Servio Sulpicio Rufo: differenze tra le versioni

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L'anno del [[consolato]] fu ricco di difficoltà a causa del comando proconsolare di [[Cesare]] ormai in scadenza. In più fu un consolato tormentato per i contrasti che interessarono i due consoli<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, a cura di Carlo di Spigno, UTET, Torino, 1998, p. 451</ref>.
Mentre gli eventi degeneravano nel 49 a.C., essendo Cesare prossimo a Roma, [[Pompeo]] in fuga insieme a molti rappresentanti politici tra cui Cicerone, e anche Sulpicio Rufo decise di abbandonare la città<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, a cura di Carlo di Spigno, UTET, Torino, 1998, p. 933. </ref>. Egli si inserì nella contesa tra Cesare e Pompeo, seguendo la via diplomatica: mandò suo figlio stesso a Brindisi direttamente da Cesare, ma ogni tentativo fu vano<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, a cura di Carlo di Spigno, UTET, Torino, 1998, p. 873</ref>. Abbiamo notizie di un incontro tra Cicerone e Sulpicio a Cuma<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, a cura di Alberto Cavarzere, BUR, Milano, 2007, p. 349</ref> il 7 maggio del 49. a.C.<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, UTET, Torino, 1998, pp. 933-934</ref> . I due avevano un urgente bisogno di vedersi (parlarono dello stato della città e di una possibile ascesa di Cesare). In questa sede Cicerone lo esortò a lasciare l'Urbe<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ad Attico, UTET, Torino, 1998, p. 935</ref>.
Durante la Seconda Guerra Civile della Roma repubblicana, dopo molte esitazioni, Sulpicio Rufo unì il suo destino a quello di Giulio Cesare<ref> Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 357. “Tuttavia nel giudizio dello stesso Cesare e nella stima di tutti i tuoi concittadini, la tua integrità, la tua saggezza e la tua dignità brillano come luce quando ogni altra è spenta”. </ref>. A inizio dell'anno 46 a.C. ricevette da Cesare stesso il governo della [[Provincia d’Acaia]], che lo nominò [[proconsole]],<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, pp. 1399-1401 “ci sei tu al governo dell’Acaia”dell'Acaia”.</ref><ref>Willems, Pierre Le Sénat de la République Romaine, 1968. parla non di proconsole ma di “legatus Caesaris”</ref>, per la prima volta autonoma dalla Macedonia. Nella Provincia d'Acaia risiedevano molti pompeiani che dopo la morte di [[Pompeo]], non si erano sottomessi a Cesare. La scelta di mettere Sulpicio a capo di tale provincia derivava dalla necessità di avere una persona sicura che non fosse mal vista dai seguaci di Pompeo<ref>Pietro Meloni, Servio Sulpicio Rufo e i suoi tempi, Sassari, 1946. p. 185</ref>. Sulpicio rimase ad Atene fino alla fine del 45 a.C.<ref>La Lex Julia del 46 a.C. si regolamentò la durata dei governi provinciali, da un anno a un massimo di due anni per quello consolare</ref>.
 
