Servio Sulpicio Rufo: differenze tra le versioni
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=== Origini e Giovinezza ===
Servio Sulpicio Rufo apparteneva alla classe dei patrizi, anche se suo padre faceva parte alla classe degli ‘equites'. A causa della scarsità di fonti non è possibile sapere con certezza
Subito dopo le lotte delle genti italiche, nel 90 a.C., Servio Sulpicio, come lo stesso [[Cicerone]], cominciò a lavorare al Foro come avvocato. Verso la fine del 79 a.C., Sulpicio lasciò [[Roma]] insieme al suo amico per recarsi ad [[Atene]] e a [[Rodi]]. <ref>M. Tulio Cicerone, Bruto, I classici Rizzoli BUR, a cura di E. Narducci, Milano, marzo 1995, p. 227-229</ref> Fu un viaggio molto lungo, grazie al quale
=== Carriera Politica ===
S. Sulpicio Rufo dopo la dittatura di [[Silla]] nel 78 a.C. fece ritorno a Roma. Nel 76 a.C. si candidò per la questura per
Nel 66 a.C. Servio Sulpicio si candidò alla pretura per
Propostogli il ruolo di propretore, essendo un suo diritto in virtù della Lex Cornelia de povinciis ordinandis, che prevedeva
Nel 63 a.C. si candidò come console, ma fu sconfitto da [[Lucio Licinio Murena]], che successivamente accusò di [[Ambitus (diritto romano)|corruzione]]. Infatti la campagna elettorale si rivelò particolarmente competitiva tra i quattro candidati: [[Decimo Giunio Silano]], [[Lucio Licinio Murena]], [[Lucio Sergio Catilina]] e Servio Sulpicio Rufo.
Sulpicio intuì fin da subito la possibilità di una perdita perché troppo fermo a seguire la morale, dimenticando di essere anche lui un candidato<ref>M. Tulio Cicerone, Due sbagli politici, pro Murena- pro Sestio, a cura di G. Ferrara, C. Giussani, s. Rizzo, BUR, Milano, 1988 p. 133 </ref>. La corruzione e le elargizioni da parte degli altri avversari spinsero Sulpicio a ricercare prove consistenti; con Catone diede avvio al processo contro il futuro console Murena eletto insieme a Silano per
Dopo questi eventi non vi sono grandi informazioni. Sicuramente dovette partecipare a diverse iniziative politiche nel periodo di grande instabilità della tarda repubblica.
Nel 52 si candidò per le elezioni del consolato assieme a lui presentavano la loro candidatura [[Marco Claudio Marcello]] e [[Catone]]<ref>Pietro Meloni, Servio Sulpicio Rufo e i suoi tempi, Sassari, 1946. p. 131</ref>. Nel 52 a.C. trionfò nelle elezioni con C. Marcello per il consolato del 51 a.C.
Mentre gli eventi degeneravano nel 49 a.C., essendo Cesare prossimo a Roma, [[Pompeo]] in fuga insieme a molti rappresentanti politici tra cui Cicerone, e anche Sulpicio Rufo decise di abbandonare la città<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, a cura di Carlo di Spigno, UTET, Torino, 1998, p. 933. </ref>. Egli si inserì nella contesa tra Cesare e Pompeo, seguendo la via diplomatica: mandò suo figlio stesso a Brindisi direttamente da Cesare, ma ogni tentativo fu vano<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, a cura di Carlo di Spigno, UTET, Torino, 1998, p. 873</ref>. Abbiamo notizie di un incontro tra Cicerone e Sulpicio a Cuma<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, a cura di Alberto Cavarzere, BUR, Milano, 2007, p. 349</ref> il 7 maggio del 49. a.C.<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, UTET, Torino, 1998, pp. 933-934</ref> . I due avevano un urgente bisogno di vedersi (parlarono dello stato della città e di una possibile ascesa di Cesare). In questa sede Cicerone lo esortò a lasciare
Durante la Seconda Guerra Civile della Roma repubblicana, dopo molte esitazioni, Sulpicio Rufo unì il suo destino a quello di Giulio Cesare<ref> Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 357. “Tuttavia nel giudizio dello stesso Cesare e nella stima di tutti i tuoi concittadini, la tua integrità, la tua saggezza e la tua dignità brillano come luce quando ogni altra è spenta”. </ref>. A inizio dell'anno 46 a.C. ricevette da Cesare stesso il governo della [[Provincia d’Acaia]], che lo nominò [[proconsole]],<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, pp. 1399-1401 “ci sei tu al governo dell’Acaia”.</ref><ref>Willems, Pierre Le Sénat de la République Romaine, 1968. parla non di proconsole ma di “legatus Caesaris”</ref>, per la prima volta autonoma dalla Macedonia. Nella Provincia
=== Gli ultimi anni ===
Nel 44 a.C., dopo la morte di [[Cesare]], S. Sulpicio Rufo proclamò un [[senatoconsulto]], con il quale proponeva
Ormai, essendo vicino la guerra civile, Sulpicio Rufo, tentò come suo solito la via diplomatica con
Servio Sulpicio Rufo a causa della sua cattiva salute pensò di rifiutare
Molto probabilmente non riuscì neanche a parlare con Antonio perché alle porte di Modena morì anche se le fonti sono discordanti, intorno alla metà di gennaio
Quando la notizia della morte di Sulpicio arrivò a [[Roma]] sconvolse tutti, tanto da discutere di questo evento in senato. Gli fu celebrato un funerale pubblico, ed eretta una statua in sua memoria presso i Rostri, i muri della tribuna degli oratori nel [[Foro Romano]] e Cicerone elogiò nella ''IX Filippica'', con parole di alta eloquenza, le doti e la morale di questa figura della tarda repubblica.
