Cesare Magati: differenze tra le versioni

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== Il suo metodo ==
Durante la lunga e fruttifera attività ospedaliera, Magati sperimentò e comprovò un nuovo metodo per la cura delle [[ferite]]. Qui di seguito Magati racconta un caso particolare, riportato nel secondo libro del ''De medicatione vulnerum'':
 
{{quote|Mentre sto scrivendo queste cose, mi è stata fatta vedere una piaga [[Cicatrizzazione|cicatrizzata]] in una coscia di un'adolescente, che finché, per lo spazio di sei mesi veniva medicata giornalmente, non poté mai coprirsi di cicatrice, per quanto non si tralasciasse nulla dei dettami dell'arte. E pure, da quest'[[ulcera]], finché la medicai quotidianamente, ora una, ora due volte al dì, e che secondo la quantità degli escrementi vi applicai gli opportuni medicamenti, pure sempre secerneva una gran copia di [[Escreato|escreati]] purulenti. Infastidito a causa di questa lunga cura, incominciai a scoprire la ferita a giorni alterni. In occasione della prima e della seconda medicazione riscontrai una diminuzione della secrezione in confronto di prima, quando cioè lo scoprivo ogni 24 ore. Inoltre trovai la piaga meglio colorata. Giudicai perciò di aver trovata la vera via, di conseguenza differii a quattro giorni la sequela delle medicature. Così continuando a medicare la piaga ogni quattro giorni, la faccenda procedette in modo felice, tanto che in breve tempo la portai alla completa guarigione. Lo stesso riuscii ad ottenere spessissimo in altri casi, con felicissimo successo.<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 36</ref>|Cesare Magati}}
 
Durante l'epoca di Magati i chirurghi curavano le ferite utilizzando [[Garza|garze]], bende o altri tipi di medicamenti cambiati molto di frequente (anche ogni 2 o 3 giorni). Questa metodologia oltre ad essere basata su supposizioni teoriche antiquate, risultava anche estremamente dolorosa per i pazienti. Partendo dalla sua concezione particolare sulla natura delle ferite, Magati riteneva che le ferite dovessero essere trattate in modo che i medicamenti apportati dal chirurgo fossero i meno invasivi possibile e che fossero cambiati più raramente (una ''medicazione rara e dolce della ferita''<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit. '', p. 12</ref>). Le faldelle di cotone, utilizzate in maniera impropria dai chirurghi del tempo, secondo lui dovevano essere preposte ad aiutare il deflusso dei fluidi creatisi all'interno della ferita, con l'accortezza però di evitare che la faldella stringa troppo la ferita. Era inoltre contrario all'uso delle ''teste'', filamenti di [[Lino (fibra)|lino]] che erano usati sì per la fuoriuscita di [[pus]] dalla ferita, ma che finivano troppo spesso per tenerla aperta a lungo<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 14</ref>.
 
Magati ipotizzava l'uso di certe ''cannule''<ref>L. Müster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 13</ref> per far defluire facilmente il pus prodottosi in una ferita ristagnante, senza però mai chiudere del tutto l'apertura della ferita stessa. Il sistema delle teste era ammesso da Magati nel caso di emorragie, avendo però l'accortezza di rimuoverle quando la ferita fosse guarita in modo da evitare continue riaperture<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', p. 14</ref>. Magati sosteneva, a differenza dei chirurghi del suo tempo, che fosse necessario che i due lembi della ferita si rimarginassero al più presto, senza ostacolare dunque il naturale decorso della ferita. Nel suo trattato sono riportati molti esempi che riguardano le ossa del [[cranio]] e della testa, con le relative ferite che le riguardano<ref>L. Münster G. Romagnoli, ''op. cit.'', pp. 35-53</ref>.
 
== Critiche ==