Scala minore: differenze tra le versioni
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Per il De la Motte la scala di La minore si riassume dunque nei seguenti nove suoni: La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Fa♯, Sol, Sol♯, La. Da questa riserva, in base a necessità espressive ed armoniche ampiamente testimoniate in letteratura, si possono ritagliare di volta in volta le altre forme tradizionali della scala di La minore: (La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol, La = naturale), (La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol♯, La = armonica) e (La, Si, Do, Re, Mi, Fa♯, Sol♯, La = melodica). Per quest'ultima resta aperta la questione dell'utilizzo del segmento melodico Fa♯-Sol♯. Secondo la comune manualistica esso dovrebbe essere utilizzato "in ascendere" solo se sfocia nel La successivo (ad esempio Fa♯-Sol♯-La ecc.). Se invece esso "discende" dal La in direzione del Mi dovrebbe essere rimpiazzato dal segmento Sol-Fa (es. La-Sol-Fa ecc.). Nella prassi compositiva la questione si sottrae ad una codificazione meccanicistica. Non ci sono rigidi algoritmi musicali ma solide composizioni nelle quali si osserva, di volta in volta, l'utilizzo plastico fatto dai Maestri dei due "gradi cangianti" della scala minore: il VI e il VII. Giova in proposito consultare l'edizione dei "371 Vierstimmige Choralgesange" di Johann Sebastian Bach editi da Breitkopf & Hartel ove, come nei corali 12, 13, 41, 228, 370, si rintracciano significativi esempi di trattamento della scala di La minore.
{{F|teoria musicale|marzo 2011}}
La '''scala minore naturale''' è una delle tre forme convenzionali in cui, nella pratica compositiva, si può presentare la cosiddetta ''scala minore'' musicale. Essa contiene la stessa successione d'intervalli dell'antico ''[[Modo (musica)#Scale modali costruite sui gradi della scala diatonica|modo eolio]]'' (La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol, La), uno dei quattro che, nel corso del XVI secolo, furono aggiunti da [[Glareano]] (Dodekachordon, 1547) agli otto [[modi ecclesiastici]] già esistenti.
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