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=== oratoria e giurisprudenza ===
Come indicano [[Cicerone]] e [[Quintiliano]] nei loro testi
Si attribuiscono a lui centottanta libri giuridici,<ref>Wilhelm Siegmund Teuffel-Schwabe: Storia della Letteratura di Roma 174, 4</ref> tra risposte, pensieri e sentenze di Servio Sulpicio da i quali si può evincere tutta la dottrina e le sue capacità giuridiche, ma sono noti solo i titoli di quattro, come le ''Critiche a Quinto Muzio Scevola'' (Lat: ''Reprehensa Scaevolae Capita o Notata Mucii''). Non si conosce da quale brano è tratto direttamente, vi sono solo riferimenti secondari nelle opere di Cicerone e Quintiliano.
Fu un giurista di grande fama in epoca repubblicana al quale Cicerone diede numerosi riconoscimenti,<ref>[[Elizabeth Rawson]]: [http://www.worldcat.org/title/cicero-a-portrait/oclc/57895688?referer=di&ht=edition Cicero, a portrait (1975) p.14].</ref> considerandolo il primo che elevò la Giurisprudenza alla categoria della scienza, (questo perché unì al diritto, la filosofia greca e la dialettica oltre che la retorica portando il tutto a un'estrema armonia<ref>Cicerone, Bruto, I classici Rizzoli BUR, Milano, 1995, pp. 228-229.</ref><ref> M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell’orso, Alessandria, 2008, p. 171.</ref>) essendo chiamato diffusamente in epoca classica Gaio tra altri, sebbene al suo tempo la grande figura di Diritto è stata [[Quinto Muzio Scevola]] (figlio di Publio), al quale si opponeva la scuola di Diritto di Sulpicio Rufo.
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=== Libri ===
Si potrebbe parlare anche di un corposo numero di testi di sua attribuzione, ma a causa scarsità di fonti
=== Lettere ===
Due ottimi esempi dello stile di Servio Sulpicio Rufo si conservano negli scritti di Cicerone<ref>Marco. T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 394</ref>. Il più famoso di questi è una lettera<ref>Marco. T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 367</ref> di condoglianze scritta da Rufo dopo la morte di Tullia metà marzo del 45 a.C, la figlia di Cicerone. Si tratta di un cordoglio che i posteri hanno ammirato, pieno di malinconia e di sottile riflessione sulla caducità di tutte le cose. È un testo molto suggestivo tanto da credere che abbia ispirato [[Sant'Ambrogio]] in una lettera a San Faustino, riprendendo la descrizione della tragica situazione vissuta dalle istituzioni a Roma. Anche Lord Byron citò questa lettera nel suo libro ‘Childe Harold's Pilgrimage'.<ref>Henry Joseph Haskell: This was Cicero: modern politics in a Roman toga, Secker & Warburg Editores, Londres 1943, p.250-251.</ref>.
Altro testo preziosissimo è un'epistola<ref> Marco. T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 394</ref> risalente al 31 maggio del 45 a.C. nella quale si narra
Queste due lettere ci offrono una panoramica, seppur limitata, della sua tecnica scrittoria che risente della significativa formazione giovanile e dello stile giuridico ricco di arcaismi.
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