Deformità: differenze tra le versioni

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Non diversa è la considerazione della deformità fin dalle origini del mondo romano:
{{quote|Romolo ordinò agli abitanti della città di allevare tutti i figli maschi e la primogenita delle femmine e di non uccidere alcun bimbo al di sotto dei tre anni di età, a meno che non fosse deforme o mostruoso (παιδίον ἀνάπηρον ἢ τέρας) <ref>[[Dionigi di Alicarnasso]], 2, 15, 1-2)</ref>.}}
Come nel mondo greco anche per i Romani il deforme è il segno profetico di sventure dovute alla violazione della pax deorum. Mentalità che prosegue con diverse motivazioni nell'età imperiale come in Seneca che vede nella soppressione dei deformi un principio di igiene sociale per la salvaguardia della sanità dello Stato:
{{Quote|Che motivo ho, infatti, di odiare un essere al quale giovo solo quando lo sottraggo a se stesso? Forse qualcuno odia le sue membra, quando se le fa amputare? Quello non è odio: è una cura tormentosa. Abbattiamo i cani rabbiosi, uccidiamo il bue selvaggio e riottoso, trafiggiamo con il ferro le bestie malate perché non infettino il gregge, soffochiamo i feti mostruosi, ed anche i nostri figli, se sono venuti alla luce minorati e anormali, li anneghiamo, ma non è ira, è ragionevolezza separare gli esseri inutili dai sani.<ref>[[Lucio Anneo Seneca]], ''De Ira'', Libro I, 15.c)</ref>}}
 
Tuttavia una più indulgente considerazione della deformità si ha nel periodo imperiale quando si afferma la moda dellenelle famiglie più facoltose di allietare i banchetti con i nani e quando il monstrum diventa motivo di spettacolo nel circo <ref>Gian Biagio Conte, ''L’inventario del mondo. Ordine e linguaggio della
natura nell’opera di Plinio il Vecchio,'' saggio introduttivo a G.B. Conte – A. Barchiesi – G. Ranucci (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia naturale, I, Torino 1982, XVII-XLVII.</ref>
 
Una maggiore sensibilità nei confronti della deformità nelle malformazioni neonatali nel periodo del principato viene confermata nel ''Digesto'' ad opera dei giuristi Paolo e Ulpiano secondo i quali non si possono incolpare i genitori per la nascita di un figlio deforme poiché questo è avvenuto per volontà del fato: «neque id quod fataliter accessit, matri damnum iniungere debet» <ref>''Digesta'',Ulpiano 50, 16, 135</ref>
 
 
 
==Note==