Ferdinando Maestri: differenze tra le versioni
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Nel processo ribadì la sua estraneità a ogni tentativo sedizioso e la sentenza del 29 aprile 1823 lo assolse assieme agli altri imputati. Il pubblico ministero fece ricorso ma il 20 maggio dello stesso anno il supremo Tribunale di Revisione confermò l'assoluzione. Per un certo tempo non fu però reintegrato nelle sue funzioni di docente universitario, che riebbe solo in settembre 1825, quando gli fu affidata la cattedra di Diritto Civile.
Per quanto il suo ruolo nei moti del 1831 a Parma sia ritenuto marginale, fu accusato di essere uno sostenitori e gli fu tolto l'incarico di docente. Secondo [[Giovanni Mariotti]]<ref> [[Giovanni Mariotti|G. Mariotti]], ''I moti di Parma del 1831'', p. 97. </ref> andò in esilio in Piemonte, ma più probabilmente restò a Parma a esercitare la professione di avvocato; libero
Nel [[1848]] gli fu affidato il compito onorifico di portare a [[Carlo Alberto di Savoia]] i risultati del plebiscito che sanciva l'annessione di Parma al [[Regno di Sardegna]]. Il 6 giugno fu nominato senatore del regno, assieme con [[Luigi Sanvitale]] e Giambattista Niccolosi. Il fallimento della [[prima guerra d'indipendenza italiana|prima guerra d'indipendenza]] segnò la fine di ogni suo rapporto diretto con Parma, perché al ritorno dei Borbone fu condannato insieme con altri membri della Reggenza a rimborsare alle casse ducali le somme spese durante il Governo Provvisorio. Divise i propri impegni tra
Ritornò a Parma, per visitarla, soltanto dopo il 1859, ricevendo straordinarie accoglienze.
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