Pompeo Trogo: differenze tra le versioni
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===''Historiae Philippicae''===
La sua opera principale sono ''Historiae Philippicae'' in 44 libri, una vera e propria storia universale, che andava dalle antichissime vicende di [[Babilonia]] fino ai suoi tempi. Possediamo solo, a parte frammenti<ref>170, raccolti in Pompei Trogi, ''Fragmenta'', collegit O. Seel, Leipzig 1956.</ref> e i ''prologi'' (ossia i riassunti dei singoli libri)<ref>Il testo latino in http://www.thelatinlibrary.com/justin/prologi.html.</ref>, un compendio fatto da [[Marco Giuniano Giustino]] del [[II secolo|II]] o [[III secolo]], che aveva estratto i principali punti dell'opera di Trogo e li aveva collegati tra loro, ricavandone 250 capitoli ("Di questi 44 libri" – dice Giustino nella prefazione all'epitome – "ho estratto quello che mi è parso più degno di essere conosciuto").<br>
L'opera è una storia dell'oriente che ha come perno la dinastia macedone, infatti il titolo rimanda a [[Filippo II di Macedonia]] fondatore della dinastia macedone. Nei primi 6 libri viene fatta una [[storia della Grecia]] e dell'[[Asia]], poi ci si sofferma su Filippo di Macedonia e suo figlio [[Alessandro Magno]] (libri VII-XII). Notevole interesse rivestono poi tutti i rapporti della Grecia con [[Roma]]: le guerre contro [[Pirro]], [[Filippo V di Macedonia]], [[Perseo di Macedonia|Perseo]], [[Mitridate]] e i [[Parti]]. Parte importante rivestono anche gli ebrei, di cui traccia le origini ed i rapporti con Roma. Alla capitale dell'impero sono dedicati solo 2 libri su 44, ma bisogna vedere quanto, in questa riduzione, fu opera di Giustino e quanto opera dello stesso Pompeo Trogo.<br>
Gli eroi di Pompeo Trogo sono Filippo ed Alessandro, ma anche Pirro, [[Annibale]] e Mitridate. Trogo rivendica alla [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]] e all'Oriente un ruolo di primo piano nella storia antica, poiché era la parte dell'[[Impero Romano|Impero]] economicamente e culturalmente più evoluta. Lo storico cerca di sminuire l'importanza egemonica di Roma, lasciando intravedere un senso di sfiducia nella direzione politica dell'Urbe proprio quando essa appariva più forte e più saggia, svalutandone l'imperialismo. Il mito di Roma trionfante di [[Tito Livio]] in Trogo è visto con occhio disincantato: infatti Pompeo Trogo è stato l'unico a non vedere tutta la Storia in funzione di Roma. La sua narrazione è molto tendente al patetico, con iperboli, ripetizioni ed [[anafora (figura retorica)|anafore]] in quantità<ref>J. Yardley, ''Justin and Pompeius Trogus: A Study of the Language of Justin's Epitome of Trogus'', Toronto 2003, pp. 9 ss.</ref>. Preferisce il discorso indiretto, come Cesare, e disdegna quello diretto, più proprio di Livio, tranne, forse, in un caso, il discorso di Mitridate agli alleati antiromani<ref>XXXVIII 4-7.</ref>.
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