Matteo Babini: differenze tra le versioni
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Matteo Babini rappresenta un elemento chiave del recupero, nell’ultima parte del ‘700, del carattere espressivo del canto operistico che si era andato in parte perdendo tra gli acrobatismi canori dei castrati e i sovracuti dei soprani. Tenore baritonale dall’estensione molto limitata che lo faceva trovare a suo agio sostanzialmente in una sola ottava, non particolarmente versato nella coloratura (anche se poi, negli ''Orazi'', l’aria più virtuosistica è la sua), egli diede il suo contributo alla rinascimento dell’arte operistica, sviluppando le sue doti di cantante-attore, che si distingueva nello stile declamatorio dei suoi recitativi, nella verità che sapeva infondere alla sua recitazione, nel fascino che così riusciva ad esercitare infallibilmente sugli spettatori, in ciò indubbiamente favorito anche dalla sua notevole presenza scenica (era alto, biondo, snello e di bellissimi lineamenti). Secondo [[Giovanni Morelli (musicologo)|Giovanni Morelli]],<ref>Morelli, p. 32.</ref>
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lo stimolo per la ricerca della verità drammatica il Babbini lo trovò sicuramente durante i soggiorni parigini del 1787-9 e del 1792. Si può infatti constatare come dopo quegli anni, il repertorio del tenore si sia dirottato invariabilmente dai drammi metastasiani verso interpretazioni a soggetto storico con suggestioni contemporanee, romano repubblicane e verso la cantata monodramma ''[[Jean-Jacques Rousseau|rousseauviana]]'' (che portò con enorme successo nei maggiori teatri italiani). Quale interprete d’avanguardia e cantante erudito, Babbini si adoprò a cercare «le costumanze dei popoli e le vicende degli eroi»<ref>
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Con la sua ricerca della espressività attraverso la ''verità interpretativa'' , da conseguire anche per mezzo del rinnovamento, Babini si affiancò ai suoi compagni di tanti spettacoli, [[Girolamo Crescentini|Crescentini]], [[Giuseppina Grassini|Grassini]], [[Brigida Banti|Banti]], [[Gaspare Pacchierotti|Pacchiarotti]], ed anche quel [[Giacomo David]], con il quale gli capitò tante volte di alternarsi nell’esecuzione delle medesime parti, nell’azione di ''restyling'' del canto lirico che pose le basi per la successiva rinascita rossiniana; di essa del resto toccò probabilmente a lui di effettuare un vero e proprio simbolico varo con le lezioni che ebbe modo di dare ad un ragazzino precoce che voleva fare il cantante d'opera e che sarebbe diventato invece il compositore più famoso d’Europa.
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