorella…] che difatti la Renata, se ha qualcosa, mettiamo, sviene…». Cfr. N. Caiti, R. Campari, L. Cottafavi et al., Una storia, tante storie. Operaie della Bloch a Reggio Remilia 1924-1978, Roma, Ediesse, 1986, citato da Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit., p. 135. Amus Fontanesi scrive: “La pressione sulle cooperative di produzione e lavoro per farle capitolare si esercitava in questo modo:
a. si bastona qualche suo rappresentante;
b. i comuni conquistati dai fascisti non danno più lavori alle cooperative “rosse” o “bianche” ma solo alle cooperative diventate “nazionali” o “fasciste” e ai sindacati corporativi fascisti;
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A questa iniziativa, che non si concretizza, segue la proposta dell’esponente del regime fascista Natale Prampolini: trasformare il Consorzio Reggiano in una Federazione Reggiana di [[Cooperative Nazionali]]. Il rifiuto da parte del Consorzio Reggiano spinge il regime cercare altre soluzioni.
 
Nel 1924 le otto cooperative che lavorano sulla tratta ferroviara Reggio-Boretto si costituiscono nel Consorzio tra Cooperative di Produzione e Lavoro fasciste ([[CCPLF]])<ref> Elenco delle otto cooperative fasciste che danno vita al Consorzio e loro presidenti. Cooperativa Muratori “L’indipendente” di Guastalla (Domenico Bassi), Cooperativa Braccianti agricoli di Guastalla (Luigi Benfatti), Cooperativa Birocciai di Guastalla (Giovanni Folloni), Cooperativa Muratori “La Vittoria” di Castelnuovo Sotto (Angelo Vezzani), Cooperativa braccianti “La Concordia” di Castelnuovo Sotto (Oliviero Macinini), Cooperativa Braccianti ed Affini di Boretto (Giuseppe Bonora), Cooperativa di Produzione e Lavoro Braccianti di Lentigione (Demetrio Manfrini), Cooperativa Nazionale Edile Fascista di Reggio Emilia (Mario Rinaldini). Cfr. Amus Fontanesi, CCPL 1904-1994, cit. p. 25.</ref>, l’atto porta la data 11 settembre 1924, d.l. n. 1516; la sede è a Reggio in via De Amicis, 22.
Il Consiglio di amministrazione del Consorzio fascista è presieduto da Luigi Benfatti mentre il direttore è l’ing. Enrico Nasi di Rolo.
L’amministrazione provinciale, oramai controllata dal regime, priva il Consorzio Reggiano della concessione per darla alla SAFRE, la quale avoca a sé la gestione della linea e cede i lavori di costruzione al [[CCPLF]].
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Superata la “[[crisi Matteotti]]”, il governo fascista vara sei decreti prefettizi per evitare lo scioglimento delle cooperative e la ripartizione del capitale fra i soci. Nel 1925 vengono commissariate le più importanti cooperative locali e il Consorzio Reggiano. [[Dante Giordani]] (segretario dei sindacati fascisti e revisore del Consorzio fascista) è nominato commissario della Camera del lavoro, del CCPL e del Consorzio Reggiano.
Il 30 ottobre 1926, quando [[Mussolini]] arriva a [[Reggio Emilia]] per inaugurare i 29 &nbsp;km della tratta ferroviaria Reggio-Boretto, la situazione è oramai del tutto normalizzata.
Nel gennaio 1928 il commissario Dante Giordani porta a termine la fusione tra il Consorzio fascista e il Consorzio Reggiano (preventivamente svuotato di ogni risorsa economica). La sede rimane in via Garibaldi 12, nei locali dell’ex-Consorzio Reggiano.
 
