Video meliora proboque, deteriora sequor: differenze tra le versioni

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I versi indicano la debolezza dell'essere umano, il quale, pur conoscendo ciò che è giusto, spesso non lo segue.
 
Questi versi di Ovidio sono stati succesivamentesuccessivamente ripresi e rielaborati dal [[Petrarca]]: '''E veggio 'l meglio et al peggior m'appiglio'''<ref>{{Cita libro|autore=Francesco Petrarca|titolo=Canzoniere|anno=|editore=|città=|posizione=v. 137|capitolo=Canzone CCLXIV}}</ref>; da [[Matteo Maria Boiardo]]: '''Ch'io vedo il meglio ed al peggior m'appiglio'''<ref>{{Cita libro|autore=Matteo Maria Boiardo|titolo=Orlando Innamorato|anno=|editore=|città=|posizione=v. 21|capitolo=Libro I}}</ref> e dal [[Ugo Foscolo|Foscolo]]: '''Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio'''.<ref>{{Cita libro|autore=Ugo Foscolo|titolo=Sonetti|anno=|editore=|città=|posizione=v. 13|capitolo=II. «Non son chi fui; perì di noi gran parte», detto anche "Di se stesso"}}</ref>
 
Si trova una rielaborazione di questi versi anche fuori dall'ambito poetico, in [[Paolo di Tarso|San Paolo]]: '''Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.'''<ref>{{Cita libro|autore=San Paolo di Tarso|titolo=Lettera ai Romani|anno=|editore=|città=|lingua=Greco antico|posizione=VII, 18-19}}</ref>