Mk II Matilda: differenze tra le versioni
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== Confronto con gli altri carri armati ==
Sebbene questo carro fosse stato prodotto in serie già nel [[1938]] ed avesse ricevuto il battesimo del fuoco durante la [[campagna di Francia]] nel 1940, esso conquistò la sua fama con l'8ª armata britannica nel [[deserto]] [[Libia|libico]]: i cannoni più potenti dell'[[esercito]] dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]] (il pezzo 47 e 75/18 mm degli italiani e i pezzi da 50 e 75/24 mm dei tedeschi) non riuscivano in alcun modo a perforare la corazza del Matilda, se non con l'utilizzo dei proiettili HEAT (in dotazione ai semoventi italiani [[
I tedeschi riusciranno a risolvere questo problema con l'uso massiccio del cannone [[8,8 cm FlaK|FLAK da 88 mm]] e con l'introduzione dei cannoni anticarro ad alta [[velocità alla volata|velocità iniziale]]<ref>A parità di calibro, una maggiore velocità del proiettile garantisce un potere di perforazione più elevato; Per fare un esempio: il cannone da 75/70 del [[Panzer V Panther]] riusciva a perforare 140 mm di acciaio a 1 km di distanza, mentre il cannone da 76/41 del T-34 perforava "solo" 70 mm di corazza, pur essendo di calibro superiore</ref>, come il [[5 cm PaK 38|PaK 38]] da 50 mm ad alta velocità iniziale, il [[7,5 cm PaK 40|PaK 40]] da 75 mm e i cannoni da 75/48 montati sui carri [[Panzer IV|Panzer IV Ausf H]] e sugli [[Sturmgeschütz III|Sturmgeschütz III Ausf F/8 e G]]<ref>Bisogna tener presente, però che il cannone da 75/48 è stato introdotto per contrastare i carri russi come il [[T-34 (carro armato)|T-34]] e [[Kliment Voroshilov (carro armato)|KV-1]] e non è mai stato utilizzato in Nord Africa</ref>
Gli italiani riuscirono solo ad arginare il problema, usando sempre il cannone da 47/32 ma addestrandone bene i serventi, insegnando loro a mirare soprattutto ai cingoli o anche sul fondo quando i carri superavano un ostacolo; a volte riuscivano a tirare proprio nell'ingranaggio che congiunge lo scafo alla torretta, bloccandola, ma si trattava più di colpi di fortuna che non di addestramento.
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