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L’8 maggio 1945 il prefetto del [[CLN]], Vittorio Pellizzi, designa i commissari straordinari del Consorzio: il rag. Pietro Negroni, comunista, presidente; il geom. Alberto Pasini, democristiano, vicepresidente, Ivano Curti socialista, l’ing. Dante Montanari, socialista, direttore. La Commissione<ref>La Commissione, ai fini dell’epurazione, decide di attenersi esclusivamente a fatti concreti, licenziando solo nove persone tra cui il direttore Giuseppe Lombardini, il vicedirettore, ing. Igino Gazza e il segretario amministrativo, rag. Mario Canalini. La formula adottata tra le parti è, per la verità, quella delle dimissioni volontarie. Si tiene infatti a salvaguardare, anche in un passaggio di fase così drammatico, quello stile ovattato e nutrito di valori tecnici per cui il Consorzio si è distinto nel tempo. Sul tema dell’epurazione, Osvaldo Salvarani ricorda: “Alcuni erano fascisti, ma di questi non ricordo bene; altri rimasero, perché non erano stati degli attivisti. Perché poi bisogna dire una cosa: io sono figlio di un socialista, che era stato assunto perché aveva quattro figli. E teneva nel cassetto del comò, nel segreto del comò, la foto di Prampolini. Però se tu non ti iscrivevi ai Gruppi universitari fascisti, come ho fatto io, non potevi fare l’università!”. Cfr. Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit., p. 193.</ref> provvisoria procede all’epurazione dei dipendenti compromessi con il [[fascismo]] e alla verifica del bilancio.
 
Il 15 luglio 1945 l’assemblea elegge gli organi del Consorzio, presidente è Ivano Curti<ref> “Curti da giovane era comunista. Poi dopo successe il fascismo, e difatti era venuto a Milano, poi da Milano è ritornato a Reggio. A Reggio si era iscritto agli Avanguardisti, poi dopo ha abbandonato, ed è andato a Ligonchio, che allora si costruiva la centrale di Ligonchio. Curti va a fare l'assistente a Ligonchio. E guarda, se tu hai la possibilità di vedere storicamente le agitazioni fatte a Ligonchio, alla Centrale, grazie all'atteggiamento di Curti, nonostante che era... Poi dopo Curti viene trasferito in Sicilia, da quella società là, e dalla Sicilia lo mandano in Romania o Bulgaria. Io lo trovo, agh digh: ‘In do vèt?’. Al dis: ‘Adès e vagh in Bulgaria...’ (gli dico: ‘Dove vai?’ Dice: ‘Adesso vado in Bulgaria...’) – ‘Guarda, se tu hai la possibilità di chiamarmi, io vengo’. E difatti io ero deciso di emigrare, andare a fare anche il minatore in Belgio. Poi dopo rimasi, trovai da lavorare, ecc. […] Allora Curti va in Bulgaria. Poi dopo è ritornato, c'è una situazione... E va a finire in Francia. In Francia si trova con Simonini. Lì nascono delle liti tremende. (…) E di fatti al ritorno, poi, nel ‘45 Curti viene nominato nel CLN, come rappresentante socialista […]. Curti, nel ‘46, al dìs (dice): ‘Veh, Giorgio - mi chiamava Giorgio, perché me a'gh ò sèimper avù di nòm ed batàglia - me em vòi iscréver al partì comunista’. [‘Veh, Giorgio - ...io ho sempre avuto nomi di battaglia - voglio iscrivermi al PCI’]. Allora sento in federazione, e dìs (e dice): ‘No, Curti deve rimanere nel PSI, che c'è bisogno di un elemento come lui...’. Fino che ha tenuto colpo, acca madò... al magnèva la ghisa! (mangiava la ghisa!) Poi dopo è passato nel PSIUP, e poi dal PSIUP è passato al PCI.”. Cfr. Avvenire Paterlini in N. Caiti, R. Guarnieri, La memoria dei «rossi». Fascismo,Resistenza e Ricostruzione a Reggio Emilia, introduzione e cura di A.Canovi, prefazione di L. Casali, Ediesse, Roma, 1996.</ref>.
 
I tre partiti antifascisti designano nell’organo dei probiviri il [[socialista]] Arturo Bellelli, il [[democristiano]] [[Giuseppe Dossetti]] (uno dei padri della [[Costituzione italiana]]) e il [[comunista]] Cesare Campioli, [[sindaco]] della città. Competenze tecniche e valori politici, entrambi espressi al più alto livello, costituiscono un patrimonio di “buona reputazione” cui il Consorzio affida la salvaguardia della propria autonomia funzionale. Direttore è confermato l’ing. Dante Montanari, sostituito nel 1946 dal direttore amministrativo Dino Iori.
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Nel caso della fornace di [[Bibbiano]] il Consorzio interviene per sostenere un’iniziative nata dall’entusiasmo popolare, ma priva dell’adeguato supporto di competenze e mezzi.
 
