Restauro virtuale: differenze tra le versioni

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In altre parole il restauro virtuale appartiene alla categoria delle tecniche diagnostiche e non può definirsi compiutamente restauro perché non attua un intervento sulla materia costitutiva dell'opera d'arte. Nella accezione di [[Cesare Brandi]], quindi, il restauro virtuale non può ritenersi tecnica di restauro e comunque essere incluso in una definizione generale, per quanto estesa, di attività di restauro.
 
La definizione di restauro virtuale che sembra doversi a Gian Franco Fiaccadori<ref>Daniela Moschini, ''Restauro virtuale, La tecnica per il recupero digitale delle informazioni nascoste'', Kermes - La rivista del restauro, n°41, [[Nardini Editore]], Gennaio-Marzo 2001, p. 46</ref>, docente di filologia, è stata contestata sin dal suo apparire da [[Carlo Federici]], allora direttore del Istituto Centrale per la Patologia del Libro<ref>Carlo Federici, ''Restauro tradizionale e restauro virtuale come "divergenze parallele"'', Gazette du livre médiéval n.34/1999 pp.49-52</ref><ref>Carlo Federici, ''Qualche chiosa al restauro cosiddetto "virtuale"'', Kermes - La rivista del restauro, n°43, Nardini Editore, luglio-settembre 2001</ref>, perché la definizione di restauro virtuale (digitale) sembra essere un vero e proprio ossimoro dal momento che non può darsi, in senso proprio, restauro senza intervento sulla materia costitutiva dell'opera d'arte. Per altro occorre sottolineare come l'articolo di Carlo Federici nasca come considerazioni critiche a seguito della partecipazione dello stesso a Convegno ''Oltre il visibile: “restauro fisico” per conservare e “restauro virtuale” per valorizzare: una metodologia in evoluzione''<ref>Tenutosi a Roma presso il Teatro dei Dioscuri il 19 aprile 1999 nell'ambito della Prima settimana della Cultura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Ufficio Centrale per i Beni Librari, le Istituzioni Culturali e l’Editoria</ref>.
 
Ma ancor prima, nel 1984, nel suo importante volume ''Il restauro dei dipinti e delle sculture lignee'' Giuseppina Perusini, trattando dell' impiego del calcolatore, richiama non solo l'utilità del computer per la catalogazione dei beni culturali, come pure per la determinazione dello stato di conservazione delle opere d'arte, ma anche « per operazioni ritenute generalmente legate alla sensibilità artistica del restauratore, quali la reintegrazione pittorica ».