Lucio Licinio Crasso: differenze tra le versioni

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m Non furono scacciati ma vennero semplicemente re-inseriti negli elenchi delle loro rispettive comunità
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Nel [[106 a.C.]] parlò in favore della ''lex Servilia'' di [[Quinto Servilio Cepio]], il cui scopo era quello di annullare la ''lex Sempronia'' di [[Tiberio Sempronio Gracco (tribuno della plebe 133 a.C.)|Tiberio Sempronio Gracco]] (122 a.C.), la quale aveva sancito che i giudici dovevano essere selezionati tra i [[ordine equestre|cavalieri]] e non tra i senatori. Nel [[103 a.C.]], mentre era [[edile (storia romana)|edile]] curule assieme a Scevola, diede dei sontuosi giochi, nei quali per la prima volta si ebbero combattimenti di leoni.
 
Fu poi [[pretore (storia romana)|pretore]] e [[augure]], per poi essere eletto [[console (storia romana)|console]] assieme a Scevola per l'anno [[95 a.C.]]: insieme promulgarono la ''lex Licinia Mucia de Civibus Regundis'', che vietavaportò aiad una revisione degli elenchi dei non-cittadini romaniRomani diper spacciarsidepennare comecoloro taliche enegli lianni obbligavaprecedenti asi lasciareerano l'Urbefatti illegalmente inserire in esse o si spacciavano per cittadini; fu il rigore di questa legge che contribuì allo scoppio della [[guerra sociale]]. Durante il consolato difese Servilio Cepio, che era odiato dai cavalieri per la sua ''lex Servilia'' ed era stato accusato di ''[[majestas]]'' da [[Gaio Norbano]], ma Cepio venne condannato.
 
Si occupò poi dell'amministrazione della [[Gallia citeriore]], che condusse egregiamente, a parte una caduta di stile. Volendo ottenere onori militari, cercò lo scontro con dei nemici, ma non ne trovò; pensò allora di sottomettere delle tribù innocue e chiese il [[trionfo]] per questa azione: fu solo per l'intervento di Scevola che la cosa non ebbe buon fine.