Il 15 settembre 1946<ref> Alla fine del 1946 la struttura tecnica è così composta: direttore amministrativo dr. Dino Iori; vicedirettore amministrativo rag. Elisenna Pignedoli; direttore tecnico, ing. Giacomo Manuelli; vicedirettore tecnico geom. Rodolfo Bergomi; Lavori di bonifica, geom. Giovanni Lombardini, geom. Erennio Giovannelli, geom. Gaetano Guidi; Lavori Reggiane, geom. Rodolgo Bergomi, responsabile, geom. Walter Ragazzi, assistente Camillo Belpoliti; Lavori Iacp, prof. Bruno Borghi; Lavori FFSS, geom. Remo Gorrieri; Lavori Amministrazione provinciale, ing. Pietro Zacchini; Lavori Ospedale, geom. Giovanni Lombardini; Lavori Comune di Reggio Emilia, geom. Corrado Caselli. Cfr. Amus Fontanesi, CCPL 1904-1994</ref> la denominazione sociale del [[Consorzio]] muta in '''Consorzio Cooperative di Produzione e Lavori di Reggio Emilia'''.
 
Anche dopo la [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|Liberazione]] affiorano le tensioni interne comparse negli ultimi anni del regime: l’espansione delle attività di coordinamento da parte del Consorzio è vista come una sovrapposizione innaturale rispetto al ruolo degli organismi associati. Alcune cooperative protestano perché il Consorzio centralizza i servizi contabili per le buste paga dei loro dipendenti lasciando ad esse unicamente il recapito; altre si lamentano quando il Consorzio si aggiudica lavori a Verona, Cremona, Pistoia e Faenza e rivendicano il diritto di partecipare isolatamente alle aste.
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I cantieri di [[Milano]] consentono alla cooperazione di valutare i modelli operativi dell’impresa capitalistica e confrontarli con i propri: la realtà di CCPL è meno dura rispetto a quella della metropoli nella quale i lavoratori vengono pagati a cottimo e l’organizzazione del cantiere non contempla misure previdenziali.
 
Nel 1956 viene inaugurata la nuova sede costruita sull’area di [[palazzo Vallisneri Vicedomini]] (ex-casa Guatteri), tra Corso Garibaldi e via S. Zenone 2. Il complesso polivalente (uffici, negozi, residenze) ospita la sede del Consorzio, successivamente vi viene inaugurato Coop1, il primo supermercato cooperativo<ref> “La Cooperativa di consumo: tieni conto che il primo supermercato di Reggio l’ho costruito io! Il Coop 1 di via Garibaldi era di proprietà del CCPL. Era adibito a garage, solo che l’anno prima aprì la Standa a Reggio, in mezzo a un grande scandalo perché il comune si prestò ad aprire un supermercato a Reggio, la provincia cooperativa e quant’altro! Gira e rigira, il giorno in cui Gagarin fu lanciato nello spazio – me lo ricordo perfettamente – si decise che nel garage del consorzio, che non era ancora finito, si facesse il Coop 1 […]. Cominciammo così. La gestione fu data in mano al presidente della Federcoop, Catelli mi pare. Era un dirigente politico, e cominciammo male. Perché allora praticamente nessuno aveva il senso dell’economia. Ti cito solo un caso: vennero comprate quarantacinquemila biro di riserva – in Coop 1 si vendevano anche le biro – il che vuol dire che aveva l’intenzione di inchiostrare tutta la provincia di Reggio Emilia! Dopo sei mesi, il Coop 1 andava male, e nella relazione del consiglio – si può andare a vedere – che una delle cause principali indicate per le quali la gestione non era economica era l’alto costo dell’affitto. Che non pagavano al CCPL! Ma non l’avevano mai pagato!! Ecco, vedi che costruire una classe dirigente alternativa non è una cosa facile”. Cfr. Livio Spaggiari in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp. 252-3.</ref>.
 