=== Gli ultimi anni ===
 
Nel 44 a.C., dopo la morte di [[Cesare]], S. Sulpicio Rufo proclamò un [[senatoconsulto]], con il quale proponeva l'abolizione della dittatura; vi era il pericolo che i discendenti di Cesare potessero salire al potere<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell’orsodell'orso, a cura di G. Magnaldi, Alessandria, 2008, p.1. “Nessuna tavola contenente alcun decreto o beneficio di Cesare si affiggesse dopo le idi di marzo”.</ref>. Dopo di ciò si presume un allontanamento da Roma<ref>Marco T. Cicerone, Epistole ai Familiari, BUR, Milano, 2007, p. 1211 </ref>, con un successivo ritorno con il suo segretario per una possibile mediazione.
Ormai, essendo vicino la guerra civile, Sulpicio Rufo, tentò come suo solito la via diplomatica con un'ambasciata ad [[Antonio]]<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell’orsodell'orso, Alessandria, 2008, pp. 80-81</ref>. Infatti il senato incaricò tre senatori consolari tra cui lo stesso S. Sulpicio Rufo, anche [[Lucio Calpurnio Pisone]] e [[Lucio Marcio Filippo]]<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell’orsodell'orso, Alessandria, 2008, p. 167</ref>.
Servio Sulpicio Rufo a causa della sua cattiva salute pensò di rifiutare l'incarico<ref>M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell’orsodell'orso, Alessandria, 2008, p.170</ref>, ma esortato da tutti accettò infine questo compito.
Molto probabilmente non riuscì neanche a parlare con Antonio perché alle porte di Modena morì anche se le fonti sono discordanti, intorno alla metà di gennaio dell'anno 43 a.C.
Quando la notizia della morte di Sulpicio arrivò a [[Roma]] sconvolse tutti, tanto da discutere di questo evento in senato. Gli fu celebrato un funerale pubblico, ed eretta una statua in sua memoria presso i Rostri, i muri della tribuna degli oratori nel [[Foro Romano]] e Cicerone elogiò nella ''IX Filippica'', con parole di alta eloquenza, le doti e la morale di questa figura della tarda repubblica.
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Si attribuiscono a lui centottanta libri giuridici,<ref>Wilhelm Siegmund Teuffel-Schwabe: Storia della Letteratura di Roma 174, 4</ref> tra risposte, pensieri e sentenze di Servio Sulpicio da i quali si può evincere tutta la dottrina e le sue capacità giuridiche, ma sono noti solo i titoli di quattro, come le ''Critiche a Quinto Muzio Scevola'' (Lat: ''Reprehensa Scaevolae Capita o Notata Mucii''). Non si conosce da quale brano è tratto direttamente, vi sono solo riferimenti secondari nelle opere di Cicerone e Quintiliano.
L'attività del giurista in genere consisteva in tre compiti: rispondere, cavere, agere<ref> M. Tulio Cicerone, Qual è il miglior oratore (le suddivisioni dell'arte oratoria), a cura di G. Galeazzo Tissoni, A. Mondadori, Milano, 1973</ref>. Sulpicio come ci dice Cicerone nella [[pro Murena]] ha dato ampio spazio ai Responsa, poi sistemati e raccolti dai suoi discepoli i Servi auditores, in otto libri di risposte.
Fu un giurista di grande fama in epoca repubblicana al quale Cicerone diede numerosi riconoscimenti,<ref>[[Elizabeth Rawson]]: [http://www.worldcat.org/title/cicero-a-portrait/oclc/57895688?referer=di&ht=edition Cicero, a portrait (1975) p.14].</ref> considerandolo il primo che elevò la Giurisprudenza alla categoria della scienza, (questo perché unì al diritto, la filosofia greca e la dialettica oltre che la retorica portando il tutto a un'estrema armonia<ref>Cicerone, Bruto, I classici Rizzoli BUR, Milano, 1995, pp. 228-229.</ref><ref> M. Tulio Cicerone, Le Filippiche, Edizioni dell’orsodell'orso, Alessandria, 2008, p. 171.</ref>) essendo chiamato diffusamente in epoca classica Gaio tra altri, sebbene al suo tempo la grande figura di Diritto è stata [[Quinto Muzio Scevola]] (figlio di Publio), al quale si opponeva la scuola di Diritto di Sulpicio Rufo.
 
=== La scuola ===
 
Sulpicio fondò la ''Scuola Serviana'', che superò quella di ''Scevola''. Nei responsi di Servio Sulpicio Rufo e dei giuristi della scuola serviana troviamo un'innovazione che consiste nel superamento della valutazione della condotta del debitore in termini di colpa e dolo, attraverso il ricorso a concetti come forza e vizio. L'idea di fondo che guida le soluzioni di Servio e dei suoi ‘auditores' è rappresentata dall'impossibilità di estendere il prestare del debitore non dominus ai perimenti dovuti alla forza, mentre per contro viene delineata la possibilità di uno stare garante del contraente dominus anche per eventi dovuti alla forza.<ref>[http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-miglietta_massimo/isbn-9788884433282/servius_respondit_studi_intorno_a_metodo_e_interpretazione_nella_scuola_giuridica_serviana_prolegomena_1__.htm «Servius Respondit». Studi Intorno A Metodo E Interpretazione Nella Scuola Giuridica Serviana.Prolegomena] Miglietta Massimo ,Quaderni Dip.Scienze Giuridiche, 649 pag., 2010, [http://www.libreriauniversitaria.it/servius-respondit-studi-intorno-metodo/libro/9788884433282 ISBN 8884433282, ISBN 9788884433282]</ref><ref>[http://www.dirittoestoria.it/3/TradizioneRomana/Miglietta-Scuola-Serviana.htm Miglietta: Scuola-Serviana]</ref><ref>[http://www.dirittoestoria.it/strumenti/rassegne/I)%20La%20responsabilit%E0%20nel%20diritto%20privato%20romano.htm Diritto Privato Romano]</ref><ref>[http://paduaresearch.cab.unipd.it/282/1/furto.pdf C. ARNÒ, L’elaborazioneL'elaborazione della teorica del furto nella scuola serviana, in «Rivista di diritto e procedura penale», Milano, 1924, p. 5]</ref>.
Egli aveva molti discepoli tra i quali citiamo Aufidio Manusa e Pacuvio Labeone, padre di Labeone Ofilio di classe equestre e amico di Giulio Cesare, che commentò gli editti in un'opera più grande del suo maestro. Di tutti i suoi discepoli, si mette in evidenza [[Alfeno Varo]], il cui lavoro può essere consolidato e sistematicamente ordinato in un numero enorme di risposte e decisioni scolastiche (forse in gran parte di Servio), delle quali si conservano grandi frammenti nel [[Digesto]] e nel ''[[Corpus Iuris Civilis]] ''di [[Giustiniano]].