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Se qualcuno vi aggredisce entrate in armonia con lui. Nella lingua giapponese un sinonimo di Bushi (Guerriero) è Samurai che letteralmente significa " colui che segue il cammino dell'Amore ". Colui che semplicemente combatte gli altri non è un vero Samurai. (Morihei Ueshiba)
== Tra il mostrare e il rivelare non sempre c'è il comunicare. ==
Le figure storiche non comunicano, comunica la storia delle vicende comprese nel possesso della verità.
Il samurai non era un militare e neppure un milite, era un guerriero non belligerante o belligerante ed in tal ultimo caso non era mai un militare ma poteva darsi che lo facesse in apparire.
Dato che non a tutti è dato modo di cogliere nelle figure dei samurai i reali personaggi, dalle intuizioni delle manifestazioni esteriori sono da taluni ricavate reali informazioni che però restano non valutabili dagli stessi, tuttavia siffatta esteriorità era di presenze già avvertite dell'inconveniente; da ciò deriva, talvolta, la singolare e curiosa condizione di chi raccoglie informazioni senza neppure avere in mente chiarezza sull'argomento. Eppure, se non interviene consapevolezza delle oscurità, allora le intuizioni superficiali non possono trovare adeguato linguaggio, perciò le comunicazioni tra coloro che versano in detta condizione potrebbero riuscire per caso o fortuna o benefici avuti oppure possono non riuscire per mancanza di codesti tre eventi.
Mauro Pastore
== In che senso armi. ==
I samurai non usavano per proprio conto le armi che maneggiavano. Alcune erano fatte per i desideri dei reali nemici o per la moderazione dei futuri non nemici, altre erano fatte soltanto per il reale odio dei samurai contro esse stesse, altre erano per l'odio altrui contro esse stesse, altre ancora erano per l'indegnità di un ambiente, ed altre ancora erano per essere accolte restando inutilizzate. Solo alcune dunque erano fatte, le altre erano adottate, ma in ogni caso il samurai non fondava la propria opposizione sull'arma, fisicamente intesa quale oggetto, ma su una propria ispirazione del tutto interiore: in tal senso il samurai mostrava armi proprie o altrui che usava con distacco sommo, cioè non per il proprio conto, ma a motivo di ragioni che gli erano estranee in quanto non erano potenza e non erano opportunità.
Mauro Pastore
== Libertà del samurai. ==
Il samurai non obbediva a nessun signore ma era per la propria causa anche nel manifestarsi di essa in un altro uguale o medesimo. La causa era di ordine logico, conoscitivo, intuitivo, politico, religioso, ma la spiritualità ne era compartecipe e non partecipe.
Il duello era per il samurai solo un gioco di mistificazioni da lui inscenato e non praticato. Il vero duello era per la causa del samurai condizione di mancanza da colmare da prima o da svalutare del tutto da sempre ma soprattutto da ritenere impedimento assoluto ad ogni vera missione. Per questa specificazione, il mondo dei samurai trovò punto di contatto ma non di reciproca comprensione con gli ordini e simboli cavallereschi occidentali. Ciò che il cavaliere senza eredità dallo o dello Oriente non ha a disposizione della propria conoscenza è lo stabilirsi definitivo delle teorie, delle premesse, per il quale il samurai può essere anonimo, oscuro, incomprensibile, quando il suo semplice somigliante invece vuole l'esatto rovescio. Si tratta della differenza tra esteriorità senza imprevisti ed interiorità impossibile a prevedersi nella sua realizzazione esteriore, invero tra atto tipico ed azione caratteristica solo per motivazione propria.
Il "duellismo", i "duellisti", sono per l'etica imprescindibile del samurai sciagura ed indegnità ancora di più che per l'etica propria dei Cavalieri estranei al mondo dei Samurai.
Mauro Pastore
== Azione non eccessiva o dipartita dal mondo, ma non suicidio. Il vero precetto nella tragedia. ==
L'esistenza del samurai si costituisce soltanto in perenne assenza da intenti od atti suicidi e le sue gesta sono quelle ottenute dal rifiuto perenne di ambizioni omicide. L'eccesso di potenza necessitava la riduzione del potere, e ciò avveniva col monito dell'altro samurai o secondo propria deliberazione. Il compito ed i doveri erano di apprestare a tale riduzione il destino della vita e non della morte o di subire il destino della non-vita con la propria morte, riparo dai propri errori e non difesa per altri, in ragione del codice medesimo che disponeva il samurai a non esser mai invadente e a lottare per la causa fino al raggiungimento del pieno potere della vita, che in caso di errori dunque era fatto della morte sottratta al destino empio, fosse anche la morte la propria morte, autoprocurata cioè quale gesto estremo per realizzare lo scopo della propria vita anche a costo di cagionare l'anticipazione dei tempi. Per questo il darsi morte del samurai è accadimento estroverso, tattica di guerra, mossa ultima della lotta, ritrovato di emergenza con lo scopo di vincere, anche con la sola propria estinzione dal mondo, resa tragica vittoria e dunque assai piccolo esito solamente. Il darsi morte ebbe varie codificazioni, per lo più restate occulte ovviamente, ma non accadeva sempre secondo codici, soltanto e sempre per la Causa, in ragione dell'impresa e della imprevista condizione disperata cioè non atta ad accogliere la completa vittoria del Samurai.
Mauro Pastore
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