Durante la demolizione del palazzo Vicedomini vengono recuperati gli affreschi che tuttora esposti nell’attuale sede di via Gandhi. Gli affreschi risalgono alla seconda metà del XVI secolo e sono stati attribuiti a Giovanni Bianchi.
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Il Consorzio stesso si unisce alle principali cooperative socie per realizzare nuove iniziative industriali, si profila la stagione delle Coopre. Il terreno di base è sempre collegato all’edilizia ma la localizzazione degli impianti è dettata dalle necessità logistiche della produzione.
Nel 1975 è la volta di Metalcopre 3, azienda di carpenteria a [[Gualtieri]], frutto di un salvataggio compiuto dal CCPL ai fini occupazionali; così come a Cassina dove nel 1974 nasce Cooprecar 4, impresa per carrozzeria per autobus sostenuta assieme al CCFR.
La diversificazione industriale si collega a un processo concentrazione tra le cooperative particolarmente vivace tra il ’70 e il ’74. La dimensione d’impresa modifica anche i riferimenti culturali nella formazione interna: non più la politica, ma l’economia e l’organizzazione d’impresa sono i temi di riferimento. Viene avviato un rapporto stabile con l’[[Università Bocconi]]<ref> “Per la verità, il primo approccio alla Bocconi ce l’ha organizzato l’Associazione delle cooperative di produzione lavoro di Reggio, quindi la Lega delle cooperative. Aveva preso questo contatto dicendo – a seguito del processo unificatorio – che sarebbe stato utile per le cooperative, i dirigenti delle cooperative, darsi un’esperienza professionale nuova. E quindi aveva organizzato un corso anche qui a Reggio, in termini professionali, ai quali poi sono seguiti dei corsi in termini più specifici e più significativi a Milano. Io sono andato a fare un corso a Milano, alla Bocconi, di quaranta giorni sulla pianificazione strategica. Per il quale poi, come le ho detto, avevo mandato diversi miei collaboratori. Poi in Coopsette avevamo portato – in questi primi anni, era il ’77-’78 – come collaboratore a part-time, un docente dell’università di Padova, che insegnava organizzazione aziendale. L’avevo incontrato in uno di questi corsi; poi l’avevo chiamato a fare un corso all’interno di Coopsette; e poi dopo, visto la frequentazione e quant’altro, gli avevo proposto di entrare. E lui era entrato a part-time: lavorava quattro giorni da noi e due giorni all’università di Padova. E devo dire che questo ci ha aiutato molto, perché lui volava molto alto, noi stavamo tentando di alzarci un po’ da terra, e in qualche modo ci stimolava a misurarci con temi più elevati. C’è stato tre o quattro anni.” Cfr. Donato Fontanesi in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp. 330-331. </ref> che rompe la monoliticità dei riferimenti culturali tradizionali.
 
L’accentuazione del profilo imprenditoriale determina anche lo scoppio delle prime vertenze sindacali nel Consorzio: prima nei [[frantoio|frantoi]] (1967) e poi nelle [[fornace|fornaci]] (1969)<ref>“Il problema era trasversale, e scaturiva dal fatto che il sindacato aveva cambiato strategia, non seguiva più la cinghia di trasmissione. Il sindacato puntava alla lotta articolata; nelle aziende si impostavano le piattaforme aziendali,la contrattazione articolata. E allora c’erano ancora, sì, alcuni privati; però la struttura economica più consistente nel campo edile era il CCPL. Questa nuova strategia sindacale e politica investì in pieno il consorzio e si saldava anche con le spinte “anticonsorzio”– chiamiamole così – che erano presenti nelle cooperative in ricerca di una propria autonomia. Era una saldatura oggettiva. E in questi conflitti giocavano alcuni fattori. Non si accettava in generale – ma è punto tuttora parzialmente aperto, perché il lavoratore è anche socio,e il conflitto passa dentro di lui – che il sindacato facesse vertenze sindacali nelle cooperative. Poi, con il consorzio, la differenza era notevole: erano tutti dipendenti. E poi era vista come l’azienda economicamente più ricca, si pensava avrebbe potuto sostenere il peso dei nuovi contratti. Lì si arrivò alla vertenza frontale tra sindacato e CCPL, ed era la prima volta. In tal senso, la decisione di Spaggiari di chiamare i carabinieri non fu un gesto dettato dalla stizza, faremmo un torto all’uomo. Si trattava di una scelta meditata. E poi bisogna ricordare che lui credeva veramente al consorzio come espressione del movimento cooperativo, in rappresentanza di tutti i lavoratori soci di ogni singola cooperativa” . Cfr. Luciano Gozzi in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp 321.</ref>.
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Il 22 maggio 1975 viene deliberata l’unificazione dei Consorzi di Reggio, Parma e Piacenza al fine di rispondere adeguatamente alle esigenze di espansione dei mercati. Il Consorzio ha la direzione a Reggio e sedi decentrate a Parma e Piacenza. L’unificazione avviene per incorporazione del Consorzio parmense in quello Reggiano ma già da un paio d’anni le due organizzazioni operavano congiuntamente.
 
