Il concetto espresso dalla locuzione haè subitopresente varienella declinazioni[[filosofia edpolitica|riflessione èpolitica]] statodi piu epoche e ha conosciuto varie declinazioni, ripreso da diversi scrittori e filosofi nel corso della storia. Tra questi, [[Polibio]], [[Lucrezio]], [[Niccolò Machiavelli]], [[Montesquieu]], [[Vittorio Alfieri|Alfieri]] e [[Giacomo Leopardi]].
Tra questi ilIl più antico di essi fu senz'altro lo storico greco Polibio, che, nelle sue ''[[Storie (Polibio)|Storie]]'', così si diceesprime:
<blockquote>{{quote|Quella [[superstizione religiosa]] che presso gli altri uomini è oggetto di biasimo, serve in Roma a mantenere unito lo Stato: la religione è più profondamente radicata e le cerimonie pubbliche e private sono celebrate con maggior pompa che presso ogni altro popolo. Ciò potrebbe suscitare la meraviglia di molti; a me sembra che i Romani abbiano istituito questi usi pensando alla natura del volgo. In una nazione formata da soli sapienti, sarebbe infatti inutile ricorrere a mezzi come questi, ma poiché la moltitudine è per sua natura volubile e soggiace a passioni di ogni genere, a sfrenata avidità, ad ira violenta, non c'è che trattenerla con siffatti apparati e con misteriosi timori. Sono per questo del parere che gli antichi non abbiano introdotto senza ragione presso le moltitudini la fede religiosa e le superstizioni sull'Ade, ma che piuttosto siano stolti coloro che cercano di eliminarle ai nostri giorni.<ref>[[Polibio]], ''[[Storie (Polibio)|Storie]]'', VI 56. Mondadori, Milano, 1970, vol. II, pp. 133-4.</ref>}}</blockquote>
Nel [[Rinascimento]] il concetto fu ripreso da [[Niccolò Machiavelli]] nel suo ''[[Il Principe#Concezione della religione a servizio della politica e rapporto con la Chiesa|Principe]]''.