A partire dal 1976 il CCPL realizza a Reggio Emilia il Centro direzionale su un terreno di proprietà del Consorzio e della Cooperativa muratori di Cadelbosco; la sede del Consorzio si trasferisce così in via Gandhi, nel Centro Direzionale S. Pellegrino<ref> “Negli anni sessanta, ritenemmo che fosse giusto rielaborare il Piano Regolatore Generale precedente che era stato redatto dall’amministrazione con la collaborazione dell’architetto Albini, ma secondo il nostro giudizio aveva alcuni limiti o, meglio, eccessi che dovevano essere corretti. Per esempio, la capacità di edificabilità era del tutto sproporzionata a una previsione ragionevole di sviluppo della città,con la conseguenza che le iniziative per utilizzare il terreno edificabile erano molto ampie,per cui in fondo il disegno di sviluppo della città non sarebbe più dipeso dall’amministrazione comunale e dai suoi indirizzi ma dalle scelte dell’imprenditoria privata che aveva una tale ampiezza di possibilità di scegliere che la rendeva determinante per stabilire in quale relazione la città avrebbe dovuto svilupparsi. Per cui una delle caratteristiche del piano fu quella di ridurre drasticamente, da una capacità di edificabilità corrispondente a circa 350-400 mila abitanti, la portammo a circa 150-200 mila. In questo modo era l’amministrazione a individuare quali erano i terreni e le aree nei quali potersi sviluppare. Teniamo conto che il Piano Regolatore Generale di Reggio viene elaborato in una fase della vita politica del paese in cui si proponeva o si prospettava la possibilità di introdurre dei poteri di esproprio nelle mani dei comuni che partissero dal presupposto che il terreno è un bene della comunità. Quelle intenzioni non si realizzarono, anzi… la sola possibilità di tradurle in legge provocò la crisi di governo del primo centrosinistra! […] E negli anni successivi Reggio fu una delle città che tentò di realizzare,nel modo più integrale, i cosiddetti Piani economici di edilizia popolare […]. Ecco, la realizzazione di almeno uno dei Piani Economici di Edilizia Popolare, quello verso la montagna,avvenne con la collaborazione del CCPL. Se dunque – attraverso Piacentini e la Cooperativa architetti – vi fu evidentemente un collegamento con il mondo cooperativo, vi furono anche le occasioni per interagire in modo diretto. L’amministrazione comunale, facendo questi progetti, pensava indubbiamente al CCPL per la sua esperienza costruttiva nel campo delle abitazioni popolari. D’altronde,non avremmo potuto offrire quelle condizioni di mercato che in genere il privato va cercando. Vorrei dire che, senza nemmeno bisogno di predisporlo o di pensarlo, il CCPL era l’interlocutore naturale per la realizzazione di progetti in cui il pubblico volesse mantenere un ruolo di indirizzo. A questo proposito, uno degli orientamenti per i quali ci siamo battuti all’epoca era di considerare come la cooperazione dovesse avere un titolo preferenziale negli appalti e negli incarichi che dava il comune. In molte gare tentammo di inserire – ostacolati dall’autorità governativa, di cui era emanazione la giunta provinciale amministrativa – questo preciso indirizzo: a parità di condizioni, l’assegnazione del lavoro sarebbe dovuta andare alla cooperativa. Va comunque detto che il CCPL forniva tra l’altro le maggiori garanzie, sotto il profilo tecnico e imprenditoriale, nella realizzazione di aree abitative popolari. Lo vedemmo indubbiamente come un braccio operativo per portare a termine alcuni interventi a cui tenevamo particolarmente. In particolare, vi era poi rilevante nel piano questo aspetto di individuare le aree in cui collocare i centri direzionali. E il centro direzionale divenne la prima occasione in cui il movimento cooperativo – in particolare il CCPL – interveniva nella vita urbanistica della città secondo un piano programmato dall’amministrazione.Questa collaborazione ha portato alla realizzazione del direzionale San Pellegrino, dove il CCPL ha tra l’altro la sua sede. Ricordo che,per noi, i direzionali rappresentavano una prova primaria per verificare il funzionamento del Piano Regolatore Generale. Il direzionale San Pellegrino era una delle cartine di tornasole della validità del piano. Era uno dei nuclei fra i più decisivi per lo sviluppo integrale della città. Lo affrontammo con questo spirito. Si trattava di realizzarlo, e con una risposta positiva anche da parte di importanti operatori del terziario,come è avvenuto nel caso della Cassa di risparmio. Questo polo nacque precisamente in funzione del terziario, anche la parte residenziale che in un secondo tempo si è sviluppata.” Cfr. Renzo Bonazzi (Sindaco di Reggio Emilia) in Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp 353-354.</ref>.
In questo periodo il Consorzio svolge una funzione di supporto all’attuazione della politica urbanistica del Comune collaborando alla modernizzazione del sistema viario cittadino anche attraverso la realizzazione del cavalcavia della via Emilia all’Ospizio che assicura una migliore viabilità lungo l’asse nord-sud della città.
 
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Nel 2001 il Consorzio modifica di nuovo lo statuto assumendo la forma di [[società a responsabilità limitata]].
L’organizzazione in divisioni è abbandonata nel 2002 e dal modello divisionale – dove ogni specifico ramo organizzativo appartiene alla Capogruppo – si passa a un nuovo modello imprenditoriale societario che articola il CCPL intorno al ruolo della Capogruppo e di sei business unit<ref> “L’assetto delle responsabilità era coerente con la minore complessità del sistema sino allora gestito. Alle divisioni era assegnato un ambito operativo sostanzialmente limitato alla gestione caratteristica e centrato sul governo dei tradizionali fattori di generazione di costi e ricavi (principalmente la leva produttiva e commerciale). Di fatto estranei al sistema di responsabilità delle Divisioni erano invece la gestione finanziaria, l’equilibrio patrimoniale nonché la strategia di crescita del valore, presidiati direttamente dalla Capogruppo, così come le scelte di indirizzo, l’allocazione delle risorse, le politiche di investimento e di alleanza, il portafoglio delle attività.” . Cfr. Antonio Canovi, Cento anni CCPL, cit. pp. 417.
</ref>.
Ciò risponde a un’esigenza di riassetto delle responsabilità e di semplificazione organizzativa.
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=== Property e Project Financing ===
Alle aziende dell'area Property e Project Financing è affidata la cura del patrimonio immobiliare del Gruppo (Resta) e l'attività di investimento in progetti di sviluppo nei campi delle energie rinnovabili e delle energie pulite (PFM - Project Financing Management)
 
 
== La Raccolta d'Arte di CCPL ==
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Profili di vita reggiana agli albori del XX secolo, Officine grafiche fasciste, Reggio Emilia, 1937<br />
Antonio Canovi, Cento anni CCPL. Il racconto cooperativo di un Gruppo Industriale, Milano, Reggio Emilia, CCPL, 2004<br />
N. Caiti, R. Guarnieri, La memoria dei «rossi». Fascismo,Resistenza e Ricostruzione a Reggio Emilia, introduzione e cura di A.Canovi, prefazione di L. Casali, Ediesse, Roma, 1996<br />
 
==Voci correlate==
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==Collegamenti esterni==
* [{{cita web|http://www.ccpl.it |Sito di CCPL]}}
 
{{Portale|Aziende}}